Duncan Patterson ha composto e registrato album con Anathema, Íon e Alternative 4. Il suo debutto da solista, “The Eternity Suite”, è stato pubblicato nel 2015, quest’anno il musicista di Liverpool è tornato con la sua nuova opera lofi gothic “Grace Road” (Strangelight Records).
Ciao Duncan, vivi in Messico da alcuni anni, pensi che questa esperienza abbia in qualche modo influenzato le canzoni del tuo nuovo album, “Grace Road”? Non credo che vivere in Messico abbia avuto una grande influenza. Le basi di molte canzoni risalgono ad anni fa. E la strumentazione e gli arrangiamenti provenivano sostanzialmente da quel periodo. La maggior parte delle canzoni sono state scritte a penna sulla carta di alcuni quaderni che ho portato con me per anni.
Rilasciare e promuovere un disco avendo la propria base in Messico è molto più difficile che farlo da Liverpool o le moderne tecnologie hanno cancellato tutte le distanze fisiche? Al giorno d’oggi è praticamente tutto online. Sono sicuro che se fossi stato nel Regno Unito avrei avuto più opportunità di incontrare persone faccia a faccia, ma di recente ho fatto alcune interviste video. Non c’è molto da fare qui, in realtà, non esiste una vera e propria scena musicale indipendente.
In questa fase della tua vita stai percorrendo la tua “strada della grazia”? Questo capitolo della mia vita parla dei miei figli piccoli e riflette molto sul passato. Ho smesso di bere più di tre anni fa e ho affrontato i problemi che avevo scansato ed evitato per anni. È fantastico avere questo tipo di onestà, apertura e chiarezza al giorno d’oggi, ma non è sempre facile. Tuttavia, ci sono stati molti progressi ed è mio compito assicurarmi che i miei figli non commettano errori nella vita simili a quelli che ho fatto io.
Come e quando sono nate le canzoni contenute nell’album? Ho scritto la title track quando ho scoperto che mio padre era morto nel 2013. L’avrei inclusa in “The Eternity Suite” ma ho deciso che aveva bisogno di un posto tutto suo. Non avrei mai immaginato che ci sarebbe voluto così tanto tempo per il rilascio, ma così è la vita. Avevo anche qualche altro pezzo scritto anni fa, ma ho avuto una lunga pausa dalla musica dopo l’uscita di “The Eternity Suite”, ma ho tenuto i miei taccuini con me per tutto quel tempo. Ho deciso di riaprirli e ho finito di scrivere e arrangiare l’album poco prima dell’inizio della pandemia.
Perché definisci il tuo sound “lo-fi gothic”? E’ così che suona per me. Come descrizione accurata del suono, però, non come etichetta per definire un nuovo genere.
Invece, come è iniziata la tua collaborazione con la cantante palestinese Enas Al-Said? Mi sono imbattuto in una cover degli Antimatter, “Flowers”, che Enas aveva caricato su Youtube. L’ho commentata ed è così che ci siamo incontrati. Poi abbiamo chiacchierato e le ho chiesto se era interessata a cantare un brano su “Grace Road”. Poi un altro, e poi le altre persone che avrebbero dovuto cantare nell’album mi hanno abbandonato, quindi ha finito per cantare in ogni traccia, insieme ad Alicia Mitchell che ha fatto i cori nella maggior parte delle canzoni. Sono contento di cosa è venuto fuori. È stato un piacere lavorare con loro e non ci sono stati problemi e cazzate di ego. È tonificante.
“Grace Road” è il tuo secondo album sotto il nome di Duncan Patterson, ne hai registrati altri con Antimatter, Íon e Alternative 4, ma sei spesso etichettato come “Duncan Patterson ex membro degli Anathema”: ti dà fastidio un po’ questa cosa? Il marchio Anathema, anche se mi ha garantito una buona attenzione da parte dei fan degli Anathema, è stato probabilmente la rovina della mia carriera musicale. È come una maledizione e un’enorme quantità di persone non riesce a vedere oltre. La base di fan degli Anathema è diventata quasi una setta negli anni successivi al mio abbandono e ho ricevuto molte attenzioni malsane da loro. D’altra parte ci sono anche molte persone che non daranno nemmeno una possibilità alla mia musica a causa della connessione con gli Anathema, quindi sto ottenendo il peggio da entrambi i mondi. Mi piace l’atmosfera degli ultimi tempi, però, da quando è stato rilasciato “Grace Road”. Tutto è indipendente e sto ricevendo molti feedback positivi da persone genuinamente interessate alla musica. Spero che la morte della mia ex band significhi che la maledizione stia finalmente finendo.
Il 2022 vedrà anche l’uscita del debutto degli Antifear, frutto della tua collaborazione con l’ex cantante degli Anathema Darren White. Puoi dirmi qualcosa su questo album? Abbiamo una grande quantità di materiale su cui lavorare. Finora oltre trenta canzoni. Tuttavia, dobbiamo essere nello stesso paese per poterci mettere mano e speriamo che accada presto ora che la pandemia sembra destinata a finire. È più influenzato dal punk e più guitar oriented di qualsiasi altra cosa che io abbia fatto in questi ultimi anni. L’album “Eternity” è stato fortemente influenzato dal punk, ma non è così lamapante nel modo in cui è stato suonato. La roba degli Antifear contiene accenni ad Hellhammer, The Cure, Fugazi e del buon vecchio doom metal, ma penso che le persone che conoscono la mia musica riconosceranno il mio stile di scrittura. Darren sta scrivendo la maggior parte dei testi ed è fantastico potersi rilassare e non preoccuparsi di questo aspetto, dato che sono abituato a scrivere tutto. Abbiamo lavorato insieme anche sugli arrangiamenti, il che è un bel cambiamento.
Tornando a “Grace Road”, pensi che in futuro potresti proporre queste canzoni dal vivo? Sarebbe fantastico. Ma chi lo sa cosa riserva il futuro?
Duncan Patterson composed and recorded albums with Anathema, Íon and Alternative 4. His solo debut, “The Eternity Suite”, was release in 2015, this year the Liverpool born songwriter is back with the new lofi gothic opus “Grace Road” (Strangelight Records).
