I Supervøid sono la nuova creatura formata da tre nomi di spicco del panorama italiano: Eraldo Bernocchi (Sigillum S, Somma, Metallic Taste Of Blood, Obake), Xabier Iriondo (Afterhours) e Jacopo Pierazzuoli (Morkobot, Obake). Qualche giorno fa la Subsound Records ha pubblicato “The Giant Nothing“, il disco d’esordio del trio, e noi, mossi dalla curiosità di capire cosa spinga dei musicisti impegnati su mille fronti a metter su un nuovo gruppo, abbiamo contatto i disponibili Eraldo Bernocchi e Xabier Iriondo.
Cosa spinge dei musicisti con mille impegni come voi a creare una nuova band?
EB: La passione? La follia? L’irresponsabilità? Onestamente non ne ho la minima idea. Forse la voglia di ricercare nuove strade e confrontarsi con altri in contesti differenti? Ci conosciamo tutti da tempo, nel caso mio e di Xabier da una vita, circa 35 anni, eppure continuiamo a esplorare. Credo sia questa la ragione: l’esplorazione.
XI: Il nostro è un viaggio nel quale l’idea di costruire nuove esperienze la fa da padrone, perché la vita è fatta anche di questo: scoperta e stupore. Non sono gli impegni personali/professionali a gettare acqua su un fuoco che fortunatamente continua a bruciare dentro di noi.
Un domani, quando sarа possibile farlo, vi esibirete dal vivo o l’esperienza Supervøid si svilupperà solo in studio?
EB: Assolutamente sì. Non vediamo l’ora di salire su un palco, anche perché Supervøid ha una parte di improvvisazione che vogliamo assolutamente sviluppare in una situazione live..
I Supervøid sono un gruppo di non facile collocazione stilistica, questa caratteristica nell’attuale mercato discografico è una sorta di passe-partout trasversale oppure può spiazzare l’ascoltatore sempre più ancorato all’etichette stilistiche, in alcuni casi, anche eccessivamente di nicchia?
EB: Bella domanda. In realtà non ci interessa appartenere a nulla, abbiamo faticato non poco per definire ciò che facciamo e il “genere” del disco, e ancora fatichiamo a farlo. Le scene sono delle nicchie utili a chi, giustamente, deve poter definire ciò che fa, o recensire un album. A noi non interessa. Questa volta l’album suona cosi, magari il prossimo potrebbe essere interamente ambient o puro noise.
Giа che ci siamo, voi come lo descrivereste il vostro sound?
EB: Ecco, appunto. Non lo so. C’è del metal, del blues, dell’ambient. Potrebbe essere la colonna sonora di un vecchio film di Wenders. È un disco duro ma a tratti apertamente emotivo e sognante. Onestamente non so come definirlo se non che potrebbe funzionare bene accompagnato da delle immagini.
XI: Questo è il sound del primo lavoro in studio di Supervøid. Le definizioni le lasciamo agli addetti ai lavori (i giornalisti, gli uffici stampa, i discografici, etc), il nostro compito è di creare liberi, non di dare definizioni e mettere dei paletti.
Siete formalmente un trio, però un contributo non da poco ve lo ha dato Jo Quail: lo possiamo considerare il quarto membro?
EB: Jo è un talento raro, usa il cello in modo così fuori dagli schemi, che era una tentazione troppo forte averla sul disco. Oltre a ciò, è una carissima amica, abbiamo suonato live varie volte assieme e registrato un album FM Einheit in trio. Il suo apporto a band come Mono o Amenra è incredibile. Essendo spesso in tour, abbiamo deciso di mantenerla “esterna” alla band nel caso non potesse suonare live con noi e poter usare eventuali sostituti. In realtà, è il quarto membro effettivo.
Perché avete deciso di non avere parti vocali nell’album?
EB: Abbiamo Jo. Lei è “la voce” di Supervøid.
Nonostante l’assenza di parti vocali, i titoli dei brani fanno immaginare che dietro alla vostra opera ci sia comunque una sorta concept, mi sbaglio?
EB:Siamo entrati i studio senza sapere che cosa avremmo fatto, ci legava solo la stima reciproca e la voglia di creare insieme. Mano mano che registravamo e arrangiavamo abbiamo iniziato a formarci un’idea di cosa sarebbe diventato quest’album. Ci piace l’idea che nel momento in cui inizi ad ascoltarlo tu cada in un buco nero senza fine e per un po’ ti possa dimenticare del mondo fuori.
Ho letto sulla pagina ufficiale della vostra etichette che è stata aggiunta una versione in vinile rossa a quelle giа previste, dato che le prevendite dell’album stanno andando bene. La musica fisica ha ancora un senso o comunque un è settore che si regge su sempre meno nostalgici?
EB: La musica fisica ha assolutamente senso nel momento in cui le persone come noi, e le etichette di un certo tipo, continueranno a renderla possibile. Mia figlia ha 8 anni e si sceglie i CD da ascoltare perché li ha in casa, li vede tutti i giorni. Ha un suo iPod ma ama tirare fuori i CD, guardare le copertine, riordinarli. È un esempio come tanti. E’ solo questione di avere accesso all’oggetto in sé. Certo, se si continua a pensare che la musica sia quell’orrore di Spotify, allora facciamo prima a chiudere “la baracca”. Il vinile è tornato alla grande, le cassette pure. Tornerà anche il CD, ne sono certo.
XI: Ascolto musica prodotta e registrata in tempi recenti su vinili di qualità e allo stesso tempo mi abbandono all’esperienza sonora legata all’ascolto di ceralacche (78 giri) fabbricate 100 anni fa che riproduco su antichi grammofoni a manovella, il fascino dell’oggetto trascende le generazioni o le mode.
Dicevamo delle prevendite che vanno a gonfie vele, considerando che siete una band di nuova fondazione, il pubblico sta in pratica acquistando a scatola chiusa il disco, probabilmente attratto dalla vostra reputazione. In conclusione vi chiedo, come ci si costruisce una nomea solida nel mondo dalla musica, tanto da diventare un marchio di garanzia di qualità?
EB: Forse continuando a esplorare ed essendo inflessibili con se stessi? È necessario essere critici nei proprio confronti. Passare dalla fase “è tutto valido perché l’ho pensato e registrato” a quella “non sono convinto, nel dubbio cestino tutto” è fondamentale. Fa parte del percorso. Non so se siamo un marchio di qualità o meno, so che facciamo ciò che facciamo perché ci crediamo. Magari è questo che arriva, che non significa che debba piacere a tutti.
