Tony Tears – Pains

Antonio Polidori, in arte Tony Tears, è un personaggio che ha contribuito in modo importante alla creazione del mito della scena doom italica, sia con la creatura che porta il suo nome, sia con realtà quali Zess, Abysmal Grief, Soul Of Enoch ed Helden Rune. Il suo sound oscuro, pur rifacendosi alla lezione impartita decenni fa da Paul Chain, è sicuramente tra i più riconoscibili del darksound. In occasione della ormai imminente pubblicazione per la BloodRock Records del nuovo album “Pains”, abbiamo fatto con Antonio un lungo excursus sulla sua carriera, non tralasciando, ovviamente, neanche la prossima uscita…

Ciao Antonio, o preferisci che ti chiami Tony?
Ciao Giuseppe, è lo stesso, sono due nomi di un’anima.

C’è un momento preciso in cui Antonio Polidori diventa Tony Tears?
Sì, all’ età di 12 anni. Quando sentii il bisogno di esternare le mie sensazioni, se pur “acerbe”, sensazioni legate anche ad una bisnonna guaritrice di campagna (Strega).

Facciamo un balzo indietro nel tempo, qual è il tuo primo ricordo legato alla musica e quando, invece, hai imbracciato il tuo primo strumento?
Ricordo che da bambino mi spaventava l’ album “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd, ma era una droga. Lo mettevo sempre e ricordo che sono nato da un padre musicista e con vinili dei Pink Floyd, Iron Batterfly, Led Zeppelin ecc. La musica, e soprattutto il rock, hanno suonato in me fin dalla tenera età. Lo strumento me lo ricordo benissimo: fu la chitarra acustica a sei anni, se pur non sono mai stato un chitarrista acustico, passai all’ elettrica dopo qualche anno e poi alla tastiera.

A quando risale il tuo esordio in una vera e propria band?
Risale agli stessi Tony Tears, poiché la prima timida formazione, composta da amichetti dell’epoca, risale al 1989 (un anno dopo la fondazione degli Anthony Tears).

Prima di addentrarci nella tua discografia, mi soffermerei un attimo sul genere che hai proposto principalmente in questi anni, una musica oscura che si muove tra doom e darksound di scuola italiana: come mai hai scelto questa precisa, e ben definita, linea stilistica per le tue uscite?
In realtà le band che mi/ci piacevano (e mi/ci piacciono) e a cui ci ispiriamo, anche se erano orgogliosamente italiane (Death SS, Paul Chain, The Black, Goblin, ecc.), secondo noi proponevano heavy metal oscuro a 360°. Quindi, non ci accostammo al darksound italiano, e tanto meno al doom, con l’intenzione di esserne fossilizzati. La realtà è che in quel genere sentiamo esserci una totalità musicale che riscontriamo nel nostro modo di comporre. Ovviamente, però, abbiamo anche guardato all’estero, non solo in Italia, anche se il dark metal italiano non ha rivali. Nei Tony Tears Band prevale il dark metal (preferisco chiamarlo così), mentre nel “solista” prevale l’aspetto un po’ più tipicamente italiano vecchio stile, ma che poi in realtà sono sempre i Tony Tears (i due aspetti non sono divisi). La lieve differenza sta che mentre per la band c’è più un aspetto musicale anthem da presentare sul palco, il “solista” da libero sfogo realizzando gli album totalmente da solo o al massimo con il cantante storico David Krieg (o con sporadiche ospitate). Le canzoni del “solista” volendo possono essere suonate live anche dalla band. Sono la faccia della stessa medaglia. Anche se è la band ha ed avrà sempre la priorità.

La musica è l’aspetto principale e più evidente delle tua proposta, ma quanto conta la componente filosofica e religiosa?
Tanto! Non riesco a concepire un album dei Tony Tears se non vivo le mie esperienze. Non riuscirei mai ad essere ispirato solo nella musica, se prima non lo sono passando attraverso vicissitudini spirituali/esoteriche. Ogni uscita dei Tony Tears rappresenta delle vicissitudini sentite e le uscite seguono un filo logico.

