Necrodeath – Gang fight

Gli stralci di violenza nati dalla mente di Anthony Burgess, e magistralmente riportati su celluloide da Stanley Kubrick, da più sessant’anni alimentano i nostri incubi metropolitani. I Necrodeath, che negli incubi ci sguazzano da sempre, non potevano esimersi dal rileggere a proprio modo “Arancia meccanica”, così hanno dato alle stampe un disco ruvido, violento e senza compromessi dall’emblematico titolo “Singin’ in the Pain” (Time to Kill Records \ Anubi Press). Peso e Flegias ci hanno raccontato l’ultima scorribanda della propria gang…

Bentrovati ragazzi, la nostra ultima chiacchierata risale ai tempi dell’EP “Neraka” nel 2020. Dopodiché avete pubblicato nel marzo del 2022 il primo singolo da “Singin’ in the Pain”, “Transformer Treatment / Come to the Sabbath”. Come mai è passato quasi un anno tra quell’uscita e l’album definitivo?
Peso: In effetti forse neanche noi ce ne siamo resi conto che è passato così tanto tempo, un po’ perché siamo una band libera e insieme alla nostra etichetta avevamo comunque deciso di far passare l’estate e un po’ perché ci sono stati dei problemi di copyright che abbiamo dovuto gestire e alla fine l’uscita è stata ridefinita per il 13 gennaio del 2023. Ora finalmente è on line e disponibile nelle versioni fisiche cd, vinile e cassetta.

Come è nata l’idea di scrivere un concept album dedicato a quel capolavoro che è “Arancia meccanica”?
Flegias: L’idea è nata da Peso, dopo un periodo in cui è andato in fissa con il film per parecchio tempo. Se l’è assimilato in tutte le sue sfumature e aveva chiaramente in testa la struttura dell’album. Quando ce l’ha proposto ne siamo rimasti tutti entusiasti. Come si fa a non amare quel film? Ovviamente l’argomento principale è la violenza che ben si sposa con il genere che suoniamo… tutto filava perfettamente.

Siete partiti dal libro o dal film per creare il canovaccio su cui si regge il disco?
Flegias: Dal film sicuramente.

Il dover seguire una linea tracciata da un altro autore, cambia il modo di lavorare in studio oppure alla fine la fase compositiva in sé trascenda da quella che è la trama?
Flegias: A parte alcuni spunti dettati dalla forma puramente lirica, ci siamo mossi liberamente come facciamo di solito. Il fatto che le tematiche riguardino questo o quell’altro argomento non influenza il nostro stile e la nostra musica.

Vi crea un po’ di ansia il sapere che là fuori ci sono fan sfegatati di “Arancia meccanica” pronti a vivisezionare il vostro album per certificarne l’adeguatezza all’opera originale?
Flegias: No. Ben vengano le critiche ma se riguardano l’argomento trattato soprassediamo. Come ti dicevo prima il concept è solo un pretesto per fare la nostra musica. L’ansia, se così vogliamo chiamarla, piuttosto può riguardare l’aspetto puramente musicale dell’intero album.

A proposito di tributi, anni fa siete stati voi oggetto di un tribute album, come avete trovato quelle reinterpretazioni dei vostri brani?
Flegias: Tutto è stato molto gratificante. Ci ha fatto sentire più importanti di quello che siamo e saremo eternamente grati a chi ci ha voluto omaggiare. Quando tu conosci alla perfezione i tuoi pezzi, pensi che possano esistere solo così, invece grazie a questo tributo ho aperto gli occhi a nuove chiavi di lettura dei Necrodeath.

Come è stato lavorare con con Tony Dolan dei Venom Inc. e con Eric Forrest degli E-Force\Voivod?
Flegias: Grandioso! Hanno fatto un egregio lavoro che è andato oltre qualsiasi aspettativa. Tony lo avevamo già collaudato con il nostro singolo “Headhunting”, insieme a Mantas ma qui avevamo bisogno delle sue doti di attore ed è stato veramente formidabile. Con Eric invece avevamo già avuto modo di sentirlo sia in sede live che sul CD tributo poc’anzi menzionato; ha una voce formidabile che mi fa provare non poca invidia ah ah ah…

Copertina censurata: vostra scelta per evitare guai oppure vi è stata imposta?
Peso: La copertina censurata è stata una nostra scelta più che altro per rendere omaggio a Kubrick che ha dovuto subire la censura forzata in Inghilterra per oltre 20 anni del film. Da un altro punto di vista quando abbiamo proposto l’idea alla Time to Kill, hanno accettato volentieri, anche perché forse la cover vera è un po’ forte… anche se a mio avviso è molto ironica in realtà, ma qualche distributore avrebbe potuto storcere il naso.