Hi Duncan, you have been living in Mexico for some years, do you think this experience has somehow influenced the songs on your new album “Grace Road”? I dont think being in Mexico has had an influence really. The basis of a lot of the songs come from years ago. And the instrumentation and arrangements really came from within this time around. Most of the songs were written on pen and paper in notebooks that I have had with me for years.
Releasing and promoting a record having your base in Mexico is much more difficult than doing it from Liverpool or have modern technologies canceled all physical distances? Its pretty much all online these days. Im sure if I was in the UK I would have more opportunies to meet people face to face, but I’ve done quite a few video interviews recently. Theres not much going on here though really, not much of an independent music scene.
In this phase of your life are you walking your own “grace road”? This chapter in my life is about my young children really and a lot of reflecting on the past. I quit drinking over three years ago and I have been dealing with issues that I had numbed and avoided for years. Its great to have this kind of honest, openness and clarity nowadays, but its not always easy. Theres a lot of progress though and its my job to make sure that my kids dont have to make similar mistakes in life that I have made.
How and when were the songs contained in the album born? I wrote the title track when I found out that my father had died in 2013. I was going to include it on “The Eternity Suite” but I decided that it needed its own place. I never imagined that it would take so long to release, but such is life. I had a few other bits written years ago too but I had a long break away from music after “The Eternity Suite” was released, but I kept my notebooks with me all that time. I decided to open them again and finished writing and arranging the album just before the pandemic kicked off.
Why do you define your sound as “lo-fi gothic”? Thats how it sounds to me. As an accurate description of the sound though, not modern genre names.
Instead, how did your collaboration with the Palestinian singer Enas Al-Said start? I came across a cover version of Antimatter, “Flowers”, that Enas had uploaded to Youtube. I commented on it and thats how we met. Then we got chatting and I asked her if she was interested in singing a track on “Grace Road”. Then another, and then the other people who were due to sing on the album dropped out so she ended up singing on every track, along with Alicia Mitchell who did backing vocals on most songs. Im pleased with the way it turned out. They have been a pleasure to work with and theres been no ego bullshit involved. Its refreshing.
“Grace Road” is your second album under the name of Duncan Patterson, you have recorded others with Antimatter, Íon and Alternative 4, but you are often labeled as “Duncan Patterson former member of Anathema”: does it bother you a bit? The Anathema tag, although it has brought me some kind of attention from Anathema fans, it has probably been the bane of my musical career. It is like a curse and a huge amount of people cant see past it. The Anathema fanbase became almost cultish in the years after I quit the band and I received a lot of unhealthy attention from them. On the other hand there are also a lot of people who wont even give my music a chance because of the Anathema connection, so I was getting the worst of both worlds. I like the vibe these days though, since Grace Road was released. Everything is independent and Im receiving a lot of positive feedback from genuinely musical people. Hopefully the death of my ex-band will mean that the curse is finally ending.
2022 will also see the debut release of Antifear, a collaboration with former Anathema singer Darren White. Can you tell me something about this album? We have a large amount of material to work on. Over thirty songs so far. We need to be in the same country to work on them though and hopefully that will be soon now that the pandemic seems to be dying off. Its more punk influenced and guitar-based than anything that I have done for years. “The Eternity” album was hugely influenced by punk, but its not obvious in the way it was played. The Antifear stuff has hints of Hellhammer, The Cure, Fugazi and some good old doom metal in there, but I think people that know my music will recognise my style of writing. Darren is writing most of the lyrics for it and its great to be able to sit back and not worry about that, as Im used to writing everything. We have been working together on the arrangements too which is a nice change.
Going back to “Grace Road”, do you think that in the future you could propose these songs live? This would be great. Who knows what the future holds?
Ospite su Overthewall Luka, leader e fondatore degli Shake Me. Benvenuto!
Il progetto Shake Me nasce come hard rock band nel 2009. Ci parli dell’idea iniziale della band e quali trasformazioni ha subito nel corso di questi anni? Ciao Mirella, è un piacere essere nella tua rubrica Overthewall. Shake Me è nato per caso, era un’estate del 2009 e ricordo come se fosse oggi che stavo ascoltando con piglio quasi annoiato un pezzo dei Savage Garden; esatto quei Savage Garden; i due fighetti australiani di “Truly Madly Deeply”, il pezzo che girava era “Break Me Shake Me”, mi ritrovo a canticchiarlo per tutto il pomeriggio e in parte anche a zompettarlo per casa, dopo poco prendo un foglio A4 e inizio a scarabocchiare un logo con la scritta Shake Me, non sapevo come potesse suonare ma avevo bisogno di un logo vincente e da vecchio appassionato di cartoons anni 80 e di Lamù in particolare, ebbi l’idea della bambolina formosetta creata dal grafico di quegli anni. La sera, telefono al chitarrista partenopeo Joe Nocerino (che qualche anno dopo entra a far parte del progetto “Il Nero” di Gianluigi Cavallo ex voce dei Litfiba! n.d.a.) con il quale avevo iniziato a collaborare pochi mesi prima, comunicandogli che il vecchio progetto era morto e che il nuovo corso sarebbe stato decisamente rock ‘n roll senza fronzoli e volutamente cantato in italiano. Eravamo entrambi gasati per il ritorno sulle scene dei Litfiba con Pelù alla voce e quindi nel giro di pochissimi mesi entrammo in studio per l’esordio de “L’inquietudine”, un disco di robusto rock italiano. Con il passare degli anni sono stato sempre più un uomo solo al comando, con tutti i pro e contro del caso. I pro sono e saranno sempre che il progetto Shake Me morirà solo quando io ne avrò voglia senza rotture di scatole che troppe volte fanno crollare le band. I contro sono soprattutto economici in quanto sono io a metter fuori la grana per ogni singola operazione oltre a non poter condividere con nessuno preoccupazioni e frustrazioni di sorta. Non essendo Vasco o Liga, ti assicuro che essere un solista è dura, fino a quando avrò la forza combatterò senza nessun problema.
