L’ascolto degli Ataraxia è sempre un’esperienza mistica, a questa regola non sfugge neanche il nuovissimo “Quasar”, album multidimensionale e ricco di significati reconditi. Per questo abbiamo chiesto una chiave di letture dell’opera agli stessi autori…
Confesso di aver perso il conto, con “Quasar” quanti album avete pubblicato?
Siamo andati a contarli proprio ora: 25 album più 7 tra best of, raccolte, live e libri. La quantità non è rilevante quanto la qualità, o meglio l’ispirazione, la cura e l’impegno profuso nella realizzazione di queste opere che possiamo considerare capitoli di un’opera più ampia che è il tracciato stesso della nostra vita sia musicale che immaginifica e concettuale.
Ma come riuscite a mantenere questa costanza compositiva?
E’ cosa del tutto spontanea, è il nostro linguaggio e siamo felici che sia un linguaggio musicale che bypassa ogni calcolo, programmazione, codifica logica o razionale. La fase compositiva, la fonte da cui tutto origina è la capacità che abbiamo di mantenerci canali aperti nei confronti del meraviglioso, dell’inaspettato e al contempo, come scriviamo in un testo di “Quasar”, essere bambini che fanno l’amore col mondo con propensione ad esplorare il nuovo, l’inedito ed al contempo amare le radici. Una seconda fase invece – durante il lavoro di arrangiamento e missaggio che prevede tempi lunghi relativi alla cura del suono che consideriamo naturale “materializzazione” dell’idea nella sua veste più bella – necessità anche di un notevole lavoro intellettuale e capacità pratiche.
Siete quasi una mosca bianca nel panorama musicale, le band con una lunga storia alle spalle preferiscono dilatare nel tempo le uscite, magari ogni quattro cinque anni, portando dal vivo il repertorio classico. Voi invece non avete paura di sfidare la crisi del mercato discografico, mossa calcolata o pura incoscienza?
Né l’uno né l’altro, nessun calcolo – usiamo spesso l’intuito e l’immaginazione – nessuna incoscienza, riceviamo proposte discografiche e quindi lavoriamo con realtà di diversi paesi nel mondo. Semplicemente assecondiamo e seguiamo la nostra mission che è creare, o per meglio dire, creare mondi sonori, universi in cui calarsi, immergersi per uscirne sempre trasformati.
Dal vivo proponente spesso brani nuovi o vi concentrate sui classici e, soprattutto, a fronte di una produzione sconfinata come scegliete i brani da eseguire?
Dal vivo proponiamo quasi sempre i nuovi brani che diventano un vero e proprio concept sonoro accompagnato da immagini legate a spazi, luoghi, colori e simboli proiettate come parte integrante della performance. Lavoriamo molto in sala prove sulla nostra espressività per arrivare al nucleo, una fluida comunicazione prima all’interno di noi, poi tra noi ed in seguito con gli ascoltatori. La chiave è bypassare i blocchi, la sottile linea che separa artista e pubblico ed entrare tutti insieme (musicisti ed ascoltatori) in un universo sonoro magico ed evocativo, fare un viaggio insieme e si sa che quando si viaggia in compagnia ciascuno offre il suo contributo umano e “divino”. Questo “incanto” è condiviso e ciascuno dei presenti ne ha la responsabilità e ne gode la bellezza.
Restando in tema live, di solito quando si pensa a voi si è portati a pensare al folk, quindi al passato, ma in realtà soprattutto su un palco siete un gruppo innovativo che sperimenta parecchio introducendo anche novità che si fondono con altre discipline artistiche. Quanto è importante per voi guardare al futuro?
Ti ringraziamo per queste parole, abbiamo sempre amato l’innovazione, provare nuove strade, stupirci, osare l’inosabile e questo indipendentemente dal fatto che la nostra storia, le nostre radici facciano parte di questo movimento e si prestino ad essere trasformate, rivisitate, rielaborate con elementi di diversa natura fino a trovare un equilibrio. Abbiamo collaborato con mini, performer, attori, scenografie, pittori, scultori, poeti e ora la grande passione per la fotografia ed i colori proiettati su di noi e sulle superfici alle nostre spalle. Negli ultimi anni c’è stata una notevole accelerazione in questo senso e le teorie sul multiverso e sul fare collassare funzioni d’onda ci entusiasma perché lo abbiamo sempre sentito sin dagli esordi senza sapercelo spiegare. Possiamo fare collassare le realtà (o i giochi o le matrici) su cui poniamo l’attenzione in ogni canzone ed in ogni album. “Quasar” è nato su questi presupposti.
