Bosco Sacro – Fountain of wealth

Il prossimo 10 febbraio uscirà per Avantgarde MusicGem“, il disco che sancisse l’esordio dei Bosco Sacro, band che vanta nelle proprie fila Paolo Monti (The Star Pillow, Daimon), Giulia Parin Zecchin (Julinko), Luca Scotti (Tristan da Cunha) e Francesco Vara (Tristan da Cunha, Altaj). Tutti e quattro membri della band hanno accettato di rispondere alle nostre domande…

Benvenuti ragazzi, direi di iniziare ripercorrendo i momenti che hanno portato alla costituzione dei Bosco Sacro…
Paolo: Quando Francesco, con cui ci conosciamo da molto tempo, mi ha proposto di contribuire a qualche traccia nata da lui e Luca, a cui si era già unita Giulia, ho accettato con la mia solita curiosità, ma ben deciso a non volermi coinvolgere in una band. Mi è bastato ascoltare i primi risultati per accettare di incontrarci in saletta in un giorno di estate 2021. Dopo questa giornata trascorsa a suonare è scattata una scintilla che ci ha portati pochi mesi dopo a chiuderci un weekend intero con Lorenzo Stecconi nello stesso studio in Versilia. Questo era il secondo nostro appuntamento e nasceva “Gem”.
Francesco: Io e Luca, il batterista, abbiamo un duo ambient/drone/post rock di nome Tristan da Cunha. Durante il lockdown abbiamo avuto modo di collaborare con Julinko, aggiungendo il suo cantato ad un nostro pezzo strumentale per una compilation di Electric Duo Project; il risultato ci ha entusiasmato a tal punto da voler iniziare un nuovo progetto che includesse Giulia e un quarto elemento che abbiamo individuato in Paolo, nostro amico con il quale abbiamo condiviso molte date e tour con il suo progetto solista The Star Pillow, e che ha prodotto il primo disco dei Tristan da Cunha, “Soçobrar”. Provenendo da posti diversi (io e Luca da Pavia, Giulia da Treviso e Paolo da Carrara) abbiamo iniziato mandandoci registrazioni e bozze a distanza. Nel Giugno del 2021 abbiamo finalmente avuto modo di trovarci a provare insieme ed il risultato è stato umanamente e artisticamente enorme, perché oltre ad una band è nata anche una fratellanza fra di noi.

La scelta del nome ha in qualche modo a che fare con quel posto ricco di fascino e mistero che è il Bosco Sacro di Bomarzo?
Paolo: Cercavamo un nome che richiamasse immediatamente tutti i connotati del progetto, la sacralità, circolarità, profondità, essere selvaggio, misticismo ed in generale la forte connessione con la Natura a cui, su diversi piani, ogni specie appartiene e ritorna, in un ciclo eterno. Il nome Bosco racchiudeva tutto questo e dopo diverse proposte ho suggerito un “Sacro”. Bosco Sacro descrive perfettamente la nostra essenza e la profondità del nostro suono.
Francesco: Inizialmente il Bosco Sacro era semplicemente il concetto attorno al quale fondare la nostra poetica, ma lo abbiamo mantenuto come nome definitivo dato che incarna in maniera precisa i connotati di circolarità, di scambio dei nostri linguaggi espressivi, di stupore e meraviglia, di una sacralità liquida e indefinita come un miraggio.

La band nasce nel 2020, il disco viene inciso nel 2021: come mai abbiamo dovuto attendere il 2023 per la sua pubblicazione?
Paolo: Nel 2021 nasce il nostro sodalizio scambiandoci tracce e molte molte suggestioni. Nella stessa estate ci incontriamo una prima volta per suonare tutto il giorno in uno studio. Poco dopo una seconda volta, per registrare l’album nello stesso studio. Quindi ad inizio 2022 con i mix dell’album in mano abbiamo iniziato la parte difficile, la ricerca di una label. Incontriamo ben due proposte e accettiamo quella di Avantgarde Music intorno a giugno 2022. Aggiungi i tempi tecnici e della label con le sue release già pianificate ed ecco che si arriva alla data di release il 10 Febbraio 2023.