Il progetto vanta la collaborazione di grandi musicisti italiani quali Ricky Portera, Alex De Rosso, James Castellano, giusto per citarne qualcuno. E’ stata un’impresa coinvolgere tutti questi grossi nomi ? Il tutto è nato oltre quattro anni fa, volevo dare una sterzata importante al progetto perché vivevo una situazione di stallo e amarezza in quanto la band con la quale stavo scrivendo i pezzi nuovi era andata in malora, per mia scelta aggiungo. Avevo la certezza che suonassi con quei ragazzi perché non riuscivo a trovare di meglio. Quindi tutti a casa e in un momento di coraggio e follia tramite una mia carissima amica entro in contatto con Ricky Portera. La prima volta ci incontrammo a Salerno e fui colpito dalla sua gentilezza oserei dire disarmante. Lo guardavo e pensavo alle hit che aveva scritto con gli Stadio; ancora adesso se ci ripenso mi emoziono. Vivo di emozioni Mirella; mi nutro anche di piccoli dettagli che poi porto per sempre con me. L’appetito vien mangiando e lo stesso feci con Giacomo. Ricordo che lo tempestai di email in una mattinata e alla fine mi diede il suo numero di telefono. Ora posso dirlo ridendoci su, ma non fui esattamente a mio agio a telefono anche se cercai in tutti i modi di essere disinvolto. Tu sei il signor nessuno di Salerno e lui invece si divide i palchi con Pelù, Elisa, Nannini, Raf ecc, capirai che sono cose che un tantino mettono agitazione. Non ne avevo abbastanza e contattai poi il mitico Alex de Rosso. La cosa che racconto spesso ai miei amici è che la prima telefonata che ebbi con Alex durò quasi mezz’ora, probabilmente percepii una persona estremamente empatica che mi lasciai andare e parlammo tanto. Alex è una persona davvero speciale anche lui dotato dell’umiltà che solo i veri grandi posseggono. Consentimi di citare fra i nomi più quotati anche Mark Basile, grande voce dei DGM ma anche eccellente tastierista e arrangiatore. Con Mark ci si conosce da tanti anni anche se poi la prima volta che ci si è conosciuti di persona è stata in occasione di un festival che organizzo a Salerno, il “Rock in Flames” dove i DGM erano gli headliner. Già in quell’occasione capii che con Mark c’era poco da scherzare. Persona davvero affabile ma estremamente professionale. Dalle nostre parti diciamo “due parole sono troppe e una è poca”!
“Lullaby For Demons” è un disco che parla dell’universo femminile; cosa ti ha spinto a scegliere questa tematica? A istinto e in maniera alquanto superficiale ti direi perché adoro le donne; sia in termini estremamente passionali che dal punto di vista del rispetto che ho verso la figura femminile. E’ un lavoro che riesce a ruotare intorno all’essenza femminile traendo spunto da fatti di cronaca nera, di scandali sessuali, disagi esistenziali o perché no il semplice tributo ad un film. Trova spazio naturalmente anche il “semplice” e delicato romanticismo che deve essere sempre un comodo rifugio per ogni ascoltatore che si approccia a delle ballad.
Credi che le donne abbiano realmente conquistato la tanto combattuta parità dei diritti o siano sempre e comunque oggettivizzate dalla società ? Domanda molto interessante che solo una donna poteva farmi e della quale ti ringrazio naturalmente. Ti spiazzerà ciò che sto per dirti ma credo che la donna da qualche anno si sia accorta consapevolmente dell’avere tante frecce al proprio arco. La donna ormai è in pianta stabile in ruoli della società che erano ad appannaggio solo degli uomini; in politica ad esempio il ruggito femminile è forte e imponente; magari io non spingerei troppo il piede su questa storia della parità, in quanto è diritto di una donna poter aspirare a ruoli decisamente maschili, ma ti sono sincero, quando vedo soldatesse in giro per strada dalla fisicità tutt’altro che imponente allora mi chiedo perché: perché la donna deve per forza perdere la propria femminilità pur di competere con il maschio. Mi accennavi al pericolo dell’oggettivizzare ancora le donne. Faccio l’avvocato del diavolo rispondendoti che per me la donna come già ti ho anticipato, ha raggiunto una forza mentale tale da manipolare anche il più astuto dei maschietti. Ecco perché poi entra in gioco la brutale vigliaccheria maschile, espressa in atti di violenza sicuramente superiori agli anni in cui la donna era confinata ai margini della società, ergo inoffensiva. Lasciandoti con una battuta posso affermare che le donne in tailleur sono estremamente seducenti soprattutto quando poi riescono a rapirti con il cervello.
“Lullaby For Demons” E’ stato pubblicato il 29 Ottobre, sono previsti live per promuovere la nuova uscita? Questo è il tasto dolentissimo della faccenda. Cercherò di fartela breve anche perché non amo parlare delle cose che mi mettono stress emotivo. La faccenda è molto semplice, Mirella. Se non sei con un’agenzia di booking e metti fuori un bel po’ di grana non riuscirai mai a entrare in un giro di eventi di un certo tipo. Molti ci provano anche senza soldi ostentando conoscenze e amicizie con musicisti e promoter, che poi alla fine portano a poco. Io non sono contro il pay to play per intenderci; il problema è che le agenzie anno per anno stanno diventando sempre più mercenarie, divorando i sogni di tante giovani realtà che credono di poter calcare palchi importanti. Anch’io ho un’agenzia ma tendo sempre a mettere le cose in chiaro fin da subito. La promozione la farò in tutti i modi possibili, visto il mio progetto estremamente versatile, sarà fatto in qualsiasi modo, set acustici, ospitate in qualsiasi tipo di evento; è un progetto che musicalmente può essere aperto a più strade e devo essere soprattutto paziente e bravo a sfruttarle quando capiteranno, considerando che questo maledetto covid tenderà ancora a influenzare il tutto.
Ti ringrazio di essere stato con noi, ti lascio l’ultima parola! Mi limito a ringraziare ancora una volta te per lo spazio concessomi ed eviterei di fare la lista dei ringraziamenti che fa molto radio partenopea che trasmette i cantanti neomelodici. Seguite la paginetta Shake Me per restare in contatto e scambiare opinioni sul disco o sulla musica in generale, elemento cardine nel costruire buoni rapporti sociali.
Ascolta qui l’audio completo dell’intervista andata in onda il giorno 6 Dicembre 2021
Ospite di Mirella Catena ad Overthewall, Maethelyiah cantante dei The Danse Society.
