Quantità e qualità certe volte possono coesistere senza esse una l’opposta dell’latra. Questo accade con la one-man black metal band Iscuron, capace di aprire (con “The Nothing Has Defeated Atreyu”) e chiudere (con “The Pursuit of Unhappiness”) l’anno con ben due dischi, entrambi di ottima fattura.
Ciao Iscuron, hai iniziato e finito il 2021 rilasciando due album, è stata una scelta pianificata oppure si è trattato di un caso?
Un caso. Per varie ragioni di post-produzione, è passato un po’ di tempo da quando ho ultimato la produzione del primo album a quando l’ho effettivamente pubblicato. In quel lasso di tempo stavo già componendo le canzoni del nuovo album. In generale non mi do alcun tipo di obiettivo in termini temporali e non ho strategie, è un’attività no-profit nel senso letterale del termine: quando ritengo che un album sia pronto, semplicemente lo pubblico. Non suonando dal vivo e facendo tutto da solo, le tempistiche sono inoltre molto compatte: oggi, a due settimane dall’uscita del nuovo album, sto già lavorando ad alcuni riff dell’album successivo.
Credi che sia possibile riscontrare delle differenze o, addirittura, un’evoluzione tra “The Nothing Has Defeated Atreyu” e “The Pursuit of Unhappiness”?
L’obiettivo auto-imposto per “The Pursuit of Unhappiness” è stato quello di migliorare alcuni aspetti specifici del primo album, non ho pianificato una ricerca di evoluzione generale. Ho proattivamente ricercato un drumming migliore ed una maggiore presenza delle chitarre. Ascoltato il lavoro ultimato in realtà ho anche osservato un miglioramento nella struttura delle canzoni: mi sembrano più varie e meglio strutturate. Credo che, a meno che ci si auto-imponga programmaticamente di non cambiare una virgola, una certa dose di evoluzione tra un album e l’altro avvenga inevitabilmente, addirittura inconsapevolmente.
Entrambi i titoli dei tuoi dischi sono persuasi da un velo di malinconia, se non di fatalismo: non c’è nessuna speranza per l’uomo?
Di tanto in tanto devo curare la depressione e in generale ho una personalità depressiva anche quando “sto bene”. Consapevole del condizionamento di questo sulla visione che ho di me stesso e dell’umanità, mi ritengo una persona molto lucida. Quello che osservo mi porta a ritenere la direzione generale attualmente scelta dall’umanità come latrice di infelicità per la maggioranza. In verità io auspico per me stesso e per la collettività una ricerca della felicità coronata da successo, auspicare il contrario sarebbe probabilmente contro la stessa natura umana. Temo tuttavia che non saranno le generazioni attualmente in vita a godere degli effetti di un eventuale cambio di direzione che, peraltro, ancora non intravedo nemmeno nelle intenzioni. Quindi sono pessimista più che fatalista.
In questo contesto l’arte in generale e i tuoi dischi in particolare quale funzione hanno?
Esprimere con un linguaggio atmosferico, metaforico e visuale quello che un linguaggio comunicativo diretto non potrebbe esprimere altrettanto efficacemente e immediatamente. Per chi vede le cose come me credo ci siano mix di sensazioni, atmosfere, sentimenti che senza un linguaggio comunicativo artistico sia quasi impossibile comunicare nel loro insieme in un unico output e in tempistiche comunicative “immediate”. La musica o un quadro, ad esempio, lo possono fare. Un linguaggio scritto o parlato, come un libro ad esempio, lo possono fare, ma servono tempistiche più lunghe per assimilare il messaggio nel suo insieme. Chi ha sofferto di depressione, ironicamente io direi chi ha la sfortuna di percepire le cose come sono davvero, credo condivida con me la difficoltà a descrivere le proprie sensazioni se non come un mix di componenti difficile da dipanare.
Hai scelto una forma di black metal che unisce anche alla base estrema la musica sinfonica e quella medievale. Cosa ti attira della musica del passato e perché credi che questa si sposi bene con un genere estremo come il black?
Dal mio punto di vista la musica è principalmente la creazione condivisibile di un’atmosfera, la vedo come un’esperienza atemporale. Io cerco sempre di utilizzare qualunque “ingrediente” musicale (strumenti, melodie, arrangiamenti) che ritengo possano contribuire a creare l’atmosfera che ho in mente. Siano tali ingredienti attinti dal metal, dalla musica classica, folk o addirittura elettronica, di qualunque epoca. Il mio obiettivo è il risultato atmosferico complessivo a tutti i costi. Il black metal per me si presta a contenere diversi elementi proprio in quanto atmosfericamente estremo, potenzialmente si può sposare bene con qualunque cosa se c’è un’intenzione atmosferica ben armonizzata. A rischio di risultare “blasfemo” credo che il black sia indiscutibilmente nato dal rock e dal metal ma che se ne sia poi distaccato, è un genere a sé stante, un contenitore atmosferico. Io ascolto praticamente solo black metal da ormai oltre 25 anni, ma non mi sento parte di un ambiente “rock”, anzi tale ambiente addirittura è arrivato ad infastidirmi.
Iscuron è una one man band, quanto è difficile per una persona sola creare una musica così ricca di sfaccettature?
La difficoltà principale è che per una persona sola (o quantomeno per me in particolare) è impegnativo eccellere in ciascuna delle componenti. Di conseguenza è necessario operare delle scelte ed investire nell’apprendimento e nel miglioramento di componenti specifiche per ogni album. Il miglioramento complessivo richiede quindi tempo e procede passo a passo. Si vive quindi in una condizione di insoddisfazione permanente e serve pazienza verso sé stessi. Al momento la mia lista di cose da migliorare è lunga ma non include, intenzionalmente, la produzione. Potrei permettermi di esternalizzare mix e master a persone più competenti di me, ma mi sembrerebbe come ritoccare con Photoshop una foto o un dipinto. Scelta lecita, ma non la mia scelta.
I brani del nuovo disco sono collegati da un concept o comunque da un filo comune?
Non nelle mie intenzioni per questi primi due album. Musicalmente per me ogni canzone è stata un viaggio atmosferico a sé stante. Forse i testi possono involontariamente risultare più collegati tra loro in quanto, seppur trattandosi di metafore in ambientazione fantasy, riflettono la mia visione delle cose. Ed essa che va al di là della mia volontà.
Mi soffermerei su “Europa”, un titolo che si discosta dagli altri: di che parla questa canzone?
Sarò di parte, ma ritengo che il mix di natura, architettura, cultura, arte e fascino in generale che c’è in Europa è unico al mondo e i flussi turistici lo dimostrano oggettivamente. In questa canzone espongo il mio punto di vista sul motivo: l’eterno conflitto tra i diversi popoli che caratterizza la storia di questo continente. In forme e modalità differenti a seconda dell’epoca storica in Europa c’è una guerra costante. Proprio questo eterno conflitto secondo me genera bellezza. Al contrario l’armonia, soprattutto se artefatta o addirittura ipocrita, genera staticità e declino. Spero il conflitto non si plachi.
Possiamo aspettarci a breve un altro disco oppure dopo la doppietta in un anno ti fermerai per una pausa creativa?
Non mi pongo alcun obiettivo e non faccio previsioni di tipo temporale, posso dire che sto già cominciando a comporre nuove canzoni. La parte creativo-compositiva, tra le tante cose da fare in un progetto solista, è la mia parte preferita e quindi mi aspetta comunque un periodo piacevole.