La carriera discografica dei tuoi Tony Tears parte ufficialmente con “Fears And Sensations In The Claustophobic Mirror” e “The Reality Before All”, che ricordi hai di quelle uscite pionieristiche e di quel periodo della tua vita?
In realtà, la prima demo ufficiale risale all’ anno di fondazione 1988, si intitolava “Strane sensazioni”, seguita da “Luna nera” del 1989 ed altre demo degli anni ’90. Però, sì, il primo album con un po’ più di “pubblicità” e che incorona il tragitto Tony Tears è “Fears and Sensations …”. Ad oggi “Fears…” non lo rifarei, o meglio, curerei di più l’ aspetto sonoro. Ammetto che fu registrato maluccio, anche se è l’ unico album dei Tony Tears ad essere registrato così. Ciò nonostante è un disco che ha il suo perché sia sul lato compositivo che creativo, dove vi sono tantissime astuzie musicali (riscontrate anche dalla maggior parte dei nostri fan). D’altronde molte band hanno esordito con album non proprio perfetti nelle registrazioni, eppure , sono ritenuti dei capolavori. Mi viene in mente “Into the Macabre” dei Necrodeath (che adoro) secondo me registrato anche peggio di “Fears and Sensations…” eppure è il loro album d’esordio a cui siamo tutti affezionati. “The Reality Before All”, invece, suona dark/doom ma con atmosfere elettronic/rock. Strumentale e allucinato, fu un viaggio interiore dimostratosi poi profetico sulle brutture del mondo e di ciò che sarebbe diventato di li a poco. “The Reality…” fu uno degli album “solisti” che battezzò la linea/stile profetica dell’aspetto più solista, non è facile etichettarlo, ne sono molto orgoglioso.

Poi si passa alla coppia di album con la “V”, “Voci dal Passato” e “Vortice”, due dischi che probabilmente definiscono ulteriormente il tuo sound, rendendolo più maturo, ma che tra di loro poi non sono proprio così simili. Concordi con me?
Sì, assolutamente. “Voci dal passato” è un ottimo album a mio avviso, sia a livello musicale/compositivo che come qualità audio, anche se un po’ vecchio stile. Fu anche l’ ultimo dove utilizzai la mia voce, già in quegli anni non l’allenavo più e iniziava a non piacermi (nonostante i fan ne andassero matti). Forse l’ unica cosa che rifarei di “Voci del passato” è la mia voce, ma questo non vuol dire che sono insoddisfatto, tra l’ altro “Voci…” è l’ album più ristampato dei Tony Tears, è il nostro “Life and Death” anche per tematiche. “Vortice” è il “proseguo” di “The Reality…” però con più riff dark/doom e con il cantato del mio amico, e cantante storico dei Tony Tears, David Krieg. “Vortice” è un dark metal elettronico prog oscurissimo, forse uno dei più oscuri per certi versi. Quindi, sì, due album diversi ma c’è sempre una coerenza tra i due stili proposti negli anni dai Tony Tears, da un lato il metal da palco con la band, e dall’altro il metal contaminato dall’ elettronica oscura di Goblin, Antonius Rex e qualcosa di Klaus Schulze con assoli da guitar hero oscuro.