Come inizia la tua carriera musicale? C’è stato un episodio specifico che ti ha convinta ad intraprendere questo percorso? E’ iniziata per puro caso. In realtà da piccola volevo fare la cavallerizza ma mia madre aveva il terrore dei cavalli e allora non c’è stato verso. Mi sono quindi riversata sulla danza classica e ho iniziato a 4 anni e mezzo. A 5 anni è stata la mia prima volta sul palco. Con la musica è iniziata quando a 12 anni sono arrivata in Inghilterra per la prima volta. Avevo degli amici nuovi che suonavano in un gruppo punk. Il bassista collassò e loro erano disperati perché avevano un concerto la sera dopo. Io vidi il basso buttato da una parte e a orecchio avevo subito trovato le note dei loro brani. Mi hanno subito notato e siccome le parti erano molto facili, mi hanno preso nel gruppo e ho suonato la sera dopo con loro. Ho amato quel concerto profondamente e da allora non ho potuto smettere di militare in gruppi metal, goth, rock, anche se poi sono passata alla voce principalmente.
Hai collaborato con tantissimi nomi di spicco della musica italiana ed estera, nel 2011 diventi la frontwoman dei The Danse Society, una delle band storiche della scena post-punk e dark wave inglesi. Com’è avvenuto l’ingresso nella band? Se la fortuna aiuta gli audaci deve davvero considerarmi un’eroina perché ne ho da vendere. Sono finita con i Danse Society per caso. Era dicembre 2010 e mi era venuta voglia di ascoltarli, allora mi sono messa a cercarli su Youtube. Mi sono imbattuta in un video live che faceva davvero orrore per via dei suoni pessimi, però ho notato tra i commenti uno che diceva che si stavano riformando, al che mi è venuta la curiosità e li contattai sulla pagina Facebook. Mi aveva allora risposto una persona che gestiva la pagina. Al tempo volevo intervistarli per una rivista on line che poi non ho avuto modo di concretizzare, e dopo avermi risposto che avevano registrato interamente il nuovo album della riformazione, il cantante era sparito. Poco dopo, la stessa persona, notando dal profilo che sono cantante mi ha chiesto se mi sarebbe interessato entrare in contatto con loro per rimpiazzare Steve Rawlings e io ovviamente ho detto di sì. Da li abbiamo iniziato a scambiarci i file musicali ed è così nato “Change of Skin”, il primo album dalla riformazione. Poi è pure scoppiato l’amore col Chitarrista Paul Nash che ho successivamente sposato… un po’ come il film Sposerò Simon Le Bon negli anni 80, ma questo è un altro paio di maniche! Evidentemente oltre alla fortuna anche cupido ci ha messo lo zampino.
Oltre a cantare, nei TDS sei anche autrice dei testi. Quali sono le novità che hai portato in questa storica band? I miei testi parlano molto di fantasmi e di intrecci metafisici principalmente. Con Paul Nash tendiamo ad accomodarli con le tracce inserendo anche riferimenti a problemi sociopolitici che attanagliano il genere umano. Il tutto poi condito con gli arrangiamenti del gruppo diventa un minestrone davvero saporito.
So che in in questi mesi stai lavorando alla colonna sonora di un film. Vuoi darci qualche dettaglio? Il film si intitola “Upside Down” ed è scritto e diretto dal regista Luca Tornatore. A dir la verità con lui siamo tornati sulla scena del crimine perché è la seconda volta. “Upside Down” è un film davvero forte perché tratta di tematiche importanti come la discriminazione verso le persone affette da sindrome di down e il modo in cui la società spesso le vede come in difetto. I temi discriminatori sono sempre stati una cosa di cui mi occupo come volontariato a livello giuridico (ho una laura in legge conseguita apposta) e quindi ho sentito il tema molto vicino al cuore. In “Upside Down” io e Paul come Blooding Mask abbiamo quindi composto due brani, “L’Incubo” che aprirà il nuovo album di Blooding Mask “Autopsy of a Dream”, e “The End of Days”. Il primo film invece al quale abbiamo provveduto musica è stato “St@lker” nel 2013, e precisamente con una versione più aggiornata del celebre brano “Come Inside”. Inutile dire la mia emozione quando nel mezzo del film si vede la scena del cinema e parte il nostro brano. Brividi… anche solo a pensarci!
Tu vivi in Inghilterra, come avete affrontato la pandemia e com’è la situazione riguardo gli spettacoli dal vivo? E’ stata un’autentica carneficina. Eravamo di ritorno dal festival belga di Porta Nigra il 7 Marzo 2019 quando passato il tunnel siamo finiti dritti in lockdown. Io sono sicura di aver beccato il covid quando stavamo andando in Belgio infatti, perché avevo una stanchezza molto anomala e il fiato corto sul palco, cosa mai successa prima. Ricordo che guidavo perfettamente nei limiti di velocità e i membri del gruppo mi prendevano in giro come se guidassi da novantenne. Io sono stata al gioco ma ero davvero sfinita! Arrivata poi in Belgio non ricordo neppure di aver messo la testa sul cuscino. Paul ha contratto il covid appena siamo tornati ed è stato malissimo per due settimane. La prima era bianco come un cadavere pieno di dolori e si alzava a mala pena, ma respirava bene e allora l’ho lasciato dormire e nutrito tenendolo d’occhio costantemente. Per il resto era tutto un aprire le finestre e passare la vaporiera tutto intorno casa. Mio suocero purtroppo morì la settimana successive perché il governo inglese sciaguratamente lasciò che i malati di covid venissero spostati dagli ospedali alle case di cura, inclusa quella dove si trovava lui. Abbiamo poi avuto qualche amico deceduto e molti contagiati. In ogni caso non possiamo davvero chiamarlo lockdown perché da noi era uno scherzo, ognuno faceva davvero come gli pare, fintanto che non ci si allontanava spropositatamente da casa. Avevamo l’ora d’aria come i carcerati ma siccome nessuno controllava, con la scusa che il tempo è stato stranamente molto bello, eravamo tutti al mare.