Siete pronti a portare il disco dal vivo? Lo proporrete nella sua interezza o solo dei brani?
Peso: Non lo so, ci stiamo pensando. Devo dire che non possiamo tralasciare certi pezzi di “Into the Macabre” o di “Fragments of Insanity”, senza contare anche l’importanza che ha per noi “Mater of All Evil”, l’album della reunion con l’ingresso di Flegias nella band. Con oltre 100 canzoni scritte in questi quasi 40 anni la scaletta è sempre dura da decidere, ma alla fine sappiamo che non potremmo mai rinunciare a pezzi come “Mater Tenebrarum”, per farti un esempio…

Massimo Villa – The shining book

Massimo Villa con il suo libro “Necrodeath. The shining book” (Arcana) va a colmare un vuoto inspiegabile della saggistica musicale italiana. I Necrodeath sono uno dei capisaldi del metal estremo e la loro storia non è condita solo di grandi album ma anche di aneddoti e storie che meritavano di essere raccontate.

Benvenuto Massimo, il tuo “The Shining Book” è uscito da pochissimo ma sta già ottenendo ottimi riscontri di vendite. Probabilmente eravamo in molti ad aspettare una biografia dei Necrodeath, ne avevi la percezione mentre ci lavoravi su?
Sono sempre stato convinto che dare spazio ad alcune band italiane che hanno fatto la storia di un genere musicale, come i Necrodeath, ad esempio, fosse molto importante la letteratura musicale italiana. Sarebbe stato un crimine continuare a non parlare di una band seminale e per giunta italiana, che ci invidiano in tutta Europa e che anche oltre oceano, come Phil Anselmo ci insegna, miete proseliti. Ho solo colmato un vuoto, spero nel miglior modo possibile.

Come ti spieghi il grande amore del pubblico italiano e non (citi un sacco di personaggi importanti della scena metal che hanno dichiarato apertamente di apprezzare i genovesi)?
È naturale, visto il percorso che hanno fatto i Necrodeath. Come dicevo, spesso siamo noi italiani a voler essere dannatamente esterofili, sempre e comunque, mentre il bello ce lo abbiamo già in casa. E la testimonianza di affetto di tanti addetti ai lavori lo testimonia, vedi membri dei Possessed, Venom, Voivod e tanti altri.

Invece, come hanno accolto i Necrodeath la notizia che stavi lavorando su una biografia a loro dedicata?
L’idea è stata condivisa da subito, prima con Peso e poi con gli altri. Io stavo già lavorando ad altre biografie che usciranno più avanti, e l’idea di scrivere anche quella dei Necrodeath c’è sempre stata. Penso che all’inizio Flegias fosse un po’ scettico ma si è ricreduto dopo averla letta! Penso che comunque siano tutti molto contenti del lavoro d’equipe (ci siamo sentiti per due mesi in streaming) che abbiamo fatto.

Da quali fonti hai attinto il materiale? Hai incontrato molte difficoltà nella ricostruzione di tutti gli eventi, magari soprattutto quelli relativi ai primi e più nebulosi giorni di vita della band?
Come detto, la fonte è stata la band. Mi hanno raccontato tutto loro, in ordine cronologico, compresi i vecchi membri come Claudio o John. GL poi aveva bene in mente tutta la progressione delle date live e ne abbiamo parlato diffusamente con tutti. Peso infine ha riletto tutto e ha approvato quanto scritto. È una biografia totalmente ufficiale, con il bene placido e la partecipazione attiva del gruppo.

