La nave, rigorosamente vichinga, guidata dal capitano Dario Beretta non teme le bonacce compositive. Anzi i Drakkar continuano a salpare i marosi con il vento in poppa, forti di idee sempre nuove e del caratteristico sound della compagine meneghina, come dimostra il nuovo disco “Chaos Lord” (Punishment 18 Records).
Benvenuto Dario, dopo un paio di EP, finalmente è in dirittura di arrivo il vostro nuovo album “Chaos Lord”. Quali sono le novità che accompagnano questa uscita?
Finalmente ci siamo, sì! Abbiamo registrato questo disco nel 2019, è stata una lunga strada perché potesse finalmente arrivare all’uscita ufficiale. Musicalmente, “Chaos Lord” è la logica prosecuzione di “Cold Winter’s Night”, la nostra prima uscita dopo il ritorno alla formazione a due chitarre, con un’ulteriore evoluzione del sound che ci ha portato a ridurre drasticamente le parti di tastiere, con la conseguente decisione di passare a una formazione a cinque elementi. Il fatto che l’uscita del disco sia stata spostata dal 2020 al 2021 ha comportato la bizzarria del fatto che l’EP del 2020, “Falling Down”, sia uscito prima pur essendo stato registrato dopo, quindi in un certo senso “Chaos Lord” rappresenta uno step nella nostra evoluzione che è precedente rispetto all’EP, ma sostanzialmente si tratta di materiale molto vicino, nessuno stravolgimento.
Forse è una mia impressione, ma in questo disco mi pare più evidente il tuo amore per i Running Wild, sbaglio?
Penso che il nostro disco più influenzato dal songwriting della ciurma di Rolf Kasparek resti sempre il primo, “Quest for Glory”, che in buona parte era stato concepito quando nella band c’erano due chitarre, anche se alla sua uscita ero rimasto soltanto io. Il fatto di essere tornati ad avere due asce nel gruppo ci ha sicuramente riportati un po’ verso quelle sonorità, fortemente influenzate dall’heavy metal classico degli anni ’80. Probabilmente, la tua sensazione deriva da questo. Sicuramente i Running Wild sono e restano una delle band fondamentali per me, e negli anni se possibile ho imparato ad apprezzarli ancora di più che in passato.
Credi che ci sia un brano che rappresenti al meglio i Drakkar di oggi?
Non saprei proprio. Tutto l’album nuovo, alla fine, presenta elementi presi da ogni era della nostra storia, reinterpretati in chiave moderna, con la nostra consapevolezza e maturità attuale. In questo senso, sono tutte rappresentative di una delle facce del nostro dado (per usare una terminologia nerd). Trovo che questo disco sia davvero molto “forte” dal punto di vista del songwriting, sostanzialmente privo di brani “deboli” o poco ispirati. Se dovessi scegliere un brano che amo particolarmente, per il mio gusto personale direi sicuramente la titletrack. Ma appunto, rappresenterebbe solo una della sfaccettature del nostro sound.
Siete sempre rimasti fedeli al power metal anni 90, probabilmente solo con “Razorblade God” avete “sporcato” la matrice più pura del genere. Come mai a un certo punto avete messo da parte quelle influenze thrash?
Non sono molto d’accordo, credo che quelle sonorità siano rimaste e diventate parte integrante della personalità della band. Vedi brani come “The Pages of My Life” dal nuovo disco, ma anche “Burning” su “Run With The Wolf”. In generale, il nostro riffing si è fatto più massiccio da quell’album in poi. Direi che quelle influenze, col tempo, sono state integrate meglio nel contesto della band.
Tutto sommato state vivendo un momento prolifero, tre uscite, anche se in formati differenti, in poco più un triennio: come si mantiene viva l’ispirazione dopo tanti anni di carriera?