Avete avuto la possibilità di esibirvi dopo il lockdown? Noi, con Inertia, Black Light Ascension e The Frixion siamo stati i primi pazzi ad andare in tour esattamente a lockdown calato. La gente aveva paura. Mi dicevano tutti che ero una pazza perché non mi posso vaccinare e che mi stavo imbattendo in una missione suicida. Il batterista Tom e il tastierista Sam si sono ritirati poco prima del tour per paura di contrarre il virus nonostante fossero vaccinati. Sono stati rimpiazzati in meno di due settimane dal tour da Jonathan Housbey alle tastiere e Dylan Ryley alla batteria. Il bassista Jack purtroppo stava male e anche lui è stato rimpiazzato (ma solo temporaneamente) da Billy Bostanci. Io francamente alla paura preferisco vivere. Osservo le precauzioni, non mi ammucchio, osservo le necessarie norme igieniche naturalmente, anche se qualche abbraccio dopo concerto non l’ho rifiutato. Alla fine come dicevo prima, la fortuna aiuta gli audaci!
Cosa c’è nel futuro di Maethelyiah? Tantissime cose. Non ho ancora deciso se altri studi seguiranno la mia laurea. Di sicuro ho troppa musica nuova per pensare a molto altro. Continuo la mia attività di volontariato legale verso vittime di violenza domestica e per i diritti degli animali. Forse ci scapperà un nuovo libro. In futuro vorrei dipingere ma nell’immediato ci vedo solo musica, concerti e creazioni video. La devo smettere di fare troppe cose perché mi piace anche dormire.
Per celebrare il loro 40° anniversario, i The Danse Society, hanno pubblicato “Sailing Mirrors”. Per noi è stata una buona occasione per fare una ricca panoramica sulla carriera di una delle più importanti band della new wave insieme al fondatore Paul Nash e alla cantante italiana Maethelyiah.
Benvenuto Paul, mentre scrivo le domande ascolto la mia prima stampa di “Heaven Is Waiting”. Cosa ricordi di quegli anni? Paul: Grazie mille per avermi invitato a fare questa intervista – sei molto gentile e desidero fare un enorme ringraziamento a tutti voi là fuori che supportate la band – ci fate andare avanti in questi tempi difficili! Ebbene 37 anni fa eravamo in studio con Nigel Gray al Surreysound, entusiasti perché era il produttore di Siouxse ed era il nostro primo grande studio / produzione a seguito del nostro importante contratto discografico appena firmato. Sfortunatamente non ha funzionato come volevamo e alla fine siamo tornati ai RAK Studios con Kingbird (Ian Broudie) per ri-registrare e remixare l’album. Ian è stato il nostro salvatore e ha apportato un grande cambiamento al disco che poi sarebbe stato pubblicato come “Heaven is Waiting”. L’unico vantaggio di essere su un’etichetta importante era che potevamo permetterci di farlo e ci hanno supportato perché volevano che fosse anche “fatto bene”. Ancora una volta, per sfortuna, il nostro principale sostenitore all’interno dell’Arista, l’A&R che ci aveva fatto firmare, si accasò presso un’altra etichetta e da quel momento in poi siamo diventati solo un altro nome nel roster, fare un singolo di successo o andare via era la regola del gioco. Ero comunque eccitato all’idea che il mondo ascoltasse “Heaven is Waiting” – ne sono ancora molto orgoglioso oggi – senza voler apparire troppo vanitoso penso che sia un grande disco e resista bene alla prova del tempo.
Quest’anno festeggiate il vostro 40 ° anniversario, come è cambiato il mondo, la tua musica e il music biz dalla vostra fondazione? Paul: Grande domanda! Sono cambiate così tante cose: da dove cominciare? Basti pensare all’industria musicale in generale, all’epoca si trattava solo di far uscire un disco (vinile) per farne uno show lo alla radio nazionale e se si era abbastanza fortunati ottenere un posto nell’unico programma televisivo musicale Top of the Pops. Ora l’industria è incentrata sullo streaming, il prodotto fisico non è importante, contano la presenza sui social media per avere una partecipazione all’ultimo programma televisivo (di cui ce ne sono migliaia) e spesso se una canzone è meravigliosa, l’album non conta, è tutto incentrato sul singolo e poi… nulla. Ovviamente ci sono abbastanza “vecchietti” che amano ricordare i tempi passati, ma mi chiedo come le generazioni future guarderanno indietro al business di adesso e come potranno ascoltare la musica. Con il passare degli anni i cataloghi diventano sempre più grandi, ogni anno viene rilasciata sempre più musica nel mondo e diventa sempre più difficile sfondare. Fortunatamente abbiamo un leggero vantaggio che ci viene garantito dall’essere in giro da così a lungo e abbiamo costruito un seguito fedele verso il quale siamo molto grati. Per quanto riguarda la nostra musica, continua ad evolversi per cui sono sempre molto entusiasta di sentire cosa verrà dopo. Ci sono alcune sorprese su “Sailing Mirrors” e sono sicuro che ce ne saranno alcune anche nel prossimo album. Da quando abbiamo iniziato negli anni ’80 non riesco a trovare due dischi che abbiamo fatto che suonino allo stesso modo. Sto ancora esplorando il mondo della musica e mi eccito tanto quanto chiunque altro quando sento qualcosa di nuovo e diverso. Quando le band suonano gli stessi suoni e iniziano a ripetersi, è il momento in cui perdo l’entusiasmo.
Quanto è stato importante il ruolo di John Peel per il vostro successo? John Peel era una leggenda: prima ancora di averci passato nel suo spettacolo e offerto serate a Londra, ascoltavamo tutti religiosamente ogni suo spettacolo. Ascoltavamo per scovare qualche nuova band o un brano, era l’unico modo per cogliere l’onda di ciò che stava accadendo ed erano tempi emozionanti, la fine del punk l’inizio del post punk, la new wave, l’inizio della musica elettronica e l’ascesa del synth. Mi vengono ancora i brividi a pensarci. Senza di lui sono sicuro che ci sarebbe voluto molto più tempo per raggiungere il nostro pubblico e costruire un seguito, e i ricordi legati alle sessioni di registrazioni al Maida Vale sono molto speciali. Ascoltare la trasmissione e trovare te stesso è stato strabiliante. Ho adorato lo show di John Peel e mi sento molto privilegiato ad averne fatto parte.