Ci sono stati dei momenti in cui hai pensato, ma chi me lo ha fatto fare a buttarmi in questa avventura?
No, devo dire che è stato tutto molto divertente, sia ascoltare i ragazzi (un po’ meno sbobinarmi tutte le registrazioni!) che scrivere il libro in un modo che non fosse la classica biografia noiosa che riportasse esclusivamente dati e date. Penso di essere riuscito a renderla leggibile e simpatica anche per chi magari si approccia per la prima volta al mondo metal. È la storia di un gruppo di ragazzi, alla fine, con tante avventure e disavventure, durante più di trent’anni di metal.

Da un lato il biografo, dall’altro il fan. Non ti nascondo che molte volte ho percepito che questi due livelli in realtà fossero uno solo, quanto c’è di autobiografico in queste pagine?
Come detto, è la storia di noi tutti amanti del metal dalla metà degli anni ’80 ad adesso. Quindi anche della mia, attraverso i loro occhi. Da quando presi per la prima volta in mano il vinile di “Into the Macabre”, alla pandemia che ci impedì di presentare insieme “Neraka”. Penso che tutti quelli che hanno vissuto quegli anni ci si possano riconoscere.

Possiamo dividere la storia dei Necrodeath in due fasi, prima e dopo lo split momentaneo. La prima è quella più rapida e forse amata, la seconda più prolifera e continua. Secondo te qual è l’elemento che accomuna queste due ere e quale invece l’elemento di maggiore distacco tra il prima e il dopo?
I Necrodeath sono stati fedeli a loro stessi sia prima che dopo “la pausa di riflessione”. Hanno sempre perseguito il fine di fare quello che piaceva loro, senza seguire mode, anzi, creandole. Quindi direi che l’elemento che accomuna le due epoche è la coerenza. L’elemento di maggior distacco è dato dal fatto che dopo i tempi sono cambiati e la band ha potuto iniziare a programmare un’attività live che prima era impossibile, anche per lo scarso supporto delle case discografiche o perché i tempi non erano maturai per quel genere musicale. Da “Mater of All Evil” le cose sono cambiate molte da questo punto di vista, e il salire sul palco, dove sicuramente si esprimono al meglio, è diventato una parte consistente delle loro vite.

Dovendo fare una classifica, anche se parziale, dei dischi dei liguri, quali sono i tuoi preferiti e quali invece quelli che non ti convincono?
Guarda, cambio idea ogni cinque minuti, a testimoniare il fatto che tutti hanno qualcosa per cui vale la pena di ascoltarli o riscoprirli. Direi che i miei preferiti rimangono “Into the Macabre”, che ha dato il via a mille band black metal, che ne hanno tratto fonte d’ispirazione, “Black as Pitch, una sorta di trapano chirurgico che ti perfora senza sosta dall’inizio alla fine e “The Seven Deadly Sins”, che trovo assolutamente geniale. Non ho una lista dei più brutti, mi spiace!

Parliamo del tuo futuro, anche se immagino che tu oggi sia concentrato sulla promozione del libro, hai altri lavori in cantiere?
Sì! Ho un romanzo di fantascienza in arrivo all’inizio del 2022, e poi verso la metà del prossimo anno, un’altra importante biografia metal di una grandissima band italiana. Stay tuned!

Necrodeath – L’Inferno è qui

L’emergenza Covid-19 sta condizionando le esistenze di tutti, inesorabilmente anche durante una semplice intervista a supporto di un nuovo lavoro non può non essere trattato l’argomento. Anche perché la categoria dei musicisti ha risentito pesantemente delle nuove norme di distanziamento sociale: show saltati, con serie conseguenze economiche per band, locali e promoter. Fortunatamente, la vita di un’artista non si limita solo alla dimensione palcoscenico, c’è anche l’attività in studio. Così, nel bel mezzo della crisi, i Necrodeath hanno tirato fuori un EP, “Neraka”, che parzialmente va a ristorare il danno subito dai fan che avevano già cerchiato sul proprio calendario una delle prossime, e ormai saltate, date dell’act Genovese.