E’ arrivato il turno delle due uscite targate Minotauro Records – “Follow The Signs Of The Times” e “Demons Crawl At Your Side” – etichetta che ha ospitato le opere di uno dei tuoi miti, Paul Chain. Che mi dici di questi due dischi?
Da qui decisi che bisognava fare il salto definitivo; ovvero avere un sound ancora migliore e iniziare ad avere oltre un cantante vero anche musicisti stabili per tornare live non solo con le band in contesti diversi ma anche (e finalmente) con i Tony Tears. Per “Follow…” andammo in studio dal nostro amico Regen Graves che, oltre realizzare il master, si prestò a suonare batteria e basso. “Follow…” è molto roboante come produzione ma è fottutamente heavy dark e le composizioni sono sublimi così come le parti più da colonna sonora stile Goblin. “Demons…” è più misterioso e pieno di finezze tecniche, più “precisino” rispetto a “Follow”, anche se comunque ne ricalca alcuni aspetti. “Follow” è il viaggio di un medium che sente la diversità tra lui ed un mondo che non gli appartiene. “Demons…” è la percezione reale delle possessioni moderne, dei veri demoni e non dei demoni narrati dalla chiesa. Con Minotauro questi due album ci aiutarono a diffondere in maniera stabile la creatura Tony Tears, ne saremo sempre riconoscenti. La rottura con la stessa fu per situazioni un po’ ambigue ma non per colpa nostra, peccato perché era un bel sodalizio, anche se oggi siamo altrettanto soddisfatti. Comunque massimo rispetto per la Minotauro.

Possiamo definire “The Wail of the Elements” l’album più atipico dei Tony Tears?
Non saprei, il giudizio è sempre individuale. Effettivamente è quello più rock “normale”, quando lo riascolto ci sento assoli molto eleganti, forse anche troppo. Però è allo stesso tempo molto darksound. Non saprei definirlo, ma poi perché definirlo? Comunque è il primo album solista, registrato, mixato e prodotto da me nel mio studio personale ad avere un’ottima produzione (non inferiore a quelli della band negli studi).

Per il momento, ci fermiamo a “The Atlantean Afterlife (…Living Beyond)”, ultima uscita ufficiale: lo consideri il tuo disco migliore, o quantomeno, quello più maturo?
Assolutamente sì! E’ l’album consacrazione dei Tony Tears. Sia a livello filosofico testuale, sia a livello musicale (compositivo e audio): è il miglior album dei Tony Tears Band in assoluto!

Prima di proiettarci sul futuro, ti andrebbe di fare una carrellata veloce sulle tue altre pubblicazioni con Zess, Abysmal Grief, Soul Of Enoch, ecc ecc?
Zess è stata una bellissima esperienza che mi fece conoscere maggiormente e a cui devo molto, così come a Renato “Mercy” e a Diego Banchero. Abysmal Grief: oltre ad aver inciso “Black Mummy” nel primo tributo dei mitici Death SS, esiste una cassetta ufficiale dove ci sono altre track con me al basso. Con gli Abysmal oltre esserci da sempre una bella amicizia, c’è da sempre una grande empatia musicale, gli uni con gli altri. Soul Of Enoch è stato (con l’ album “Neo Locus”) un coronamento della vecchia amicizia tra me ed il cantante storico dei Tony Tears Band, ovvero David Krieg. Infatti, anche se “Neo Locus” è del 2013 la maggior parte delle canzoni sono nostre vecchie song degli anni ’90 risuonate e riarranggiante meglio per l’ occasione. Tra l’altro non sono le uniche cose incise negli anni ’90 da me e Krieg che, come coppia chitarra/voce, penso di poter dire che siamo stati secondi in Italia solo alla coppia Sylvester/Chain. Comunque “Neo Locus” è un album di cui andiamo entrambi fieri. Vorrei citare anche l’ album con gli Helden Rune, che è stato il primo disco di gothic rock Italiano nel vero senso della parola. Un’esperienza che è rimasta nel mio cuore e nel cuore di molti fan.

