The Black Veils – Carneficina sonora

“Carnage” (Icy Cold Records / Audioglobe / Metaversus Pr) è il titolo scelto dai The Black Veils per il proprio terzo disco, un concept album che, muovendosi tra citazioni cinematografiche, si propone come ideale colonna sonora di questi strani anni di pandemia.

Ciao ragazzi, da qualche mese è fuori il vostro terzo lavoro, “Carnage”, vi andrebbe di fare un primo bilancio?
Gregor: Nella carneficina psicofisica e morale che hanno rappresentato gli ultimi due anni, direi che a uscirne fuori meglio forse è stato proprio il nostro album. Siamo sicuramente entusiasti dell’accoglienza che ha ricevuto, nonostante i concerti siano stati ridotti all’osso.
Mario: Bilancio positivo sia numerico (streaming digitali, vendite cd e vinili) sia di accoglienza: il disco precedente è uscito nel 2017, quindi si è venuta a creare un po’ di attesa che ci ha aiutati nel lancio di “Carnage. Per poter cavalcare quest’onda abbiamo concordato con la nostra etichetta di base francese, Icy Cold Records, di anticipare l’uscita del disco con il rilascio di alcuni singoli e i loro remix (prodotti da Geometric Vision, Hapax, The Foreign Resort) come b-side.

“Carnage” è il vostro terzo disco, quello che nella tradizione rock viene visto come il  più importante nel percorso di crescita di una band: credete di esservi giocati al meglio le vostre carte in vista di questo traguardo simbolico?
Gregor: Non c’è stata alcuna strategia se non quella di assecondare una certa sinergia, la volontà di convogliare le nostre energie, la nostra rabbia, il nostro spaesamento in un lavoro che è più degli altri album corale, partecipato.
Mario: “Carnage” è un disco decisamente diverso dai precedenti (“Blossom” e “Dealing With Demons”) per molti motivi: è il primo disco con il nostro batterista Leonardo, è il primo disco in cui le fasi di registrazione, mixaggio e mastering sono state distribuite su diversi professionisti del settore, è il primo nostro disco prodotto cercando di restituire l’impatto che possiamo avere suonando dal vivo su un palco. In definitiva sono personalmente soddisfatto del risultato ottenuto.
Leonardo: Fermo restando che non c’è mai un limite quando si parla di “giocare al meglio le carte”, credo in tutta onestà che “Carnage” sia un disco validissimo, di cui andiamo molto fieri, non per motivi di ego, ma per ragioni più profonde. Contiene una maturità nel linguaggio e nelle intenzioni che bastano perché possa affermarsi tra i precedenti. Con l’aggiunta delle batterie, la band, in quest’ultimo lavoro, penso possa affacciarsi ad un pubblico più variegato rispetto a “Blossom” e “Dealing With Demons”. Il sound nell’insieme presenta la band come qualcosa di crudo e feroce, ma ascoltando singolarmente i brani si possono notare molte più sfumature, come barocchismi vari, note vocali più romantiche, intenzioni meno cruente (nel caso di “Phantom Limb Syndrome” o “LamourLamort”) che si contrappongono a veri e propri scenari da guerriglia urbana (vedi “Hyenas”). Non so se si può considerare un traguardo, ma sicuramente un buon punto di partenza.
Filippo : Mi faceva decisamente paura questo terzo disco, lo ammetto. Sentivo la necessità di qualcosa di diverso, senza ovviamente snaturare ciò che siamo, ma il timore era che gli altri avessero idee inconciliabili con le mie. In realtà è venuto tutto in modo naturalissimo. In questo, ritengo, sia stato fondamentale l’apporto di Leonardo, in termini di concetti e di messa in atto. Da bassista, avere nella band un batterista (che pesta anche in modo considerevole) influenza e non poco la dinamica e l’intensità del suono. Non so poi se ci siamo giocati bene le nostre carte, di certo dalle differenze tra i vari brani viene fuori il nostro essere totalmente bipolar, eheh

“Carnage” è un titolo forte, me lo spiegate? 
Gregor: So solo che era l’unico titolo possibile, l’unico che rispecchiasse in una sola parola il concept del disco. È un album che parla di vittime e carnefici, del percepirsi e raccontarsi vittime ma dell’essere al contempo carnefici e viceversa. È il gioco al massacro delle relazioni e della cosiddetta società civile.
Filippo: E poi ci piace tanto Roman Polanski, era giusto omaggiarlo, eheh

Il disco è anche ammantato da una vena di black humor: dato il tema importante del disco, non temete di essere fraintesi in alcuni passaggi?
Gregor: Sono convinto che l’ironia e il dissacramento dei temi importanti non debbano essere temuti, ma accolti come la conferma dell’importanza degli stessi. Ogni grande dramma della Storia dell’uomo è stato vittima di un ridimensionamento comico o parodico: in questo caso non si tratta nemmeno di parodiare, ma di essere ancora più ferali, di cantare frustrazioni e turbamenti sociali e intimi davvero terribili prendendoli dannatamente sul serio, perché non c’è niente di più serio dell’ironia. In qualche modo è come se si danzasse sulla propria tomba. E a guardare la società che abbiamo costruito mi pare sia la cosa più seria da fare. Forse l’unica.

