In questa prima strana parte del 2020 non sono mancate di certo le sorprese. Per lo più negative, ma le buone notizie non ogni tanto arrivano, come quella del nuovo disco live dei Destruction. I tedeschi, pur vantando una copiosa discografia in studio, nei primi quarantanni della propria carriera hanno centellinato i dischi dal vivo. Spinti dalla forzata inattività e grazie al fortunato ritrovamento delle ottime registrazioni dello show tenuto al Partysan lo scorso anno, i crucchi non hanno resistito alla tentazione di fare un dono ai fan e a se stessi. “Born to Trash” (Nuclear Blast) è qui e ce ne parla, ovviamente, il mastodontico Schmier.
Ciao Schmier, avete pubblicato da poco “Born to Thrash”, quasi a sorpresa direi. Che valore assume oggi, alla luce del blocco degli eventi a causa del Covid-19, un disco dal vivo?
È il suono della vita, per noi è una maniera per restare in contatto con i nostri fan in un periodo di blocco forzato. Inoltre, ci permette di sopravvivere in un momento delicato per l’industria discografica.
Facciamo un passo indietro, ricordi il tuo primo concerto?
Il mio primo concerto? Certo! È come la prima volta in cui fai sesso, non puoi dimenticarlo: è stato con i Destruction!
Scusami, mi riferivo al tuo primo concerto da spettatore, poi ci arriveremo a quello da musicista...
Allora, il primo concerto a cui ho assistito è stato dei Police, nel 1980.
Chi l’avrebbe mai detto! Io li adoro, tu li ascolti ancora?
Certo, sono stati dei favolosi songwriter. Erano in grado di scrivere grandi canzoni non banali e dalla presa immediata. Avevano una fantasia compositiva senza pari. Quel concerto mi è rimasto molto impresso, il locale era strapieno, stavamo tutti stretti e c’era un’atmosfera fantastica. Poi dopo ho visto un sacco di roba hard, tipo i fantastici Rainbow, ma nulla a confronto della band di Sting: loro sono stati varamene unici!
Ora è arrivato il momento di parlare del tuo primo concerto con i Destruction, cosa ricordi di quell’occasione? Magari è stato come la prima volta in cui fai sesso, perché ci hai fatto anche del sesso dopo!
Ahahah, no, ti assicuro che non ho fatto sesso quel giorno! Però è stato fantastico, perché abbiamo incontrato per la prima volta altri gruppi metal e abbiamo conosciuto i Kreator e la band di supporto erano i Sodom. Un evento fantastico per tutti i ragazzi tedeschi che amavano determinate sonorità.
Siete giunti con “Born to Thrash” al vostro quarto live in circa quaranta anni di carriera, il che mi fa pensare che centelliniate questo tipo di uscite per fotografare solo i momenti salienti della vostra storia. Cosa volevate immortalare con questa uscita?
Volevamo dare ai fan un’istantanea della nostra nuova fase con due chitarre e un nuovo batterista, Randy Black. Siamo molto contenti dei nuovi brani e della resa dei classici, quindi abbiamo voluto che questa nuova dimensione del nostro suono arrivasse a quanta più gente possibile, anche a chi non c’era al Partysan. Purtroppo, il blocco non ci ha permesso di girare, quindi questo è un buon compromesso.
Io vi ho ascoltato dal vivo più volte, sempre con la line up a tre: un muro di suono impressionante. Ma tu preferisci andare su un palco con il classico terzetto o trovi più appagante questa nuova formazione?
Ti ringrazio per i complimenti. Sinceramente, mi soddisfa più l’attuale situazione, perché la presenza di due chitarre ci da una maggiore libertà di espressione e varietà. Più potenza, più dinamicità, più armonia, tutto questo prima non riuscivamo ad ottenerlo on stage. Io credo che l’heavy metal sia un genere che richieda due chitarre, per molti anni ci siamo mossi con una perché ci andava bene così, ma oggi va meglio.
Immagino che, prima di partire per un tour, non sia facilissimo per voi scegliere quali canzoni inserire in scaletta. Inoltre, mi domando se la set list cambia a seconda della serata o resta immutata in tutte le tappe.
Innanzi tutto, cerchiamo di fare una scelta ben bilanciata tra vecchio e nuovo. Ci basiamo molto sull’esperienza, cerchiamo di capire cosa possa funzionare del repertorio più recente e cosa invece ha già dimostrato una buona resa dal vivo. Poi non possiamo scontentare i nostri fan, quindi ci mettiamo i nostri classicissimi, il loro parere conta come quello dei singoli membri del gruppo quando c’è da prendere una decisione. L’accoglienza dell’audience è sempre un ottimo termometro per misurare la riuscita di un pezzo dal vivo. Per quanto concerne i cambi, di solito l’ossatura è la stessa, ma nel finale possiamo aggiungere un pezzo che viene richiesto a gran voce dal pubblico durante il bis. Ci capita spesso di chiederlo noi “cosa volete sentire questa sera?”. E sta sicuro che in ogni tappa ci arriva una richiesta differente.
