Ai più attenti perlustratori dell’underground italico non sarà sfuggito il nuovo album dei Vesta, “Odissey” (Argonauta Records \ Metaversus Pr), uscito lo scorso ottobre. Un mare di note in cui ci è dolce naufragar come dei novelli Odisseo…
Benvenuti ragazzi, da qualche mese è fuori il vostro nuovo album, il secondo, “Odissey”: come è stato accolto?
Nonostante il periodo purtroppo ci vincoli “solamente” a riscontri online e non riscontri che puoi ricevere dopo un live, una presentazione o che, dobbiamo ritenerci molto soddisfatti. Stiamo ricevendo molte recensioni e giudizi positivi, i nostri uffici stampa (Metaversus e Allnoir) stanno lavorando molto bene ed i risultati si vedono.
Ancora una volta avete lasciato spazio alle note, scegliendo di non includere parti cantate, a cosa si deve questa scelta così radicale?
Tutto è iniziato così, e per adesso ci va bene, da qualche mese è salito a bordo Giulio e siamo in costante evoluzione. Sono i suoni e le atmosfere che proviamo a creare che trasportano il nostro messaggio, il nostro pensiero e stato d’animo. Per adesso proviamo ad andare avanti con questa scelta, in futuro vedremo… siamo soliti sperimentare sempre nuove soluzioni, fino ad oggi è stato così, un domani chissà.
Si dice che che la mancanza di un senso porti al potenziamento degli altri, credete che accada qualcosa di simile nella musica, magari la mancanza di parti vocali guida l’ascoltatore verso una maggiore attenzione verso i suoni, andandone poi a stimolare la fantasia, creando immagini mentali?
Può darsi, ma potrebbe essere anche il contrario, ovvero che senza la voce l’ascoltatore si stanchi subito! Scherzi a parte, tutto sta all’ascoltatore, tutto è soggettivo. Indubbiamente per questo tipo di musica ci vuole molta attenzione e calma. Ovviamente tutti ascoltiamo musica con parti vocali che riescono ad elevare maggiormente tutta la componente strumentale di un brano, ma alla base rimarrà sempre cosa un brano riesce a suscitare in te: un’emozione.
Come è nato il disco? In che modo lavorate, stando chiusi in studio o passandovi le singole parti tramite internet?
Il disco è nato conseguentemente all’altro. Ovvero dopo un anno di promozione e live del primo, abbiamo iniziato a buttar giù riff e bozze in studio, tutto rigorosamente live (potevamo ancora farlo!!!). Poi le idee iniziano a prender forma, ci registriamo in maniera molto semplice e ci ri-ascoltiamo finché alla fine un pezzo non risulta completo. Questo ha impiegato un po’ di tempo – purtroppo quest’ultimo ci manca – ma alla fine siamo soddisfatti.
Buona parte del disco suona più incazzato e oscuro rispetto alle canzoni dell’esordio, scelta conscia o inconscia?
Probabilmente conscia, vista la scelta di alcuni strumenti da parte di Giacomo, chitarra. Ovviamente poi tutto è influenzato dal momento che vivi, da quello che ascolti e di conseguenza vai dietro a ciò che ti senti dentro, istintivamente, e questo è stato il risultato.
Tra i brani più duri c’è “Elohim”, da cui è stato tratto anche un video, vi andrebbe di parlarne?
“Elohim” è un pezzo scritto verso la fine, è abbastanza giovane! Anche li dopo vari tentativi, abbiamo trovato la giusta quadra. Poi in fase di mixaggio, eravamo subito tutti d’accordo che doveva essere il nostro primo singolo. Sia per intensità che per suond, che per natura stessa del pezzo, era quello che racchiudeva al meglio lo spirito dell’album.
Qual è il vostro rapporto con le religioni o, più genericamente, con il divino?
Bella domanda… Possiamo dire che ci troviamo d’accordo tutti e tre se diciamo che in questo universo non possiamo essere soli, sarebbe troppo egoistico o più cinicamente uno spreco di spazio. Poi cosa ci sia, sotto quale forma, ognuno avrà, come giusto che sia, la sua idea. Magari siamo più convinti e più sereni pensando a qualcosa di materiale, di concreto, che un qualcosa di spirituale… ad ognuno la propria scelta.
Avete affidato la co-produzione a Alessandro “Ovi” Sportelli, mentre il mastering è stato commissionato a James Plotkin (Isis, Cave In, Sumac), quanto hanno influito questi due personaggi sul suono finale? Hanno raggiunto il risultato che vi aspettavate quando li avete scelti?
Con Ovi ormai c’è molta confidenza, essendo questo il secondo lavoro che facciamo con lui per questo progetto ed avendo collaborato in altre situazioni in passato. Quindi avendo feeling ed un buon rapporto riesci a collaborare e ad influenzarti positivamente, reciprocamente in maniera molto facile e costruttiva. Ovviamente il suono e alcuni dettagli sono opera anche del nostro amico Ovi. Per quanto riguarda Plotkin, secondo lavoro anche con lui, andiamo sul sicuro. Molto professionale, riesce a soddisfare le nostre richieste, andando a capire quello che cerchiamo, ovviamente grazie anche ai suoi trascorsi.
Inutile negare che il successo dei Mokadelic ha permesso al post-rock italiano di emergere, credete che una band come la vostra, con suoni molto più duri, possa comunque sfruttare l’onda lunga creata dagli autori della colonna sonora di Gomorra?
Può essere. Sicuramente il loro lavoro, essendo un lavoro ben fatto, fa bene a tutta la musica di “nicchia” italiana, ce n’è tanta e veramente buona. Facendo parte bene o male del solito genere, magari è una carta che gioca a nostro favore, sempre aperti a nuove sperimentazioni.
Piacerebbe anche a voi un domani scrivere una colonna sonora?
Perché no? Ci abbiamo pensato svariate volte. Fantascienza, documentari, ne saremmo onorati e ci farebbe molto piacere e molto bene partecipare ad un progetto del genere.
In attesa della ripresa dei concerti, vi andrebbe di stilare la vostra playlist per superare indenni il nuovo lockdown, a quanto pare, ormai prossimo?
Ci proviamo:
1. Pink Floyd – The Dark side of the Moon
2. Tool – Lateralus
3. Motorpsycho – The Tower
4. Tortoise – It’s all around you
5. Cave In – White Silence
6. Led Zeppelin – Led Zeppelin
7. Elder – Omens
8. Sumac – The Deal
9. Isis – Oceanic
10. Chelsea Wolfe – Hiss Spun
11. Russian Circles – Memorial
12. Melvins – Stag
13. Torche – Restarter
14. Yawning Man – Historical Graffiti
15. Refused – The Shape of Punk to come