Da questo punto di vista “Quasar” cosa propone di nuovo?
Il primo suggerimento è ascoltarlo e provare ad ascoltare il proprio corpo, le sensazioni, le percezioni e poi vedere come sta la nostra essenza, la nostra linfa vitale, come scorre, cosa accade. “Quasar” è composto da lunghe partiture musicali di 7-12 minuti che dilatano lo spazio-tempo e portano a lunghe fasi ipnotiche così come a momenti di climax corali. Non c’è confine di genere, partiture neoclassiche, ambient, folk, progressive, psichedeliche, luoghi mitologici e dimensioni cosmiche, abbiamo registrato il tutto in 432 Hz (come l’album precedente) ed abbiamo lavorato sull’equilibrio dei due emisferi celebrali in modo che venisse però accarezzato e stimolato quello destro legato alla immaginazione. Abbiamo introdotto massicce parti corali (con numerose voci maschili) e fatto un mélange tra echi gregoriani e mantra, tra voci eteree ed heavenly che si dilatano e riverberano sulle partiture alternandole a frasi latine scandite e ripetute. Abbiamo inserito suoni quali immaginiamo siano quelli della “sinfonia delle sfere”, i brani non terminano ma si trasformano attraverso suoni sinuosi nel brano successivo. E’ quasi una terapia in musica (etimologia della parola therapeia: aiuto o stimolo all’umana guarigione o risveglio).
Affascinate il concept dietro il disco, vi andrebbe di parlarne e di spiegare come è stato sviluppato nei singoli brani?
Il “Quasar”è l’occhio galattico, la sorgente e sull’iride, o orizzonte degli eventi, esistono tutte le possibili realtà su cui possiamo porre attenzione al fine di farle collassare sulla terra in forma di Hertz. Siamo nell’iride e siamo anche qui, in questa dimensione densa che gli antichi chiamavano Gea. Canalizziamo energia che si manifesta su questo piano denso in forma di frequenze di suono e luce e noi siamo un flusso di coscienza che sceglie di viaggiare in diversi strati dello spazio-tempo, siamo nel Quasar ed il Quasar siamo noi. I nostri occhi si accendono e scaturisce la musica. Ogni brano è legato ad un colore ed a una energia arcangelica (senza accezioni strettamente religiose o dottrinali), possiamo definirlo anche un archetipo. Ogni brano lavora anche su sequenze numeriche – d’altra parte la musica è una sequenza numerica che agisce però anche sui nostri sensi – e su paesaggi dell’anima. Le energie informate di ogni brano hanno nomi arcangelici, potenti flussi di informazioni che bilanciano i quattro elementi di fuoco, acqua, aria e terra dentro e fuori di noi col quinto elemento eterico sopra la corona. La vibrazione crea, la musica può creare ordine e struttura come quello delle geometrie frattali in sezione aurea e noi abbiamo inteso farlo nelle vibrazioni più alte che siamo riusciti a canalizzare in questa fase. Nell’incipit (il brano non a caso più lungo dell’album) viviamo una “Iniziazione”, il colore è bianco come una pagina bianca, un inizio, un reset col seme arcobaleno di tutte le possibilità in essere. Poi “Nebula” attua una guarigione, il colore è il verde smeraldo e l’arcangelo che presiede alle guarigioni è Raphael, siamo nuovi e abbiamo guarito le nostre radici per potere espandere i nostri rami. Poi in terza istanza (dopo la dualità che presuppone conflitto e separazione) ecco “Oneness” in cui tutto ciò che è duale su questo piano si ricongiunge all’intelligenza equanime della source grazie al fuoco della volontà del cuore. Il quattro, numero della stabilità è il rosa di Chamael, l’amore incondizionato che si erge sopra calcoli ed interessi per portarci a livelli di consapevolezza tali da recuperare il nostro potere e responsabilità di azione. Il color oro del quinto brano è quello legato all’abbondanza ed alla serenità del Buddha, planiamo sull’elemento acqua (il mare della prima parte) fino alle vette dell’Himalaya (seconda parte). Poi si accede al sesto brano ( 6 numero della materia) in cui la fiamma violetta di Saint Germain e dell’arcangelo Tdzakiel ci aiutano a sospendere il giudizio che separa e recide portando compassione e guarigione ai nostri corpi sottili. Questa parte del viaggio termina con “Uriel”, rosso rubino e blu indaco, colui che presiede ai linguaggi sottili di telepatia, chiaroveggenza, chiaroudienza, poteri ESP che ci permettono di comunicare in forma potente, illuminante.