L’essere passati da tre a quattro incide in qualche modo sulla scelta?
Certamente, la line up a quattro ci consente di suonare qualsiasi cosa, mentre a tre dovevamo ogni tanto rinunciare a qualcosa.
Ma in tutta sincerità, oggi quanto è importante avere un album fuori prima di partire per un tour? Alla fine i fan vogliono sentire i soliti cavalli di battaglia, o no? Magari in passato, invece, si andava a un concerto solo per poter ascoltare i nuovi singoli.
Noi attualmente ne inseriamo quattro, ma in generale credo che dipenda da come va il disco. Se va bene, è probabile che il pubblico abbia un maggiore interesse per i brani nuovi. Certo, chi ha chiesto ai fan on line quali canzoni volessero sentire durante il tour, ha sempre ricevuto titoli classici. Per questo, come ti dicevo prima, al momento della scelta siamo noi che dobbiamo capire qual è il giusto bilanciamento. Il nostro ultimo disco, “Born to Perish”, credo che abbia facilitato le cose perché contiene ottime live song.
Qual è il brano che maggiormente ami suonare dal vivo e quale quello che odi eseguire su un palco?
Ti assicuro che se non amo suonare un brano, non lo faccio. Anche se i fan me lo richiedono, io evito. La musica è una passione, non si può ottenere un buon risultato proponendo qualcosa controvoglia. Per questo, ti rispondo che non ce n’è uno. Per quanto concerne quello che invece mi piace eseguire, nonostante siano passati tanti anni, è “Curse the Gods”.
Il nuovo album è uscito in digitale, CD e vinile, non in DVD o Blue Ray: a cosa è dovuta questa scelta?
Perché è avvenuto tutto in modo casuale, non avevamo programmato di pubblicare un live. Abbiamo sentito la resa sonora della registrazione audio della nostra esibizione al Partysan e abbiamo capito che avevamo in mano dell’ottimo materiale, nonostante non avessimo preparato il tutto per un prodotto professionale. La stessa cosa non si può fare per le riprese video, richiede una preparazione studiata a tavolino, che comporta anche una serie di costi aggiuntivi. Siamo stati fortunati ad avere quei nastri durante il lockdown, così abbiamo potuto pubblicare un disco nonostante non lo avessimo in programma.
Ammetto di non amare molto DVD e Blue Ray, ne ho varamene pochissimi, trovo dannatamente difficile guardare un concerto davanti a un monitor. A te, invece, piacciono questo tipo di prodotti?
Preferisci un porno o fare sesso? Siamo più o meno allo stesso livello, vedere un film ci può stare ma è molto più divertente farlo veramente. Può capitare che io guardi un concerto a casa, ma preferisco l’energia che c’è dal vivo, le vibrazioni che passano dalla band al pubblico e viceversa.
Te lo chiedo perché ultimamente, anche se per motivi contingenti, sta crescendo il numero di concerti in streaming. Oggi c’è anche chi si fa pagare biglietti virtuali per concerti virtuali. Ecco, se devo spendere il mio denaro, preferisco andarci fisicamente in un posto.
La penso come te, anche a me non piacciono. Trasmettere un concerto durante il blocco dell’attività non è una cosa che farei per i Destruction. Capisco che alcune band lo debbano fare per sopravvivere a questa crisi, cercando di mettere qualche cosa in tasca. Non mi attirano, parlo da spettatore, per i motivi che ti dicevo prima: non è un vero concerto, perché un evento dal vivo non è solo musica ma è anche tutta una serie di sfumature che danno un valore aggiunto alla musica stessa.
Immagino che in questi anni abbiate avuto esperienze esaltanti e altre negative durante i tour. Di voi ho apprezzato soprattutto il fatto che non disdegnate come molti – per lo più per motivi economici e gestionali – il sud Italia. Io vi ho visto almeno tre volte dalle mie parte, a memoria: Castel Volturno, Bari e Stornarella. Però ricordo che ci sono stati dei problemi in occasione della vostra partecipazione a un’edizione dell’Agglitnation Festival e, soprattutto, nel 2017 per la data, poi saltata il giorno stesso, di Foggia con le Nervosa. Vuoi fare un po’ chiarezza?