Eccoci arrivati a “Pains”, disco che ho avuto modo di ascoltare in anteprima e che ho trovato grandioso. Non vedo l’ora di avere tra le mani la versione definitiva. Ti va di anticipare qualcosa ai nostri lettori?
“Pains”, come si intuisce dal titolo, è stato realizzato in un periodo della mia vita molto doloroso. Appena dopo l’ondata peggiore del covid, persi il lavoro, caddi in una specie di depressione (fortunatamente in forma lieve e presa in tempo), dimagrii anche abbastanza. Ero avvilito, non so nemmeno io per che cosa precisamente, piangevo fisso (non mi vergogno a dirlo. Oltre queste cose, la causa del mio “Pains” furono altre questioni non di minore importanza. Fortunatamente, l’amore per la musica, l’arte e i pochi amici mi aiutarono a superare questa fase. Ma il fatto “strano” fu che mentre “uscivo” piano piano da quella situazione, intuivo che le Entità/Energie, che mi circolavano attorno, stavano trasmettendomi qualcosa (tanto per cambiare). Sentivo che una guerra sarebbe iniziata e che avrebbe fatto diversi morti, ovviamente mi riferisco al conflitto in Ucraina. Non è un caso che la maschera da me utilizzata per le grafiche di “Pains” sia simile a quella per coprirsi le vie respiratorie (covid), però fatta di filo spinato, simbolo dei confini territoriali nelle guerre. Questi sono solo alcuni aspetti dei tanti segni arrivatemi. Questi dialoghi, segni, e altro tra me e certe Entità sono una costante nella mia vita e non ci posso fare niente. Per quello che riguarda la musica, “Pains” è un “ritorno” al darksound più tradizionale italiano, fortemente influenzato da Antonius Rex e Goblin, ma con una serie di riff più tirati che a tratti sfiorano il simil thrash dei Requiem e/o dei Death SS più duri. Infatti, è l’ ennesimo disco “diverso”, qui più incazzato. Non ce la faccio più a vedere le cose nel mondo che vanno come stanno andando e ho voluto tirare fuori tutta la “rabbia” che avevo. Forse non l’ho tirata fuori nemmeno tutta. Ho cercato di unire il darksound tradizionale ad un heavy più tirato comunque sempre oscuro. In “Pains” sono tornato dopo anni alla voce, cercando di curarla e di migliorarla il più possibile, sia nel recitato, infatti ho più recitato/declamato che cantato, sia nel cantato. Credo (spero) di esserci riuscito. L’ unica pecca (ma non è colpa mia) è che purtroppo questo album deve ancora uscire ed è fortemente in ritardo, peccato.

Al di là del nuovo disco, altri progetti all’orizzonte?
Stiamo lavorando e siamo già entrati in studio per alcune parti del nuovo dei Tony Tears Band (“Pains” fa parte più del “solista”), e posso dire che sarà un ulteriore passo avanti a “The Atlantean Afterlife”, anche grazie all’ ingresso in band del nuovo batterista Gianni “Coroner” Queirolo (batterista degli amici Damnation Gallery) , un vero mostro di bravura, tecnica e gusto. Sarà molto particolare a livello esoterico, poiché realizzato con un potente Mago/Esoterista, con il quale stiamo facendo combinare musica ed altro per la sua uscita. Sarà una “Pietra Filosofale”. Oltre questo, c’è il ritorno dei Soul Of Enoch che sarà un po’ più gothic metal \ new wave abbinato al darksound (io e Krieg vorremmo orientare più verso questo stile i Soul Of Enoch). Infine, sto cercando di portare a termine il nostro, mio e di David, “The Story Of…”, con varie cose inedite che vanno dai primissimi anni ’90 fino alla fine dei suddetti (unico periodo rimasto un po’ scoperto discograficamente eccezion fatta per “Neo Locus”). Ci sarebbe anche il disco solista di Sandra Silver, storica vocalist ex Paul Chain e seconda voce ufficiale dei Tony Tears, però l’album in questione dipende molto da lei (la musica è pronta). Ovviamente, a partire dal 10 giugno all’ Angelo Azzurro (Genova) si torna a suonare dal vivo, sperando di dare un seguito a questa data.

Asgaard – What if…

ENGLISH VERSION BELOW: PLEASE, SCROLL DOWN!

“What if…” (WormHoleDeath / Solid Rock Pr) è il nuovo album degli Asgaard. La band polacca, con il suo settimo disco, reinventa la propria formula introducendo sonorità più rock alla maniera di Katatonia, Amorphis, Moonspell, Opeth, Anathema. Qualche giorno fa abbiamo fatto una chiacchierata con Flumen (keyboards, samples, drum programming).