Personalmente, non sono mai a corto di idee. Anche nel periodo più duro della band, dal 2002 al 2012 in cui pubblicammo solo un EP, non smisi mai di scrivere brani, alcuni dei quali sono poi usciti, mentre altri sono rimasti nel cassetto. Ultimamente, poi, tra Drakkar, Crimson Dawn e altri progetti di cui non posso ancora parlare, sto tenendo un ritmo veramente alto. Non saprei dare una motivazione razionale, se non il fatto che la musica continua a essere la mia più grande passione, e quindi per me comporre non è mai un peso, anzi. Devo anche dire che, parlando solamente dei Drakkar, molto sta facendo l’ingresso nella lineup di Marco e soprattutto Simone, dato che entrambi stanno dando dei contributi al songwriting. Avere dei compagni di squadra che contribuiscono con le loro idee è molto importante.
Siete stati tra i primi in Italia ad aprire una pagina Patreon, ti chiedere di spiegare ai nostri lettori di cosa stiamo parlando e come valuti ad oggi i risultati ottenuti.
Patreon è una piattaforma che permette agli artisti di offrire contenuti “su abbonamento” ai fan più fedeli. Supporta l’inserimento di contenuti di ogni tipo, dai brani dei nostri album (inediti, versioni, alternative, demo) ai video, passando per semplici post testuali, e la pagina è di fatto una sorta di mini-community dato che i fan possono anche commentare e interagire direttamente. Finora i risultati sono stati davvero incoraggianti, in un anno abbiamo raggiunto un numero di abbonati interessante per dei musicisti underground come noi. La pagina include materiale sia dei Drakkar che dei Crimson Dawn, ed è per questo che è a mio nome, e non a nome di una delle due band. Questo ci permette di offrire ancora più contenuti e ci sono già alcune cose, come l’EP “Falling Down”, che abbiamo potuto produrre solo grazie all’apporto dei nostri patron. La nostra media è di un post ogni 3-4 giorni, sempre con contenuti nuovi, ed è piuttosto impegnativa da mantenere, ma crediamo che ne valga la pena. Si tratta di uno stimolo a impegnarsi e fare sempre di più e di meglio. E poi, in questo anno senza concerti, è stato un polmone fondamentale per le finanze di entrambi i gruppi. Tutti i soldi che entrano grazie a Patreon vengono reinvestiti nella band, e questo ci permette di fare di più e con più qualità.
Se non erro la Punishment 18 è la vostra terza etichetta, ma con strumenti quali Patreon, Bandcamp e social vari, serve ancora una casa discografica a un gruppo come il vostro che ha già una fanbase corposa?
Non sbagli. E’ vero, tra Patreon e Bandcamp, la band ha una solida base di fan ormai, e forse si potrebbe anche tentare la carta dell’indipendenza piena. Tuttavia, lavorare con una label ci permette di avere una distribuzione più capillare e ci sgrava da un po’ di attività logistiche e promozionali che altrimenti dovremmo svolgere da soli, cosa che P18 fa egregiamente. Inoltre, ci permettono al tempo stesso di mantenere i diritti di utilizzo della nostra musica nel contesto di Patreon, cosa per noi fondamentale. Insomma, cerchiamo di unire i vantaggi dei due mondi.
Torniamo al nuovo album, nella tracklist troviamo “The Battle (Death from the Depths – Part II)” seconda parte del brano “Leviathan Rising (Death from the Depths – Part I) presente su “Cold Winter’s Night”. Le due canzoni sono nate insieme e poi separate oppure l’ispirazione per la nuova traccia è arrivata solo ora?
Inizialmente, la prima parte, “Leviathan”, doveva essere un brano a sé stante. Poi però mi è venuta l’idea di continuare la saga con un sequel, così ne ho parlato con Marco, autore del testo della parte I, e gli ho chiesto di cambiare l’ultimissima parte per lasciarla “aperta”. Musicalmente, “The Battle” è stata quindi scritta dopo, ma con una storia già delineata che prende ispirazione da un personaggio dei fumetti Valiant, il Guerriero Eterno.
Con i live al momento sospesi, quale sarà la vostra prossima mossa?
Continueremo a prenderci cura di Patreon per “coccolare” i nostri fan più affezionati, sfruttando la piattaforma per lanciare progetti nuovi: alcuni esclusivi, altri che usciranno prima su Patreon e poi anche per tutti gli altri. Abbiamo un “piano di battaglia” fino al 2024… Poi, come ci ha dimostrato la pandemia, non esiste piano che non possa essere reso obsoleto, ma così è la vita!