Tre dischi tra il 1982 e il 1984, poi il silenzio: cosa è successo veramente dopo l’uscita di “Looking Through”? Paul: “Looking Through” non era altro che una serie di demo buoni per cercare di ottenere un accordo dopo che era finita con l’Arista e ci siamo approcciati a Virgin e Warner, ma non è mai venuto fuori nulla – le frustrazioni sono arrivate e tutto è andato in pezzi. A quel punto eravamo abituati allo stile di vita delle rock star, ma non lo eravamo mai stati veramente e così alla fine Steve se ne andò per fare cose per i “Society” a Londra prima di andarsene a LA; noi provammo a raccogliere i pezzi e reclutammo Mark Copson dai Music for Pleasure (la vecchia band di Dave Whittaker) e registrammo un intero album. Abbiamo fatto alcuni concerti con il nome The Danse Society prima di cambiarlo in Johnny in the Clouds – poi tutto si è interrotto di nuovo, mi sono messo così a registrare del materiale con Andy O dei Blue Zoo. Poi sono entrato a far parte dei Party Day quando ormai avevo perso la gioia per la musica, originariamente producendoli e poi unendomi a loro come chitarrista, il che è stato fantastico perché abbiamo suonato molti concerti energici. Dopo di che avevo bisogno di lavorare, quindi ho trovato un impiego come gestore di un negozio di fumetti e ho fatto vendita al dettaglio per la Whil, prima di riqualificarmi in ambito informatico e insegnare.
Il vostro album di ritorno, “Change Of Skin”, è uscito, dopo 25 anni, nel 2011 con un tocco di Italia: la cantante italiana Maethelyiah: come sei entrato in contatto con lei? Paul: All’inizio non sapevo del suo coinvolgimento – Dave ha detto che aveva dato alcuni brani a una cantante per provare e io ero disponibile a dargli un ascolto. Ovviamente eravamo tutti frustrati dal fatto di non essere in grado di entrare in contatto con Steve, ma sapevamo tutti che non sarebbe successo più successo dopo sei mesi in eravamo rimasti bloccati con 13 grandi canzoni senza voce. Sono stato felicissimo quando ho sentito la voce nelle tracce che finalmente erano state ultimate, il sound era tornato e avevamo una cantante fantastica. Maeth: Ho contattato la band perché all’epoca stavo lavorando per un pezzo di un blog musicale, che non ho mai avuto il tempo di pubblicare. Mi sono imbattuta accidentalmente nei TDS sul Tubo e ho trovato un commento che menzionava il loro ritorno, quindi mi sono messa in contatto con la band sulla loro pagina FB. Chiacchierando, la persona che la gestiva mi ha detto che il nuovo album “Change of Skin” era stato completamente registrato, ma anche che Steve era scomparso dopo aver registrato una traccia. Ha notato che stavo già cantando “Blooding Mask”, quindi mi ha chiesto se sarei stata felice di essere messa in contatto con la band per sostituire Steve, se tutti fossero stati favorevoli. Ovviamente ho accettato e abbiamo iniziato a scambiare file dal gennaio 2011. Alla fine il 17 aprile 2011 ci siamo incontrati tutti e la notizia è stata data ufficialmente. Da allora è stata un’avventura fantastica. Non abbiamo idea di cosa sia successo a Steve e spero che stia bene. Sono contento che abbiano scelto me. Nessun cantante maschio avrebbe potuto gareggiare con la presenza e la creatività di Steve ed era tempo di evolversi in qualcosa di originale. Sempre più pubblicazioni vanno oltre il genere da quando lo abbiamo fatto anche noi. Il dottor Who e 007 stanno aprendo le porte alle reincarnazioni femminili. Sconfigge la prevedibilità e si tuffa nell’infinito. Orgasmico!
Cosa ricordate del vostro concerto al Wave-Gotik-Treffen nel 2012? Paul: Ricordo che è stato piuttosto snervante perché era passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci eravamo esibiti di fronte a un vasto pubblico, ma una volta che siamo arrivati lassù, l’ho adorato: è stato molto divertente. Penso che la risposta sia stata piuttosto positiva anche se sapevamo che ci sarebbero stati alcuni detrattori a causa della mancanza di Steve. Guardando il video ci sono stati alcuni deludenti problemi audio, ma è stato veramente bello tornare su un grande palco. Maeth: È stata un’esperienza positiva e cattiva. Bene perché i fan tedeschi sono magnifici e la gestione è stata fantastica. Pessimo perché in qualche modo abbiamo avuto problemi con il suono sul palco e abbiamo finito per suonare con metà della band. Le tastiere erano troppo basse e le chitarre troppo rumorose. Sembravamo una band metal. Personalmente mi sono divertita molto. Mi sono sentita la benvenuta. Sono molto grata anche se non abbiamo suonato al meglio.
Potreste presentare la vostra formazione attuale? Maeth: Membro fondatore e chitarrista Paul Nash, Maethelyiah alla voce solista, Tom Davenport alla batteria, Jack Cooper al basso e Sam Bollands alle tastiere. Abbiamo anche un altro membro che ci sta aiutando a suonare strumenti aggiuntivi e si chiama Jono (Jonathan, anche nella band Momento Mori). Paul: Un branco di bastardi!
Il 2020 è l’anno del vostro settimo album, “Sailing Mirrors”, come è nato? Maeth: Dopo cinque anni dalla pubblicazione di “VI” e dopo aver dovuto sostituire il nostro batterista Iain Hunter con Joss Rylance, abbiamo finalmente consolidato la band con Tom Davenport alla batteria. Tom è anche un ottimo autore. Così abbiamo deciso di lanciare tutte le demo inedite, vecchie e nuove e ascoltarle tutte. Alla fine avevamo materiale per un doppio album. Tuttavia, con il lockdown abbiamo dovuto congelare il nostro tour europeo, quindi abbiamo deciso che quest’anno sarebbe stato uno spreco totale e abbiamo deciso di pubblicare solo una selezione di canzoni. “Sailing Mirrors” ha vinto per il titolo. Viene da un demo inedito che ho scritto nel ’98 e che l’intera band, incluso l’ex tastierista David Whitaker, ha reso assolutamente speciale. Sono molto orgoglioso di “Sailing Mirrors”. Le recensioni che stiamo ricevendo affermano che è il migliore finora.