Provenite tutti da band attive e con una certa storia alle spalle, ritenete che i Bosco Sacro siano un’entità che è la somma delle vostre esperienze musicali o che sia, invece, qualcosa che se ne distacca completamente per dar vita a un sound indipendente da ciò che avete fatto in passato?
Luca: Credo che il sound di Bosco Sacro si porti indiscutibilmente appresso qualcosa di Tristan da Cunha, Julinko e The Star Pillow perché sono ormai da anni i nostri progetti musicali individuali. Per Paolo e Giulia i loro alter ego, per me e Francesco “la nostra isola” in cui tutto sfogare e affidare a suon di drone: fanno parte di noi. Quindi per questo motivo penso che Bosco Sacro sia la somma di tutte queste esperienze vissute da noi, di tutte le nostre influenze che messe assieme danno vita a un qualcosa di nuovo mai sentito prima. Penso, infine, che la nostra musica non sia una naturale evoluzione da abbinare ai nostri singoli generi musicali ma una musica nata dalla semplice voglia di sperimentare all’interno di questo nuovo progetto/percorso che noi quattro abbiamo deciso di creare insieme, proprio per poter dar vita al “nuovo”.
Paolo: In Bosco Sacro sto esplorando e lavorando esclusivamente in un preciso range di frequenze (quelle più gravi) ed in una modalità / approccio compositiva ed esecutiva diametralmente opposta rispetto a quella degli altri miei progetti. Questo, sommato al lavoro di tutti gli altri, crea inevitabilmente un nuovo composto sonoro, pur portando in esso le nostre esperienze pregresse.
Francesco: Personalmente, come chitarrista, ho cercato di lavorare diversamente rispetto al solito, concentrandomi principalmente sull’arrangiamento melodico, dialogando e intrecciandomi con la voce di Giulia, cercando una fusione armonica. E’ un esercizio per me del tutto nuovo, provenendo da esperienze quasi esclusivamente strumentali. Il risultato generale di Bosco Sacro per me è un divenire.

Non ho i testi, ma mi par di capire che il disco sia permeato da un spirito panteista ed ecologista, è così?
Giulia: La nostra musica è contemplazione unita ad espressione, riflesso di qualcosa che sentiamo e vediamo. Non c’è una presa di posizione sul piano spirituale, sociale o politico che unisca i nostri intenti. L’istinto a cui rispondiamo è quello di liberare qualche scintilla della vastità che ci abita e ci percorre in ogni momento, legando il nostro spazio più intimo all’ ”altro”, all’ ”esterno”, agli altri corpi organici ed elementari che abitano questo mondo in cui viviamo, anche all’immateriale che non si può vedere. L’osservazione della natura e l’amore non sofisticato per quest’ultima, sono la base per questo movimento: i testi che ho scritto fanno riferimento ad esperienze vissute a stretto contatto con essa ed hanno origine dalla convinzione che l’uomo non sia una creatura qualitativamente e cognitivamente superiore a piante, pietre, acque. Dunque più che uno spirito panteista lo definirei pan-psichico, e più che uno spirito ecologista lo chiamerei semplicemente, naturalista.