Sono cose che accadano quando le circostanze non vanno come diciamo noi. Siamo dei professionisti, chiediamo il rispetto di determinati standard, quelli poi previsti dai contratti che firmiamo. Nel caso di Foggia non c’erano le condizioni tecniche per poterci esibire. Capiamo il disagio dei nostri fan che hanno scoperto il giorno stesso che il concerto non si sarebbe tenuto, però quella gente aveva speso o avrebbe speso del denaro per vedere uno show con un suono perfetto. In questi anni ci è capitato di dover cancellare altri show, perché in alcuni casi i promoter per massimizzare i profitti risparmiano sull’equipaggiamento tecnico. Siamo arrivati a Foggia dopo due giorni di viaggio dalla Bulgaria, abbiamo trovato un palco molto piccolo e un’impianto non sufficiente. Non avevamo alternative alla cancellazione. Per il momento preferiamo pensare al futuro, qualcosa in Germania e Svizzera si sta muovendo. In Italia dovremmo scendere verso fine Novembre o a Dicembre. Non grandi situazioni, per quelle secondo me bisognerà aspettare il 2021.
Ma in generale ti piace suonare in Italia?
Certo, abbiamo fatto degli show fantastici con un pubblico sempre molto caloroso. Ci torniamo spesso e volentieri quando è possibile.
Vorrei fare nuovamente un passo indietro nel tempo, in particolare al vostro tour con i Candlemass, il The HellBoundz Of Doom And Thrash Tour (2005). Come è andata? Ricordo che avete anche duettato Messiah Marcolin. Non nascondo un certo rammarico per non aver avuto l’occasione di avervi visto condividere il palco.
Grandissima esperienza, io poi sono un grande fan dei Candlemass, sopratutto del periodo con Marcolin alla voce. L’accoglienza da parte del pubblico è stata generalmente buona, anche se in alcuni posti forse i fan del doom degli svedesi hanno disertato perché non apprezzavano il nostro thrash. Per me era una grande accoppiata, Messiah ha una delle voci più belle e particolari del panorama metal. Io aspetto sempre con trepidazione i suoi dischi, mi ha proposto anche di partecipare al suo solo album, peccato che poi l’operazione non sia mai andata in porto. Però noi abbiamo avuto lui nella nostra “The Alliance of Hellhoundz”.
Mi hai racconto a inizio intervista come il vostro primo concerto abbia in qualche modo coinvolto anche Kreator e Sodom. Quando le cose si saranno sistemate, credi che potremmo mai assistere a un Big 4 del thrash tedesco?
Lo spero, ma non è affatto facile perché parliamo di band che hanno sempre un calendario fitto di eventi, coordinarci non sarebbe semplice. Noi Destruction abbiamo detto a Mille dei Kreator e Tom dei Sodom che saremo pronti a partire quando ce ne sarà l’occasione. Credo che sia solo una questione di tempo, ma prima o poi si farà, perché la gente ce lo chiede.
Mi pare di capire che più che colleghi siate degli amici, da persona che che li conosce sin dai loro primi passi artistici che ne pensi delle loro ultime uscite?
Certo, sono degli amici, oltre che partner in affari, dato che agiamo nella stessa scena. Li seguo sempre con interesse. Ultimamente stanno uscendo un sacco di grandi dischi thrash, non parlo necessariamente di prodotti made in Germany, ma anche di roba che arriva dal Nord America. Nonostante un periodo non felice per la musica, credo che vengano pubblicati degli ottimi dischi.
Ora è arrivato il momento di dirmi quali sono i tuoi live album preferiti…
Ce ne sono tanti: “Unleashed in the East” dei Judas Priest, “Exit… Stage Left” dei Rush, “Live After Death” degli Iron Maiden, “If You Want Blood You’ve Got It” degli AC/DC e “Deacade of Aggression” degli Slayer.
Posso aggiungerne uno io? Forse il mio preferito di sempre, proprio di una band tedesca: “Tokyo Tapes” degli Scorpions…
Certamente, è un grandissimo disco, forse quello che ho ascoltato di più da giovane!
L’ultima domanda è quella di rito, si sa qualcosa del prossimo album?
Al momento non è previsto nessun disco nuovo, la situazione sanitaria è quella che è. Ci è capitato questo live e lo abbiamo tirato fuori, ma non possiamo pianificare nulla per quanto concerne un lavoro in studio. Molti gruppi con un disco già pronto stanno rimandando la data di uscita, ora non ha senso con i tour bloccati. L’anno prossimo saremo invece sommersi da nuove pubblicazioni, quindi preferiamo aspettare fine 2021, se non il 2022, per tirare fuori il nostro prossimo album.
