Chino Mortero – Anima nera rock

“Mi presero di sabato” è una raccolta di storie ai limiti della legge, caratterizzate da un sound elettrico, americano e con forti influenze della cultura chicana. Ne abbiamo parlato con Chino Mortero, autore del disco uscito il 1° dicembre 2020 per Qanat Records.

Come è nato “Mi presero di sabato”?
È un album che ho scritto tra l’estate e l’autunno 2019. Avevo lavorato lungo l’anno ad un altro progetto, insieme alla Banda di Palermo, che purtroppo poi non è andato più in porto: si trattava di un concept molto caratterizzato dalla musica tradizionale messicana. Contemporaneamente però avevo scritto una manciata di altre canzoni, sempre storytelling, molto più elettriche però, più “americane” ed è nata la voglia di andare avanti comunque e portare a termine almeno un disco; questo è stato quello più “fortunato”. Siamo entrati con i ragazzi in studio a novembre 2019 e a febbraio 2020 avevamo tutto pronto. Il disco sarebbe dovuto uscire ad aprile scorso, ma la pandemia ha sconvolto un po’ tutti i piani ed abbiamo fatto slittare l’uscita a dicembre.

Perché questo titolo?
Il titolo è tratto dal testo di una delle canzoni del disco, “100 occhi”, e parla di un carcerato. È una frase che identifica bene le tematiche e la narrativa di quest’album: sono tutte delle storie ai limiti della legge o della decenza, caratterizzate da protagonisti che sanno di vivere il lato oscuro della propria vita e che quindi si aspettano prima o poi di dover rendere i conti a qualcuno che, un sabato o l’altro, verrà a prenderli.

Musicalmente tu nasci bluesman, poi scopri l’hip hop e pubblichi due album a nome Ciaka, rappando in italiano. “Mi presero di sabato” è un ritorno alle origini o c’è anche dell’altro?
Sono sempre e da sempre stato attratto ed affascinato da tanti generi e culture musicali diverse; lungo la mia carriera ho spesso cambiato radicalmente genere, a volte forse troppo repentinamente lasciando qualche vecchio ascoltatore un po’ spiazzato. Ma sono sempre stato un grande curioso, e mi è sempre piaciuto confrontarmi con diversi obbiettivi. Ho sicuramente dei generi che fanno parte del mio dna: la black music, la musica latina, la musica chicana. Questo album contiene delle canzoni che risentono sicuramente delle influenze delle origini, ma principalmente è un’opera in cui la musica abbraccia, senza volontà di stilemi, ciò che il testo racconta. Sentivo di volere caratterizzare delle atmosfere un po’ cupe, torbide, a volte pulp, quindi mi era inevitabile portare con me quei riferimenti che dal rockabilly di Johnny Cash arrivassero alle tare psicotiche di Nick Cave o alle bettole fumose di Tito & Tarantula.

So che la lavorazione del disco è avvenuta in diversi studi palermitani, come mai questa scelta?
È una decisione che ho preso da subito: ho tre grandi amici che portano avanti tre studi di registrazione con grande professionalità e grande energia e volevo coinvolgerli nella realizzazione di questo disco. Abbiamo registrato le parti strumentali al Tone Def Studio di Silvio Punzo, che ha capito subito che sound volevamo ottenere e ci ha aiutato molto nel raggiungerlo. Le voci sono state invece registrate presso lo Zeit Studio con Luca Rinaudo, vecchio amico e grande produttore musicale. Al Basement studio di Luca Gambino abbiamo infine registrato i fiati, le chitarre acustiche, contrabbasso, mandolinbanjo e abbiamo effettuato il mix del disco. Luca Gambino è stato molto bravo nel mettere a proprio agio le guest che sono intervenute nel disco e ci ha assicurato un ambiente totalmente amichevole e produttivo, situazione fondamentale secondo me per la buona riuscita di qualunque produzione.

Hai fatto uscire un video live di presentazione dell’album. Come mai questa scelta?
Avevamo in preparazione il video clip di uno dei brani che compongono l’album da fare uscire come primo singolo, ma la pandemia ha messo i bastoni tra le ruote anche a questo progetto. Allora, visto che la stagione dei live sembra ancora parecchio lontana e sono praticamente sicuro che non saremmo riusciti ad organizzare un live di presentazione, abbiamo deciso insieme a I Candelai (storico live club palermitano) di dare l’opportunità a chi volesse godere dell’esecuzione live del disco di poterlo fare con questo video, dove oltre al suonare le canzoni di “Mi presero di sabato” ne raccontiamo un po’ la genesi e la realizzazione. È un periodo molto duro per la musica dal vivo e penso che si debbano trovare delle strade alternative alle solite per la promozione e la divulgazione musicale e culturale. Non potrete venire ad un nostro live? Bene, ve lo facciamo vedere noi anche se con un video e non di presenza, così come siamo abituati a fruirne.