Mi soffermerei sull’uso della lingua, per esempio la tracklist contiene titoli in inglese, italiano e francese, a cosa è dovuta questa scelta?
Giulia: Da tempo m’interrogo sulla possibilità di liberare il mio canto dal vincolo della parola, dalla logica del significato, per far fiorire il suo afflato più essenziale, quello di essere aria, suono e nient’altro: puro innalzamento, puro abbandono. Inizialmente per Bosco Sacro avevo pensato che potesse essere questa la via da percorrere, poi nella pratica mi sono ritrovata a muovere le labbra e i muscoli del diaframma anche per descrivere qualcosa, veicolare dei nuclei di immagini che potessero essere comprensibili ai molti. Tutti i testi sono scritti in inglese, tranne uno, “Les Arbres Rampants”, un brano nato e composto quasi ad impromptu che esigeva la musicalità del francese e non un’altra, un fattore che ha anche trasformato, per quell’episodio, il mio modo di cantare. Queste presenze linguistiche sommate al nome del gruppo ed omonima title-track “Bosco Sacro”, mi hanno riportata – seppur per via opposta – verso l’istinto iniziale che avevo avvertito, quello di sconfinare rispetto ad un codice linguistico fisso, andando verso la creazione di uno spazio che potesse ospitare una piccola fusione di impressioni e risonanze, provenienti da realtà metafisiche diverse.

Il titolo, “Gem”, a cosa fa riferimento?
Giulia: Avendo creato un ambiente linguistico misto (pur sempre umilmente restando nella nostra micro-area di ascendenza latino-greca), “Gem” è una parola che irradia due significati e due immagini diverse in lingue distinte. In inglese, il termine derivante dall’antico francese indica solamente la pietra preziosa, mentre sappiamo che in latino, come anche in italiano corrente, con “gemma” si indica il primo germoglio di una pianta, oltre che un prezioso oggetto minerale. Questa ambivalenza di allusione viene rappresentata dall’immagine di copertina creata da Carlo Veneziano, dove viene suggerito anche un legame simbolico ed alchemico tra i due: scavando ancora più a fondo, l’etimologia greca della radice della parola ci rimanda a significati come “essere pieno/a”, “generare”, “ produrre”… (ecc). Per noi, “Gem” è una pietra preziosa che si è materializzata nella nostra strada a partire da un piccolo germoglio, un’intuizione semplice e proliferante, che ci porta a viaggiare insieme in un percorso fatto di scie, gallerie, reticoli e riflessi… una dimensione sonora che equivale a quella dell’anima.

Porterete dal vivo “Gem”? E secondo voi quale sarebbe la location migliore per ospitare i vostri show?
Paolo: Quella del live è una dimensione sacra. Bosco Sacro trova in essa il suo habitat naturale e si sviluppa, anche su disco, proprio grazie all’intesa come live band. Sebbene di fatto non avessimo mai suonato insieme, è come se lo avessimo sempre fatto, e magari è proprio così. Anche se ognuno di noi proviene da rispettivi progetti ed esperienze, Bosco Sacro è di fatto una nuova band e come tale si è scontrata con la solita indifferenza degli “addetti ai lavori”, mentre ha ricevuto fin da subito grande supporto ed interesse dalla gente della nostra scena e questo non può che renderci veramente felici e motivati. Curo da sempre la gestione dei miei tour e concerti, e devo riconoscere che ho visto un imborghesimento ingiustificabile di molti booking: prima erano parte di uno stesso giro sopra, sotto, dietro il palco alimentandone curiosità, facendosi promotori di stimoli e contaminazioni, adesso hanno creato un divario, cedendo alla tentazione di lavorare con artisti di fama o di certi giri esclusivi. Stesso discorso vale anche per Festival e, peggio ancora, per molti promoter. Vorrei chiedere a questa gente cosa farebbe adesso se gli spazi di 10, 15 anni fa avessero ragionato allo stesso loro modo di adesso. Detto ciò, con non poca fatica, abbiamo chiuso in totale autonomia un primo tour italiano e, a seguire, un primo tour europeo. La location migliore è quella in cui riuscire ad esprimere pienamente il nostro suono insieme ad un pubblico disposto a lasciarsi andare completamente insieme a noi.

Cosa vi aspettate da questo 2023 segnato dal vostro esordio discografico?
Paolo: Ci auguriamo di poter suonare “Gem” ovunque sia possibile farlo. Ringraziamo la nostra label, Avantgarde Music, composta da grandi professionisti e persone coraggiose che amano quello che fanno e creano nuovi stimoli: esattamente l’opposto delle persone di cui parlavo prima.

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