Ciao ragazzi, inizierei con Peso: in occasione della nostra ultima intervista, tra il serio e il faceto, mi hai detto che il segreto della longevità dell’attuale line up è, testuali parole, “Frequentarci il meno possibile”. Direi che in questo momento storico non c’è rischio di scioglimento! Scherzi a parte. Quanto è dura questa fase per chi vive di musica – nel senso più ampio del termine, dai musicisti, ai promoter, ai tecnici, ecc – e oggi non può lavorare?
Peso: Considero i Necrodeath una grande bella famiglia in cui faccio ironicamente la parte del patriarca. Dico grande perché non mi limito a noi quattro della formazione, ma anche alle persone che ci sono vicine che collaborano ogni giorno con noi e anche a un paio di ex come Claudio e John, che per un motivo o per l’altro sono sempre dalla nostra parte. Come tutte le famiglie, ci sono momenti in cui si satura un po’, soprattutto quando sei in tour, per cui le abitudine di ognuno di noi magari si scontrano… se io mi sveglio quando Flegias va a dormire, capisci che la convivenza in piccoli spazi non è semplicissima, ma abbiamo imparato a sopportarci e a volerci bene in tutti questi anni.
In questo momento, per noi musicisti è durissima, siamo stati la prima categoria a saltare e probabilmente saremo gli ultimi a ritornare in campo. Concerti annullati e corsi di musica, per quanto mi riguarda la mia professione, interrotti. Detto ciò abbiamo tutti la consapevolezza che non dobbiamo arrenderci, ma resistere in questo periodo buio con la volontà di ritornare al momento opportuno ancora più forti!

Avevate alcune date in programma, io avevo cerchiato quella di Bari. State già lavorando per salvarne qualcuna?
Flegias: Assolutamente si, quando ci daranno la possibilità e non ci saranno più rischi per la salute pubblica torneremo più carichi che mai. Stiamo assiduamente lavorando con la nostra agenzia di booking, la Merlin Music Management, per far sì che tutte le date perse vengano recuperate senza lasciarne indietro neanche una, ma per far questo abbiamo bisogno anche della collaborazione dei promoters che finora si sono dimostrati tutti disponibili. La situazione non è facile da gestire per tutti i membri della filiera e siamo in trepida attesa degli sviluppi per organizzare tutto al meglio.

Quello della musica dal vivo era già un settore in crisi, tranne per alcuni grandi eventi a livello nazionale, il pubblico sembrava quasi disinteressato ai concerti. Come ve la spiegate questa cosa e credete che il post-emergenza acuirà questo trend negativo?
Pier: La spiegazione a mio avviso si trova nei social e negli smartphone che hanno rivoluzionato il modo di vivere e di ascoltare la musica. E’ sempre più difficile trasmettere alle nuove generazioni l’emozione di vivere un concerto in mezzo al pubblico piuttosto che guardando il telefono. Nello stesso tempo anche a noi della vecchia scuola fa comodo l’uso dei social a livello promozionale, che come tutte le cose hanno il risvolto della medaglia di cercare di farti vivere guardando lo schermo. Sui tempi al momento è inutile fare previsioni, a mio avviso questa clausura forzata dovrebbe stimolare la voglia di uscire e vivere le prossime esperienze in prima persona.

Torniamo in studio, la vostra ultima fatica si intitola “Neraka”, contiene tre inediti, una traccia live e una cover. Inizierei proprio dal trittico di brani nuovi: a me sembrano il linea con la vostra ultima produzione, sono stati scritti appositamente per questa opera o risalgono alle sessioni di “The Age Of Dead Christ”?
Pier: Si tratta degli ultimi brani scritti, quindi assolutamente freschi ma sicuramente seguono il metodo di composizione e registrazione sperimentato a partire da “The Age of Dead Christ”. Cioè l’immortale “vecchia scuola”. Nessun metronomo in fase di registrazione, nessun uso dei trigger e di tutti quegli elementi che caratterizzano le produzioni moderne che portano a suonare da “maestrini” perdendo tutta l’aggressività e l’espressività dei brani. Per questo ultimo EP abbiamo proprio composto e registrato negli stessi giorni i brani, lavorando molto in presa diretta.