Il disco è stato scritto prima del lockdown, però la copertina in qualche modo mi sembra influenzata da quel periodo di cattività casalinga. Vedere quella abitazione sospesa nell’aria, così simile a una prigione…
Gregor: Eppure la copertina è stata ultimata da YURI (@mynameisyuri) nel dicembre 2019. Al massimo è un presagio! O forse ha portato semplicemente sfiga. Chiediamolo a lui!
Mario: La casa, le mura domestiche, la propria abitazione ha ora più che mai, una doppia valenza: da un lato un luogo conosciuto, familiare, confortevole e sicuro, dall’altro un luogo (letteralmente e allegoricamente) in cui restare imprigionati. Nel nostro concept la casa entra a far parte di quel senso del doppio ruolo che permea l’intero disco (vittima e carnefice, iene e conigli…).

Mentre il sound, al contrario, sembra muoversi nella direzione opposta, fatto per non essere ascoltato in casa ma su un palco… 
Gregor: Esatto. Abbiamo voluto restituire il nostro sound “live” senza fronzoli e senza orpelli di sorta, mantenendo volutamente intatte anche piccole imperfezioni. 
Mario: Come anticipavo è stata una scelta di impatto. Ci piace vedere il nostro pubblico ballare e divertirsi sotto il palco e ci piace immaginare che lo possano fare anche a casa, al mare, a lavoro, ascoltando “Carnage”.

In questo senso, avete già testato la resa live dell’album?
Gregor: Ancora troppo poco per i nostri gusti, date le chiusure varie ed eventuali. Ma il primo concerto al Covo dopo due anni davvero provanti, nella nostra città, Bologna, è stato memorabile. Almeno per noi.
Mario: Il momento storico è molto delicato un po’ per tutte le parti: da un lato locali, club, sale da concerto, con i loro format e organizzatori, dall’altro lato ci sono gli artisti, le band, i performer. La situazione sta ripartendo, seppur lentamente, ma bisogna ritrovare la fiducia di ricominciare!

“Carnage” è un disco fortemente “cinematografico” ricco di citazioni alla settima arte, vi andrebbe di ricapitolarne almeno quelle consce? 
Gregor: Sicuramente ci sono Bette Davis e Joan Crawford in “Lamourlamort”. E poi c’è Gian Maria Volonté in “This Is Going to Hurt”, citato un po’ a caso, ma mai a caso. Poi ci sono tante immagini e piccole citazioni che assorbo anche mio malgrado.
Filippo: Se posso, mi piace ribadire come anche nei dischi precedenti ci fossero diversi riferimenti cinematografici. Basti pensare al titolo di un brano, ”The Wicker Man”, tratto da “Dealing With Demons”. Il rimando all’omonimo capolavoro folk-horror di Robin Hardy è evidente, E badate bene, non è sfoggio gratuito o cosa! Siamo consumatori assidui di film e libri. Altro che sesso, droga e rock’n’roll.

Come detto, il disco, anche se è uscito lo scorso novembre, è pronto già da un po’ di tempo: non è che per caso avete già del nuovo materiale per il prossimo album?
Gregor: La questione è tanto tragica quanto semplice: durante la nuova ondata di contagi e l’ennesima chiusura dei club si trattava o di deprimersi mangiando chili di gelato davanti alla TV (che comunque, ci tengo a precisarlo, resta per me pratica nobilissima) o di cavalcare un po’ della carica, dell’energia e della sinergia che, fortunatamente, unisce tutti e quattro noi. Quindi, sì: siamo al lavoro su altri brani. Ma ce la stiamo prendendo molto comoda, perché l’intento è principalmente quello di tornare a suonare “Carnage” dal vivo. Che è stato il nostro intento fin dal principio. 
Mario: “Carnage” è per noi molto divertente da suonare e portare in giro su e giù dai palchi. Stiamo fremendo nel confermare le prossime date del tour promozionale e non vediamo l’ora di riprendere i live a pieno regime.
Filippo: Come ribadito dai ragazzi, al momento siamo concentratissimi sull’organizzazione del tour promozionale di “Carnage”. Fremiamo per tornare a suonare. Detto ciò, conoscendo i soggetti in questione da anni, sono sicuro che Greg abbia già scritto una quarantina di testi e Mario ha già composto, mixato e masterizzato i prossimi tre dischi! Sono dei vulcani attivi in continuo fermento.

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