Benvenuto Flumen, è uscito “What If…”, qual è il vostro obiettivo da raggiungere con questo nuovo album?
Il nostro obiettivo principale era pubblicare questo album con un’etichetta di cui ci fidiamo. Leggendo le note di copertina si può notare che alcune parti strumentali sono state registrate alcuni anni fa e il processo stesso di registrazione, missaggio e mastering è terminato un anno fa. Onestamente, non ho particolari aspettative per questo album. Questo è il nostro settimo album. Ogni volta abbiamo offerto ai nostri ascoltatori un “prodotto” di alta qualità. Conosciamo il nostro valore, ma siamo anche consapevoli che i tempi migliori per una “carriera a livello mondiale” sono probabilmente andati, e sopravviviamo grazie al lavoro. La musica è principalmente il nostro hobby.

Dopo tutto il tempo investito nella registrazione, sei soddisfatto del risultato?
Sicuramente sì! Ognuno di noi ha dato il 100% di impegno. La produzione musicale è di altissimo livello. Naturalmente, dopo un’analisi più approfondita, ci sono alcune cose che penso che avrei potuto suonare meglio, arrangiare meglio, ma credo che questi siano dettagli meno importanti.

“What If…” è più rock oriented rispetto alle vostre precedenti uscite, avete pianificato questo cambiamento prima di scrivere il nuovo album o questo suono è il risultato di un processo di scrittura spontaneo?
La risposta è sì e no. No, perché non abbiamo deciso in quale stile dovrebbe essere realizzato prima di registrare l’album. Noi invece siamo sempre più esperti (o semplicemente più grandicelli, se preferite). Crediamo che ci siano altri mezzi di espressione oltre a suonare, ad esempio, metal straight-up. In questo album abbiamo voluto dimostrare che siamo “multitasking” e che possiamo usare molti mezzi espressivi. Spero che ci siamo riusciti.

In passato altre band metal – Paradise Lost, Katatonia, Anathema – hanno cambiato sound, come spieghi questa esigenza che alcuni artisti avvertono nel corso della loro carriera?
Secondo me, questa è una necessità di crescità. Le persone cambiano, cambiano i loro interessi e preferenze musicali, sviluppano la loro esperienza di musicisti. Personalmente, penso che la mancanza di cambiamento possa dimostrare che una data band non sta sviluppando o ampliando i suoi orizzonti musicali. Per me è più naturale cambiare, in termini di evoluzione stilistica di un gruppo musicale, che ristagnare.

Come è possibile conciliare abilità tecniche e feeling?
È facile! Non siamo virtuosi, quindi questo non è un nostro problema! Seriamente, ogni buon brano musicale deve essere caratterizzato da una linea melodica interessante, bei passaggi musicali, buon arrangiamenti, feeling generale e altri elementi. A volte penso che il nostro “svantaggio” sia l’eccessiva polifonia. L’ascoltatore quindi non sa quale linea melodica è la più importante, quella su cui concentrarsi in un dato momento. Tuttavia, dopo un altro ascolto dell’album, potrebbe trovare altri elementi che in precedenza aveva trascurato. In questo caso, però, credo che possa essere un vantaggio.

Quali sono le tue canzoni preferite di “What If…”?
Non credo di avere una canzone preferita. Agli ascoltatori in Polonia piacciono molto le due canzoni in polacco “Sny na jawie” e “W sercu nieświata”.

Perché due canzoni dell’album sono cantate in polacco?
Le due canzoni “Sny na jawie” e “W sercu nieświata” sono cantate in polacco. Secondo me è abbuiamo decisamente “osato” tardi per con due canzoni in polacco! Avremmo dovuto farlo prima. Forse perché la lingua polacca non è così popolare. Inoltre non è “musicale” e piacevole all’orecchio come, ad esempio, il francese o l’italiano. Ha relativamente molte sibilanti e potrebbe sembrare troppo “duro”. D’altra parte, le risorse della lingua polacca sono enormi e possono essere espresse in molti modi. Una dei due testi è di Krzysztof Kamil Baczyński, un eccellente poeta polacco.