A chi va di descrivere velocemente le tre canzoni?
Flegias: “Inferno” è sicuramente la più sulfurea e pregna di malvagità, in questo brano si parla del riscatto messo in atto da Lucifero per risalire alle vette del paradiso perduto. Anche se messa così può sembrare banale, io cerco sempre di scrivere tramite allegorie e in questa volevo evidenziare il riscatto dell’”ultimo” nella nostra società consumistica.
In “Petrify” è la figura mitologica di Medusa a far da protagonista. Il brano presenta una andatura più epica che strizza l’occhio ad aperture quasi melodiche nel ritornello. Il giusto collante tra il brano di apertura e la successiva “Succubus Rises” dove torniamo a spingere sull’acceleratore e di narrare “inenarrabili” incontri notturni con il nostro subconscio.

Quando sono circolate le prime voci sul nuovo EP, mi aspettavo di vedere tra i brani uno che si chiamasse “Neraka”, così non è stato. Allora ti chiedo: da dove spunta fuori il titolo di questa opera?
Flegias: Abbozzando il brano “Inferno” ero esaltato dal poterlo usare come titolo dell’album perché era semplice e diretto… oserei dire: “bello ignorante” e descriveva appieno il mood dell’album, ma dopo un rapido ragionamento pensai che esistevano tanti album che usavano quel titolo, basti pensare ai ben più famosi Motorhead o ai nostrani Raw Power. Decidemmo di non abbandonare del tutto l’idea e di controllare come si dicesse “inferno” in altre lingue. La prima che controllai fu l’indonesiano e ci piacque subito. Quindi, in realtà, il brano “Neraka” lo trovi, solo che è tradotto.

“Inferno” non sarà diventata la title-track, ma comunque è stata utilizzata per il vostro nuovo lyric video…
L’abbiamo scelta perché vogliamo portarla anche come brano di apertura dei nostri show. Ci piace l’idea di fare dei lyric video dei brani proposti in sede live per dar modo a tutti di potersi memorizzare i testi e urlarli con noi sotto il palco. Per la realizzazione abbiamo optato per un metodo leggermente diverso dai soliti lyric video, infatti, oltre alle solite immagini di grafica abbiamo aggiunto le riprese del playback della band fatte nello studio di registrazione dei Musicart di Rapallo. I fotogrammi sono stati tutti “one-shot”, filmando il singolo musicista dall’inizio alla fine senza interruzioni e poi, in fase di montaggio, inseriti in parallelepipedi che continuano a ruotare perennemente in loop in un vortice infernale. Di pari passo seguono il movimento i testi. Le velocità e i cambi di rotazione, ad un occhio attento, seguono i cambi della struttura musicale. L’effetto che volevamo ottenere era quello di calare lo spettatore nei gironi infernali lasciando un senso di disorientamento e alienazione.

Altra cosa che mi aspettavo di trovare nella tracklist è un vostro vecchio brano ri-arrangiato. In passato avete fatto spesso questo tipo di operazione, invece per “Neraka” avete optato per un brano live, come mai?
GL: Esatto, già in passato abbiamo ri-arrangiato canzoni di album precedenti, basti pensare al nostro cavallo di battaglia “Mater Tenebrarum” o addirittura la ri-registrazione di un intero album come “Fragments of Insanity” nel più attuale “Defragments of Insanity”. Proprio perché l’ultima produzione era un album ri-registrato abbiamo optato per “Neraka” di includere una traccia live ed abbiamo scelto “Flame of Malignance” (tratta dall’album ‘Mater of All Evil’ del 1999) registrata durante un concerto in Belgio per il tour Europeo di “The Age of Dead Christ”. Riteniamo che “Flame of Malignance” si addica meglio alle sonorità di “Neraka” e volevamo rendere l’EP piuttosto vario, ecco perché oltre ad un brano live trovi anche una cover.

Chiude l’EP una cover dei Dead Kennedys. Anche in questo caso non siete nuovi ad operazioni del genere, basti pensare al vostro album “Old Skull”. Come mai un brano così distante da quello che è lo spirito dei Necrodeath?
GL: Come ti dicevo prima, essendo un EP di durata ridotta, volevamo infine inserire una chicca chiudendo con una cover reinterpretata da noi. Abbiamo scelto “California Uber Alles” dei Dead Kennedys durante una cena con amici tra i monti Genovesi. Eravamo un po’ tutti alticci ed è uscito il discorso della cover… un nostro amico, tra un bicchiere e l’altro, ha proposto appunto “California Uber Alles” e da subito è piaciuta a tutti, anche perché, per quello che mi riguarda, le canzoni dei Dead Kennedys fanno parte del mio patrimonio musicale, quindi l’idea di reinterpretare uno dei loro pezzi più famosi mi è piaciuta immediatamente. Non credo che i Dead Kennedys siano molto distanti dalla nostra attitudine musicale e comunque ci è sempre interessato esplorare nuovi territori, per trarne ispirazione.