Il titolo “Quasar” come si ricollega al lavoro che avete fatto sui sette archetipi alla base dell’album?
Il “Quasar” è l’origine (Io sono Origine) e una scintilla dell’origine è in noi. Sintonizzando il nostro campo elettromagnetico con quello di energie cosmiche (a partire dal sole) possiamo resettarci a livello cellulare e cromosomico per evolverci e questo lo chiamiamo Grazia. L’evoluzione può avvenire attraverso l’arcobaleno dei sette archetipi che possiamo anche chiamare legge dell’ottava o legge del sette secondo la quale l’universo è fatto di vibrazione. E’ un percorso iniziatico a tappe, energie che man mano si integrano per poi passare all’ottava nota, ovvero l’ottava superiore. Immagina di vedere un nautilus, una spirale cosmica evolutiva.

Nelle foto promozionali che mi avete inviato c’è un elemento che mi ha colpito: la quantità di luce che irradiano. Come mai questa scelta così luminosa?
Come tutto nell’album, anche il luogo dove abbiamo scattato le foto (che fanno parte delle grafiche) ci è stato offerto e quindi in una qualche modo siamo stati guidati nel posto giusto nel giusto momento. Due gentili amici ci hanno proposto di realizzare il servizio fotografico in questo antico fienile sui monti dell’appennino reggiano perché ad una certa ora si verificavano inediti giochi di luce. Quel giorno abbiamo scattato le foto e poi, guardandole, ci siamo accorti di questi fasci luminosi di energia che circolavano e si materializzavano attorno a noi. L’abbiamo vissuto come un segno. La rappresentazione dell’equilibrio del Tao luce-ombra.
L’album sarebbe dovuto uscire l’otto maggio, ma credo che al momento non sia ancora disponibile, come mai?
L’album è disponibile in digitale dall’8 maggio su tutte le piattaforme ed è stato caricato su youtube in un formato audio più scarso ( le versioni acquistabili naturalmente hanno una profondità ed ampiezza di suono imparagonabili) dal 7 maggio. L’album è stato realizzato in tre formati: digibook (con opuscolo a colori all’interno e bonus track), digipack e vinile. Le grafiche stesse hanno richiesto molto lavoro. Ad inizio marzo sono stati persi i contatti con l’etichetta che aveva già mandato in stampa i vari formati. In parallelo però è stato mandato avanti dal promoter il discorso digitale e della promozione. Quindi ci siamo trovati con un album che è ovunque sulla rete e quindi disponibile anche per coloro che in passato faticavano a trovare la nostra musica ma per la prima volta in 30 anni col supporto fisico per ora “assente” o “sospeso”. La prima intuizione è stata “questo album è importante che esca in questo preciso momento storico ed energetico in una forma eterea quale è la musica e prenderà forma fisica in un secondo tempo al momento opportuno”. Quando accadono cose inedite è bene ampliare la visuale e fare del nostro meglio per prenderci cura di questo nostro figlio a cui abbiamo lavorato per ben 18 mesi e fare in modo che fluisca nel mondo perché ha un “lavoro” da fare a livello “sottile”. Per il resto, a seconda dello sviluppo degli eventi e quando capiremo bene cosa accade (dopo il caos degli ultimi mesi che tutti abbiamo sperimentato) “Quasar” senz’altro prenderà corpo così come era previsto. Ti parlavamo prima di collasso della funzione d’onda, prima c’è l’energia e poi diventa materia.
“Quasar” è un disco particolare, celebra i vostri 30 anni di attività, facendo un piccolo resoconto della vostra carriera, cosa ricordate con piacere e cosa vorreste invece cancellare dalla vostra memoria?
Ci teniamo tutto, proprio tutto con fierezza ed umiltà. Nella storia di una vita (sia personale che artistica) ogni passo (anche quelli superficialmente definibili come errori) hanno una loro bellezza ed un loro significato. Anche le situazioni più dure, apparentemente ingiuste o le nostre debolezze o superficialità ci danno la possibilità di accedere ad una maestria superiore e continuare questo gioco in modo evolutivo e creativo.