“What If…” esce in tre edizioni: quali sono le differenze?
La prima (la versione più economica) è realizzata come jewelcase, la seconda è un digipack, la terza (più costosa e limitata) è un digipack in una scatola di legno con adesivi, plettri e corde per chitarra. La cosa più importante è che ogni release ha la stessa grafica di alta qualità realizzata dal prof. Bartłomiej Trzos.

E se non avessi iniziato a fare musica anni fa, cosa saresti oggi?
Penso sia impossibile. Io e mio fratello maggiore Hetzer abbiamo studiato alla scuola di musica, quindi se non suonassimo negli Asgaard, probabilmente suoneremmo in altre band. In ogni caso, saremmo musicisti dilettanti. Siamo troppo legati alla musica per non suonarla. Cerchiamo di essere chiari: Asgaard è solo il nostro hobby (tuttavia cerchiamo di essere professionali in quello che facciamo). Trascorriamo il nostro tempo libero componendo, registrando e facendo concerti. Tuttavia, dal punto di vista del nostro stile di vita, gli Asgaard non cambiano molto.

“What if…” (WormHoleDeath / Solid Rock Pr) is the new album by Asgaard. The Polish band, with its seventh record, reinvents its formula introducing more rock-oriented sound in veins of Katatonia, Amorphis, Moonspell, Opeth, Anathema. Some days ago, we had a chat with Flumen (keyboards, samples, drum programming).

Welcome Flumen, “What If…” is out, which is your goal with this new album?
Our main goal was to release this album with a label that we trust. Reading the sleeve notes you can notice that some of the instrument parts were recorded a few years ago, and the very process of recording, mixing and mastering ended a year ago. Honestly, I have no particular expectations for this album. This is our 7th album. Each time we offered our listeners a “product” of high quality. We know our worth, but we are also aware that the best times for a “world career” are probably long behind us, and we survive thanks to work. Music is mainly our hobby.

After all the time invested on the recording, are you happy with the result?
Definitely yes! Each of us gave 100% commitment. Music production is at a very high level. Of course, after a deeper analysis, there are a few things that I think I could have played better, arranged better, but I think these are less important details.

What If…” is more rock oriented then your previous releases, did you plane this change before to write the new album or is this sound the result of spontaneous writing process?
The answer is yes and no. No, because we did not decide in what style it should be realized before recording the album. On the other hand, we are more and more experienced (or simply older, if you prefer). We believe that there are other means of expression than playing, for example, straight-up metal. On this album we wanted to show that we are “multifunctional” and we can use many means of expression. Hope we have succeeded.

In the past other metal bands – Paradise Lost, Katatonia, Anathema – have changed their sound, how do you explain this need that some artists feel later during their career?
In my opinion, this is a need for development. People change, their musical interests and preferences change, they develop their experience as musicians. Personally, I think that the lack of change may prove that a given band is not developing or broadening its musical horizons. For me, it is more natural to change, the stylistic evolution of a music group, than to stagnate.

How is possible to balance technical skills and feeling?
It’s easy! We are not virtuosos, so this does not apply to us! Seriously, every good piece of music must be characterized by an interesting melodic line, nice musical phrases, good arrangement, general atmosphere and other elements. Sometimes I think our ‘downside’ is the excessive polyphony. The listener then doesn’t know which melody line is more important, on which to focus at a given moment. However, after another listening to the album, he may find other elements that he had previously overlooked. In this case, however, I believe that it may be an advantage.

Which are your prefer songs from “What If…”?
I don’t think I have a favorite song. Listeners in Poland really like two Polish songs “Sny na jawie” and “W sercu nieświata” (“At the heart of the no-world”).

