Il prossimo 17 gennaio per gli amanti del metal estremo non sarà una data qualsiasi, dato che la Time to Kill Records pubblicherà l’ultimo album in studio dei Necrodeath, “Arimortis”. Come raccontatoci da Flegias non si tratta di una decisione improvvisa, ma di una mossa programmata da tempo. A noi non resta che ringraziare la band per tutte le emozioni che ci ha regalato in questi anni in studio e dal vivo…
Bentornato su Il Raglio del Mulo, Flegias. Devo ammettere che la notizia del vostro scioglimento ci ha colto tutti alla sprovvista, anche perché dal punto di vista artistico non davate l’idea di una band al crepuscolo. Come siete giunti a questa decisione?
Proprio per non lasciare le scene con l’immagine di una band al crepuscolo. Erano anni che maturavamo quest’idea e ci siamo dati un limite che vogliamo rispettare. Quarant’anni di carriera ci sembrava un buon traguardo.
Peso ci è già passato una volta, immagino che però i presupposti che abbiano portato ai due stop siano differenti, no?
Esatto. Il primo split fu dovuto alla delusione di un gruppo di ventenni che non vedeva via d’uscita per il mercato italiano rispetto a quello straniero e il totale disinteresse degli addetti ai lavori ha fatto maturare questa decisione. Quasi dieci anni dopo si riprova, non che sia cambiato qualcosa, ma le aspettative e la nostra consapevolezza era cambiata. Ci siamo tolti qualche soddisfazione, ci siamo divertiti un sacco, ma ora è arrivato il momento di lasciare spazio alle nuove leve.
Si vive solo due volte, citando il titolo di un film, nel vostro caso credo che la seconda vita non sia stata così male. Io, me la sono spassata, perché ho potuto vedervi più volte dal vivo, ho ascoltato grandi album e vi ho intervistati in svariate occasioni. Quali ricordi, belli e brutti, hai della seconda vita dei Necrodeath?
Il periodo di “Mater of All” Evil senz’altro è quello che ci ha dato più adrenalina, poi sono seguiti i grandi festival e i riconoscimenti delle grandi band. Anche i ricordi più brutti, a distanza, vengono ricordati con goliardia. Con il senno del poi ti redi conto che tutto serve a forgiarti e farti diventare una persona migliore.
Passiamo all’ultimo disco, ho cercato il significato del titolo, stando a wiki “Arimortis” “… è convenzionalmente in uso tra i bambini durante i loro giochi, allo scopo di invocare una sospensione del gioco e/o attività in corso per piccoli “incidenti…”. Anche se suona cattiva come parola, ha anche un valore ironico?
Non sei andato tanto distante… L’idea iniziale è partita da Peso che nei suoi ricordi di gioventù ricordava il termine “arimo” per stabilire la fine dei giochi. Curando la parte lirica, ho voluto trattare l’argomento in maniera più epica. Sono andato alla ricerca del termine latino ed ho voluto creare una sorta di allegoria con la nostra carriera musicale; “Arimortis”, la fine della battaglia, il tempo in cui ci si prende il tempo per erigere gli altare della morte in onore ai caduti.
Lascia meno spazio all’ironia la copertina, cosa rappresenta?
La copertina ha avuto un lungo travaglio; nel nuovo album c’è un brano intitolato “New God” in cui tratto l’argomento dell’IA in chiave apocalittica. Mi piaceva l’idea di legare questa tematica alla copertina dell’album e allora ho provato ad usarla dandogli solo come “comando” la parola “Arimortis”. Ne uscì una buona copertina ma… c’era un ma. Qualcosa continuava a non convincerci. Feci altri tentativi su altre piattaforme e tutte continuavano ad avere quel particolare che non ci convinceva. Mentre continuava il confronto tra di noi, ecco comparire decine di band con grafiche generate dall’IA. Il risultato palesemente piatto e facilmente riconoscibile, ci ha fatto cambiare idea e optare per una soluzione diametralmente opposta. Parlandone con Max Bottino, un artista che conosco fin dai tempi del liceo e con cui ho avuto il piacere di lavorare insieme a progetti artistici con i Cadaveria, si è proposto di cederci una sua opera fatta anni fa che poteva rappresentare benissimo il guerriero esausto di ritorno dalla battaglia, intento a pulire i suoi panni intrisi di sangue. Essendo appunto un’opera, l’unica clausola era quella di non ritoccare in alcun modo la foto. Questo ci ha fatto, giocoforza, andare non solo contro l’uso dell’IA, ma anche contro ogni forma di manipolazione dell’immagine, dando così spazio all’arte creata dall’uomo.
Il disco inizia con “Storytellers of Lies” , quale è stata la più grande bugia che hanno raccontato sui Necrodeath?
Guarda, ne ho lette di cotte e di crude ma fortunatamente le cattiverie (perché le bugie sono cattiverie), non ci hanno mai scalfito minimamente. Ci entrano ed escono dall’orecchio e non possiamo ricordare alcunché. Nel nuovo disco torno spesso sull’argomento “nessun rimpianto”, proprio perché tutto quello che abbiamo fatto, l’abbiamo fatto con coerenza e onestà intellettuale. Chi ci conosce da vicino lo sa bene, siamo persone semplici, ma posso smontare in batter d’occhio qualsiasi illazione nei nostri confronti… di persona. Tutti bravi a spalare merda a distanza senza contraltare.
E’ già capitato di vedervi giocare con alcuni vostri brani classici sul altri album, su questo, per esempio, troviamo “Necrosadist” e “Metempsychosis (part two)”: sono lì per chiudere il cerchio in qualche modo con i vostri primi due album?
Più che altro l’abbiamo fatto per mantenere questo fil rouge che ci contraddistingue fin da “Mater of All Evil”, con citazioni o auto celebrazioni del nostro passato. In questo caso vale solo per” Necrosadist”, una canzone che non abbiamo mai smesso di proporre nella nostra scaletta dal vivo (anche se in versione ridotta). “Metempsychosis (part two)” è invece un brano nuovo di zecca che prende solo lo spunto iniziale là dove si era interrotta la prima parte (Venom docet).
Il vostro addio non prevede solamente un nuovo album, ma anche una serie di concerti: avete già delle date da annunciare?
La notizia appena si è sparsa ci ha già permesso di anticipare qualche Stato, siamo appena tornati da Austria e Spagna e queste sono le date che ad oggi posso già confermare: 18/01 Revolver (VE), 31/01 Nottetempio (MO), 01/02 Defrag (Roma), 15/03 Music Factory (CR), 20/07 Luppolo in Rock (CR). Tante sono in fase di chiusura in questi giorni e speriamo di dare un calendario definitivo nei primi mesi dell’anno.
In coda, la domanda più ovvia, citando ancora i vecchi film della saga di “007”: mai dire mai? In futuro, magari come è capitato con gli Slayer – ovviamente parliamo di interessi economici differenti -, potreste ritornare in vita, se non per veri per veri e propri tour, almeno per degli eventi speciali e/o celebrativi?
Potremmo cambiare idea solo se i nostri compensi fossero uguali a quelli degli Slayer, quindi impossibile ah ah ah… Come ti dicevo abbiamo fatto della coerenza il denominatore comune della nostra carriera e tale vorremmo rimanesse. Certo che se ci offri cifre a quattro zeri a testa, potremmo pensarci; coerenti sì, scemi no.
Grazie per tutto quello che ci avete donato in questi anni…
Grazie a te e tutti coloro che ci hanno supportato.