Goth, punk, post-punk, orchestrazioni, DnB e blues: è questo il vostro album più vario? Paul: Non lo so – personalmente penso che suoni omogeneo ma capisco quello che dici, tuttavia è sempre stato così – tutti ascoltiamo una vasta gamma di stili musicali e tutti mettiamo quelle influenze nel crogiolo. Chissà cosa potrebbe venire ancora fuori. Per il bene dell’album non deve esserci un genere o uno stile specifico Perché sarebbe noioso. Maeth: Ogni membro della band porta le proprie vibrazioni. Veniamo tutti da un background musicale diverso. Vengo dall’opera e dalla darkwave, ma collaboro anche con band prog e metal. Paul è un vero maestro del post punk il cui stile influenza ancora molti chitarristi più giovani, ma ama anche il jazz e non ha restrizioni di genere. Jack è estremamente talentuoso e ama il funk. Sam è un magnifico pianista classico che mi ha fatto piangere anni fa a teatro quando ha eseguito “Jesus Christ Superstar” con un locale compagnia teatrale. Tom ha un enorme archivio degli anni ’70 ed è estremamente versatile e suona anche la chitarra acustica. Tutti loro, tranne Sam, hanno voci fantastiche. Sono fortunata!
Avete testato le nuove canzoni sul palco prima del blocco? Maeth: Abbiamo suonato “Kill U Later”, “Valerio’s Theme” e “Pill of Delusion” (che non è inclusa nell’album) durante il nostro tour europeo in Portogallo, Finlandia, Paesi Bassi e nel Regno Unito. Sono il collegamento tra la vecchia e la nuova generazione di sostenitori e siamo stati fortunati a vederli “ballare” insieme ai nostri concerti!
La mia ultima domanda non riguarda i The Danse Society: alcuni anni fa sono stato uno dei fortunati presenti al primo concerto dal vivo de Il Segno del Comando a Genova con Maethelyiah, come ospite. Cosa ricordi di quella serata magica? Maeth: Il Segno del Comando è una band fantastica! Diego è un mio amico di lunga data, forse da una vita precedente. Diego, Fernando e Roberto condividono già il mio altro progetto Blooding Mask dal 2010 quando siamo stati insieme in tour nel Regno Unito. Il concerto a La Claque è stato incredibile. Il Segno del Comando è un’altra band che non ha paura di sperimentare voci maschili e femminili. Condividere il palco con Riccardo è stata una gioia totale. Sono tutti musicisti incredibili e amici fantastici. Paul e io abbiamo davvero adorato quel concerto! Ci è piaciuto così tanto che abbiamo preso parte anche al loro ultimo album. La Brexit è una stronzata. Non crediamo nei confini. Paul: Sono così felice che tu l’abbia visto – suonare con quei fantastici musicisti è stato un privilegio, così come ricevere la richiesta di essere uno degli ospiti nei loro ultimi due dischi – sono un ragazzo così fortunato! Che possa continuare a lungo.
To celebrate 40th anniversary, The Danse Society released “Sailing Mirrors”. A good opportunity to get a rich carreer overview of one of the most important new wave bands together with the founder Paul Nash and the Italian singer Maethelyiah.
Welcome Paul, I’m writing my questions and listening to my first press copy of “Heaven Is Waiting”. What do you remember about those years? Paul: Thank you so much for inviting me to do this interview – you are very kind and I wish to a massive thank you to all of you out there who support the band – you keep us all going in these troubled times! Well 37 years ago we were in the studio with Nigel Gray at Surreysound, excited as he was the producer for Siouxse and it was our first big studio/production for our newly signed major record deal. Unfortunately it didn’t quite work out as we wanted and we ended up going back into RAK studio with Kingbird (Ian Broudie) to re-record and remix the album. Ian was our savior and made a real change to the record that was to be released as ‘Heaven is Waiting’. The one advantage of being on a label was that we could afford to do that and they supported us as they wanted it to be ‘right’ too. Again as luck would have it, our main supporter at Arista and the A&R man who had signed us, then departed to another label and from that point on we were just another act on the roster, make a hit single or get out was the basic attitude. I was excited though for the world to hear ‘Heaven is Waiting’ – I’m still very proud of it today – without sounding too big headed I think it’s a great record and stands the test of time.
This year you are celebrating your 40th anniversary, how is changed the world, your music and the music biz from your foundation? Paul: Big Question! So much has changed – where to start? Just think of the music industry in general, back then it was all about getting a record out (vinyl) getting a play on national radio and if you were lucky enough getting a spot on the only music TV programme Top of the Pops. Now the industry is all about streaming, physical product is not important, social media presence, getting your music on the latest TV show (of which there are thousands) and often it’s one song wonders, albums don’t matter, its all about the one song and then…gone. Of course there are enough ‘oldies’ about to remember the times past but I wonder how future generations will look back on the business now and how they might listen to music. As years go by the catalogues get larger, every year more and more music is released into the world and it gets harder and harder to break through to more people. Fortunately we have a slight advantage in being around for so long we have built a loyal following for which we are very grateful. As for our music it continues to evolve for which I am always very excited to hear what will come next. There are a few surprises on Sailing Mirrors musically and I am sure there will be a few different ones on the next album. Even back when we first started in the 80s I can’t think of two records we did that sounded the same. I am still exploring the world of music and get just as excited as anyone else when I hear something new and different. When bands play to the same sounds and begin to repeat themselves that’s when I switch off.
How was important the role of John Peel in your success? Paul: John Peel was a legend – before we even got to be played on his show and offered sessions in London we all listened religiously to every show. Listened to hear some new gem of a band or tune, it was the only way to catch the wave of what was happening and it was exciting times, the end of punk the start of post punk, new wave, the beginning of electronic music and the rise of the synth. It gives me shivers now to think about it. Without him I am sure it would have taken much longer to reach our audience and build a following, and the memories of recording the sessions at Maida Vale were very special. Listening to the broadcast and hearing yourself was mind blowing. I loved the John Peel show and feel very privileged to have been a part of it.