Why are two songs on the album sung in Polish?
The two songs “Sny na jawie” and “W sercu nieświata” are sung in Polish. In my opinion, it was definitely too late to “dare” to sing two songs in Polish! We should have done it earlier. Maybe because the Polish language is not so popular. It is also not as “singing” and pleasant to the ear as, for example, French or Italian. It has relatively many sibilants and may feel too “harsh”. On the other hand, the resources of the Polish language are enormous and can be expressed a lot. One of the works is by Krzysztof Kamil Baczyński, an excellent Polish poet.

What If…” is out in three editions: what are the differences?
The first (the cheapest version) is made as a jewel case, the second is a digipack, the third one (the most expensive and limited) is a digipack in a wooden box with stickers, guitar picks and stripes. The most important thing is, that every release has the same high-quality graphics made by prof. Bartłomiej Trzos.

What if you hadn’t started making music years ago what would you be today?
I think is impossible. Me and my big brother Hetzer were learning in music school, so if we weren’t playing Asgaard, we’d probably be playing in other bands. In any case, we would be amateur musicians. We are too closely associated with music not to play it. Let’s be clear.: Asgaard is just our hobby (however we try to be professional in what we do). We spend our free time composing, recording and playing concerts. However, from the point of view of our lifestyle, Asgaard does not change much.

Cadaveria – The woman who fell to earth 

Nuovamente ospite di Mirella Catena su Overthewall Cadaveria.

Per prima cosa ti ringrazio di essere, a distanza di un anno, ancora ospite nella mia trasmissione. Bentornata su Overthewall! La spiritualità e il misticismo sono delle componenti ben radicate in ogni tua produzione, che tipo di evoluzione hanno avuto nel corso della tua carriera e chi è quindi oggi Cadaveria?
Grazie a te, è davvero un piacere essere di nuovo in tua compagnia e grazie per l’interesse che dimostrate verso di me. Più che di misticismo parlerei di spiritualità. Negli ultimi anni mi sono avvicinata allo sciamanesimo, complice un viaggio che ho fatto in Brasile, durante il quale sono stata a contatto per quattro giorni e quattro notti con una tribù indigena. Ho imparato i loro canti, ho ballato con loro attorno al fuoco, ho partecipato alle loro sacre cerimonie. Cerco di applicare nella vita di tutti i giorni i grandi insegnamenti che ho avuto da quel meraviglioso popolo che mi ha accolta come una sorella. E’ stata un’esperienza profonda che inevitabilmente ha influenzato anche alcuni nuovi brani dei Cadaveria usciti recentemente come singoli e altri che usciranno successivamente. Anche la meditazione e lo yoga fanno ormai parte della mia quotidianità e mi sono state di aiuto nel superamento della malattia.

Della tua figura artistica ammiro, tra le altre cose, la volontà del perenne “mettersi in gioco” e sul modello serpentino, quello di mutare periodicamente pelle per acquisirne una più bella e potente! Credi che questo concetto sia magistralmente espresso in parallelo con il tuo percorso di donna e non solo di artista?
Eh, sai dicono che lo scrub faccia bene al rinnovamento cellulare e con l’avanzare dell’età mi sto prendendo cura della mia persona, ah ah ah! A parte gli scherzi, sono una persona eclettica e che si annoia facilmente e mi piace spingere l’asticella dei miei limiti sempre più in alto. Così sono sempre in movimento e pronta a sperimentare qualche novità. La vita mi ha messa di fronte a tante scelte e a grandi cambiamenti e io ho dovuto imparare a lasciare andare. Viviamo continuamente il ciclo della vita e della morte anche durante la vita stessa. La natura e le sue stagioni ce lo insegnano. Ora guardo con ottimismo il cambio di pelle perché so che sotto ciò che si esfolia ci può essere qualcosa di più bello, una nuova opportunità.