I testi raccontano storie di vite vissute al limite della legalità, ma trasmettono un desiderio di redenzione quasi religiosa. Fai spesso riferimento all’universo chicano dei messicani statunitensi, cosa ti ha portato a rapportarti a questi sentimenti di orgoglio chicano?
Sono sempre stato affascinato dalla cultura chicana perché la trovo incredibilmente vicina a quella mia, quella siciliana: sono entrambe fortemente legate alla famiglia e al credo cattolico, viviamo una storia comune di povertà ed emigrazione, entrambe sono radicalmente segnate da percorsi di criminalità spesso consequenziale all’indigenza e in tutte e due sento forte un senso di volontà di redenzione nonostante la vita faccia a volte scegliere le strade più pericolose. Due culture fortemente legate alla tradizione, alla territorialità, alla necessità di essere ascoltati e riconosciuti. Anche negli aspetti più controversi c’è grande affinità: il machismo, la componente matriarcale della gestione familiare, l’omofobia sono aspetti comuni. Anche nelle cose più leggere non posso che ritrovarmi vicino: sono un grande appassionato della cultura del Lowridring che è un achievement al 100% chicano e adoro la musica ed il cibo messicano, tejano e chicano.

Sulla copertina di “Mi presero di sabato” c’è un uomo armato in attesa, che sta architettando?
Intanto voglio cogliere l’occasione per ringraziare il mio homie Amil Report aka Tha Glocker per avere curato il progetto grafico di tutto il mio percorso sposandone appieno l’estetica. E poi il grandissimo Ciccio “Chronic” Tagliavia, che è il mio uomo copertina: Ciccio è un’icona della musica e della controcultura a Palermo da più di vent’anni, vero protagonista dell’underground di questa città, e mi ha riempito di orgoglio accettando di posare per il booklet di questo disco. La sua estetica poi sposa e rende benissimo il concept di questo album. Rappresenta appieno alcuni dei protagonisti delle canzoni di “Mi presero di sabato”: un uomo controverso dal torbido passato, con uno stile e una personalità ben definite che affondano i piedi nella tradizione, conscio del suo presente da fuorilegge aspetta che le forze dell’ordine appaiano da un minuto all’altro per venire a prenderlo. Ma siamo certi che non sarà una resa facile!

Qanat Records a produrre. Come vi siete incontrati e come avete lavorato assieme?
Sono stato tra i fondatori di Qanat Records dieci anni fa e per un po’ di tempo ne ho curato la sottoetichetta che si occupava prevalentemente di hip hop, reggae e black music (Catacomb Rec). Anche se la mia presenza lungo il corso del tempo non è stata più da protagonista sono sempre stato in contatto con i ragazzi dell’etichetta che sono, tra l’altro, tutti ottimi amici da tantissimo tempo. Con loro avevo già pubblicato il disco dei Pa All Bastardz ed il mio ultimo album rap “Vampiri”. È un’etichetta indipendente per me importante, sempre attenta alle produzioni palermitane con un occhio privilegiato su quei generi che difficilmente avrebbero trovato opportunità produttive pronte a spingerli. L’attitudine poi è quella che mi appartiene da sempre, essendo io ormai una vecchia salma: un piede nel passato, nella cultura DIY, nell’autoproduzione ma lo sguardo rivolto al futuro e al mercato digitale.

Tanti amici hanno contribuito a dar vita all’album. Come ci si sente ad essere il cuore di questo organismo?
Sono enormemente contento di questo aspetto. Da un lato conferma il fatto di avere seminato degli ottimi rapporti con i musicisti ed i tecnici che fanno parte della scena palermitana e di questo sono molto orgoglioso. Dall’altro sono assolutamente cosciente del fatto che Palermo abbia sempre sfornato grandi personalità e grandissimi talenti anche se lontani dai riflettori e non potevo non coinvolgerne alcuni di quelli che potevano aggiungere grande valore a questo mio lavoro. Mi sento parte di un grande scenario cittadino e sono sempre stato convinto che l’autoreferenzialità non sia una strada produttiva, quindi il confronto e la collaborazione non possono che essere un valore in più per qualsiasi produzione culturale. E non solo.

Qualche novità già in cantiere per il tuo futuro musicale?
La pandemia mi sta lasciando molto tempo libero viste le difficoltà lavorative che tutti ben conosciamo, dunque ne ho approfittato per spendere il mio tempo nella creazione musicale. Ho già scritto più di 10 nuovi brani che presto usciranno sul mio nuovo lavoro: sono delle canzoni molto differenti da quelle di “Mi presero di sabato”, non nella narrativa ma nelle sonorità, che sono molto più acustiche, intime, ombrose. Sono dei lavori molto più vicini alla musica mariachi, ranchera, alla musica nortena di Vicente Fernandez e Chavela Vargas; ci siamo quindi spostati più sul Messico vero e proprio che sulla sua anima chicana, senza dimenticare quei riferimenti che in un modo o nell’altro mi appartengono. Se “Mi presero di sabato” è un disco dall’attitudine live, molto d’impatto, questo sarà un lavoro molto più riflessivo e maturo, stiamo curando tutto con molta più attenzione per i dettagli e sono sicuro che verrà fuori un lavoro qualitativamente alto, complementare all’anima più rock, più sporca, che fino ad adesso è venuta fuori.

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