Alla fine, risulta più difficile o divertente necrodeathtizzare i brani altrui?
Pier: Entrambe le cose, difficile perché è sempre una sfida, devi suonare un brano di altri, spesso anche un brano storico, dando in qualche modo una veste nuova e personale; divertente perché non sai come verrà fuori se non dopo che lo hai registrato.

Mi soffermerei un attimo sul formato EP, attuamene molto in voga, dopo un periodo, coinciso con l’avvento del CD, di quasi abbandono. Io mi spiego il ricorso a questa formula con motivazioni economiche: registro meno brani, il disco mi costa meno, tanto la mia base di fan più duri l’acquista lo stesso o comunque le vendite di un full-length non sarebbero così superiori da giustificarne una spesa maggiore. Mi sono allontanato molto dalla verità?
Peso: No non ti allontani molto, ma considera che un discorso così un gruppo agli esordi non può farlo. Se non esci col supporto di un etichetta è durissima far vedere al mondo chi sei, e se lo fai devi dimostrare di aver scritto almeno una decina di pezzi belli o brutti che siano. Noi, che di canzoni nel corso degli anni ne avremo scritte circa duecento, possiamo permetterci di auto produrci, di comporre tre/quattro brani all’anno o anche uno solo facendo un bel video. Siamo una cult band che non ha velleità ormai di cavalcare il successo mainstream. Vogliamo solo suonare la nostra musica con la stessa passione con cui abbiamo iniziato 35 anni fa, anche nei peggiori chiringuitos, se ci fossero le condizioni tecniche per suonare. Siamo ormai lontani dalle logiche di mercato e dal business e non ci interessano proprio più.

A proposito di etichette: come mai è uscito per Black Tears of Death e non per la “solita” Scarlet?
Peso: Questa domanda è un po’ legata alla precedente. La Scarlet non era interessata in quanto formato ridotto, alla distribuzione del nostro EP, che comunque è auto prodotto nei nostri studi, per cui realizzato inizialmente anche con la consapevolezza che ci saremmo gestiti tutto, portando semplicemente una tiratura limitata ai nostri concerti, senza neanche entrare in nessun mercato di distribuzione. Come vedi una scelta totalmente anti-commerciale ma semplicemente artistica, perché è questa l’essenza dei Necrodeath. Di fatto poi Daniele della Black Tears, che è della nostra Genova, venendo a conoscenza del nostro lavoro in studio, si è proposto con grande entusiasmo anche perché lui ancora prima di essere un discografico è un fan della band. Abbiamo così deciso di lasciargli la licenza del formato mini-cd. Per quanto riguarda invece il formato vinile si è fatta avanti la greca Sleaszy Rider REC. che prossimamente lo farà uscire.

Chiuderei con uno sguardo sul futuro: prossime mosse?
GL: Siamo in attesa che esca “Neraka” e speriamo di poterlo promuovere come si deve suonandolo dal vivo. Purtroppo a causa delle recenti restrizioni per l’emergenza sanitaria abbiamo dovuto spostare in autunno alcuni concerti già fissati, sperando che questa situazione migliori. Per ora le prossime mosse sono quindi la promozione del nuovo EP, sia per quanto riguarda l’aspetto live, che quello delle vendite tramite i canali classici e digitali. Guardando ancora più in là posso dirti che è da parecchi anni che sforniamo periodicamente sempre nuove produzioni e di sicuro le idee non ci mancano, quindi staremo a vedere se ci saranno nuovi frutti.

Intervista originariamente pubblicata su www.metalhammer.it nel 2020 in occasione dell’uscita di “Neraka”
http://www.metalhammer.it/interviste/2020/04/06/necrodeath-linferno-e-qui/