Circa 30 anni fa hai messo a disposizione la tua voce per la realizzazione di una delle più belle intro che il black metal abbia prodotto, mi riferisco a “My Soul” del seminale “All the Witches Dance” dei Mortuary Drape. Cosa ricordi di quel periodo magico, in cui un certo tipo di suono stava vedendo la luce, e quale emozioni ti trasmette ancora oggi nel ripensarvici?
Ah, di quella esperienza in particolare ricordo che la sera prima avevo ecceduto col bere e quindi in studio non ero per niente in forma. Era l’incoscienza della gioventù. Ora non me lo permetterei mai, sono troppo precisa e professionale per presentarmi in studio non in forma. Di quel periodo ricordo la spensieratezza e e il grande scambio epistolare con i fan, altre band e case discografiche. Non c’era internet, eravamo tutti agli inizi, non c’era uno più figo o più avanti dell’altro e c’era molta collaborazione anche tra i gruppi.

Nel tuo bellissimo ultimo video-clip “The Woman Who Fell to Earth” cosa vuoi trasmettere con questa misteriosa e quasi ancestrale visione femminile?
Ho raccontato la figura di una donna guerriera, così come mi hanno ribattezzata gli indigeni in Brasile, che scaglia la propria freccia lontano. Ho allargato il discorso a tutto il femminile, dunque questo brano è dedicato a tutte le donne della terra, alla nostra forza e alla nostra fragilità, di cui non ci dobbiamo vergognare, anzi. Abbiamo un sesto senso… e anche un settimo. Impariamo ad ascoltarci di più e a fidarci del nostro istinto.

In questi giorni sono piacevolmente impegnata nella lettura di “Necrodeath. The Shining book” dello scrittore Massimo Villa, che contiene, oltre alla biografia della storica band, anche la tua bellissima prefazione. Cosa hai provato ripercorrendo quei ricordi e ci sarà una tua biografia, come hai appunto accennato nella prefazione?
Quando Massimo Villa mi ha chiesto di contribuire al libro ho pensato di dare un taglio molto personale al mio intervento. Visto e considerato che ho conosciuto Flegias oltre trenta anni fa e sono stata legata a lui affettivamente, ho raccontato proprio del nostro incontro e di come passavamo le giornate in mansarda ad ascoltare i tanti vinili della sua collezione Heavy Metal. I Necrodeath dunque io li ho prevalentemente vissuti attraverso di lui, che li conosceva dagli anni Ottanta, come amici e poi come band “cugina” dei Cadaveria con cui condivido due componenti. Mi piace molto scrivere e ho pensato più volte di cimentarmi nella mia autobiografia. Due cose al momento mi trattengono: ultimamente vivo molto nel presente e non amo più tanto scoperchiare i calderoni del passato. Tra le tante cose belle ci sono ce ne sono alcune meno piacevoli e non ho voglia di farmi del male. L’altro aspetto frenante è che mi sento completamente realizzata con ciò che faccio e già nei miei testi raccolto moltissimo di me. Se un domani smetterò di fare musica allora forse ci sarà spazio per un libro, ma dovrà essere una esigenza, un’urgenza mia, non una m ossa commerciale. Di quello non me ne frega niente.

I tuoi canali social ci informano che sono in arrivo importanti novità, tra cui un nuovo album. Puoi dare qualche anticipazione per i nostri ascoltatori?
Sì certo. Abbiamo trascorso la fine del 2020 e tutto il 2021 realizzando singoli in digitale e accompagnandoli con i relativi video. Ci siamo divertiti e abbiamo dato un assaggio della nostra nuova musica. A ottobre siamo tornati a comporre e abbiamo deciso che questi novi brani confluiranno in un album. Quindi per ora basta singoli. Siamo in studio e speriamo di far uscire il successore di “Silence” (nostro ultimo full length risalente ormai al lontano 2014) entro l’estate 2022. Seguiteci dunque su https://www.facebook.com/cadaveria e su https://www.instagram.com/cadaveriaofficial/ per non perdervi questa ed altre novità in arrivo.

Grazie di essere stata con noi.
Grazie a voi!

Ascolta qui l’audio completo dell’intervista andata in onda il giorno 13 Dicembre 2021