Three records between 1982 and 1984, after the silence: what is really happened after the release of “Looking Through”? Paul: Looking Through was only a set of demos to try and get a deal after being dropped by Arista and we got close with Virgin and Warners but it never came off – frustrations set in and it all fell apart. We were used to the rock star lifestyle by then, but it wasn’t meant to be and eventually Steve left to do the ‘Society’ thing in London before going to LA, and we were left to try and pick up the pieces, first we recruited Mark Copson from Music for Pleasure (Dave Whittaker’s old band) and recorded an album’s worth of tracks. We did a few gigs with the Danse Society name before eventually changing it to ‘Johnny in the Clouds’ – then it all broke down again, I was left recording some material with Andy O from Blue Zoo. I then joined local band ‘Party Day’ having missed the fun of music, originally producing them and then joining them as guitarist which was great playing a lot of loud energetic gigs. After that I needed to work so got a job managing a comic shop and did retail for while before retraining in IT and teaching.
Your comeback album, “Change Of Skin”, was released, after 25 years, in 2011 with a touch of Italy: the Italian singer Maethelyiah: how did you get in contact with her? Paul: I had no knowledge of her involvement at first – Dave said he’d given a few tracks to a female singer to have a go at and would I be prepared to give them a listen. Of course, we were all frustrated with no being able to get hold of Steve but we all knew that wasn’t going to happen after 6 months so we were stuck with 13 great tracks with no vocals. I was delighted when I heard the voice on the tracks it finally had all come together, the sound was back and we had an awesome vocalist. Maeth: I contacted the band because at the time I was working on a music blog magazine, which I never had the time to publish. I accidentally bumped into TDS on The Tube and found a comment mentioning the reformation, so I got in touch with the band on their FB page. Chatting with the person who was managing it, she said that the new album “Change of Skin” was fully recorded but also that Steve disappeared after recording one track. She noticed I was already singing with “Blooding Mask” so she asked me if I was happy to be put in touch with the band to replace Steve if everybody was happy. Of course I accepted and we started exchanging files since January 2011. In the end on the 17th April 2011 we all met up and the news was officially given. Since then it has been a fantastic venture. We have no idea what happened to Steve and I hope he’s ok. I am glad they chose me. No male singer would have competed with Steve’s presence and creativity and it was time to evolve into something original. More and more releases are going beyond the genre since we did. Dr Who and 007 are opening the doors to female reincarnations. It defeats the predictability and dives into infinity. Orgasmic!
What do you remember about you gig at Wave-Gotik-Treffen in 2012? Paul: I remember it was quite nerve wracking as I had been quite a while since we had been in front of a large audience but once we got up there I loved it – so much fun. I think the response was pretty positive although we knew there would be a few detractors because of the lack of Steve. Watching the video back there were a few sound issues which was disappointing but it was so good to back on a big stage. Maeth: It was a good and a bad experience. Good because German supporters are magnificent and the management was awesome. Bad because somehow we had issues with the sound on stage and we ended up sounding like half the band. The keyboards are far too low and the guitars far too loud. We sounded like a fully metal band. I enjoyed myself a lot personally. I felt welcome. I am very thankful even though we didn’t sound at our best.
Could you introduce your actual line up? Maeth: Paul Nash founder member and guitarist, Maethelyiah on lead vocals, Tom Davenport on Drums, Jack Cooper bass and Sam Bollands on Keys. We also have an additional member who’s helping us out playing additional instruments and his name is Jono (Jonathan, also from the band Momento Mori). Paul: Bunch of bastards!
2020 is the year of your seventh album, “Sailing Mirrors”, how is born? Maeth: After five years since we released “VI” and after having to replace our drummer Iain Hunter with Joss Rylance, we finally consolidated the band with Tom Davenport on Drums. Tom is also a very good songwriter. So we all decided to throw all unreleased demos, old and new and listen to all of them. In the end we had material for a double album. However, with lockdown we had to freeze our European tour, so we decided this year wasn’t going to be a total waste and decided to only release a selection of songs to record and release. Sailing Mirrors won the title. It comes from an unreleased demo I wrote in ’98 and that the whole band, including ex keyboard player David Whitaker made absolutely special. I am very proud of Sailing Mirrors. The reviews we are receiving are claiming it is the best so far.
Goth, punk, post-punk, orchestrations, DnB and blues: is this your more various album? Paul: I don’t know – I think it sounds consistant personally but I get what you are saying however its always been that way – everyone listens to a wide range of musical styles and everyone puts those influences in the melting pot. Who knows what might come out. The best stuff makes to the album it doesn’t have to be a specific genre or style that would be boring. Maeth: Every band member brings his own vibes. We all come from different music background. I come from Opera and darkwave, but I also collaborate with prog and metal bands. Paul is proper post punk master whose style still influences many younger guitarists but he also loves Jazz and has no genre restriction. Jack is an extremely talented and loves funk. Sam is a magnificent classic pianist who got me in tears years ago in theatre when he performed Jesus Christ Superstar with a local theatre company. Tom has a huge 70s archive and is extremely versatile and plays acoustic guitar as well. All of them, except for Sam, have fantastic voices. I am lucky!
Did you check the new songs on stage before the lockdown? Maeth: We performed “Kill U Later”, “Valerio’s Theme” and “Pill of Delusion” (which is not included in the album) during our European Tour in Portugal, Finland, Netherlands and in the UK before. They are the connection between older and newer generation of supporters that we were lucky to watch “dancing” together at our gigs!
My last question is not about The Danse Society: some years ago I was one of the lucky people at first live gig of Il Segno del Comando in Genoa with Maethelyiah, guest appearance. What do you remember about that magic evening? Maeth: Il Segno del Comando is a fantastic band! Diego is a long friend of mine, possibly from a previous life. Diego, Fernando and Roberto already share my other project Blooding Mask since 2010 when we toured the UK together. The gig at La Claque was incredible. Il Segno del Comando is another band not afraid to experiment male and female vocals. Sharing the stage with Riccardo was a total bliss. They are all incredible musicians and awesome friends. Paul and I really loved that gig! We enjoyed it so much we took part of the latest album as well. Brexit is bullshit. We don’t believe in borders. Paul: So glad you saw that – getting to play with these fantastic musicians is a privilege as was being asked to guest on the last two records – I’m such a lucky boy! Long may it continue.