Alldways – Segni sulla pelle

I tuoi abbracci segnano la pelle” (Scatti Vorticosi Records / Metaversus PR) è il titolo scelto dai torinesi Alldways per la raccolta brani rivisitati (più un inedito) uscita il 16 giugno. Un’opera che rilegge la ventennale storia dei piemontesi in modo ecclettico e che apre una finestra sul futuro del gruppo.

Benvenuti, è da poco fuori “I tuoi abbracci segnano la pelle”, una raccolta di nove brani del vostro repertorio ri-arrangiati e un inedito. Cosa vi ha spinto a pubblicare un album antologico?
Ciao a tutti! Dunque, abbiamo deciso di pubblicare questo album circa due anni fa. L’idea è nata dalla nostra voglia di voler dare ad alcune canzoni del passato, una nuova vita. Alcuni di questi brani, a nostro parere, non avevano avuto la giusta luce, la giusta prospettiva durante la composizione, ciò dovuto probabilmente alla nostra fretta, all’urgenza di espressione che era tipica della nostra giovane età, al tempo. Nonostante ciò i testi sono rimasti invariati perché anche a risuonarli, li troviamo tutt’ora contemporanei.

E’ stata dura individuare nove brani che riassumessero i vostri 20 anni di carriera?
Sì, ogni brano ha una storia e un ricordo legato ad essa. Ne avremmo potuti scegliere altri, ma alla fine, anche per una questione di coerenza con il percorso fin qui fatto, abbiamo voluto scegliere uno o due brani per disco, mantenendo così un filo conduttore cronologico.

Come vi siete mossi in fase di ri-arrangiamento?
Siamo partiti dalla scelta dei testi a cui siamo maggiormente legati e che volevamo riproporre, ci siamo poi concentrati sulla musica e sulle linee vocali. Per cause di forza maggiore, questo ha comportato lo stravolgimento di alcune canzoni anche perché per i primi otto anni, la voce del gruppo è stata una donna (Fede, ma poi anche Marta, Valentina, Monica).

Qual è il brano che, secondo voi, esce maggiormente rivoluzionato in questa nuova veste?
Probabilmente “I’m Ready to Go”, tratto da “R.evolution” del 2009. Il testo narra di temi attuali, come l’alienazione da social (al tempo c’era Myspace e il primo Facebook) e della voglia di evadere dalla città. La musica e le parti vocali sono state totalmente stravolte, per dare risalto alle parole e alla velocità del brano.

Mentre, qual è quello più fedele all’originale?
Forse “Senza lacrime”, che abbiamo cercato di rendere più diretta e compatta, scarnificando un po’ la durata e le parti strumentali. La struttura e la linea vocale, invece, sono abbastanza fedeli all’originale.

Passiamo ora alla traccia inedita, “Parassiti del benessere”: come è nata?
E’ nata ad inizio 2020, prima dell’inizio della pandemia, l’avevamo registrata nella nostra sala in qualità di demo, poi vedendoci tre-quattro mesi dopo, ha preso una forma definitiva trovando anche la strofa finale del testo, che ci era mancata nei mesi precedenti. L’essenza del testo è una dichiarazione d’amore, non ad una persona, ma a Torino, il posto in cui siamo cresciuti e a cui siamo profondamente legati. Nella seconda parte, abbiamo voluto portare l’attenzione a ciò che quotidianamente dimentichiamo e distruggiamo del mondo che ci circonda e della casa che abitiamo. Questa canzone è una lettera che scriviamo a noi stessi, ai giovani che siamo stati vent’anni fa.

Cosa presenta questa canzone di inedito rispetto al vostro repertorio classico?
La struttura è diversa, la scrittura “strofa-ritornello” non faceva molto parte di noi. Eravamo sfuggenti, in questo senso, il testo era sintetico e compatto e non c’era “respiro” nel brano, elemento che in quest’ultimo testo abbiamo invece voluto inserire. Le tematiche invece sono sempre le stesse, calate sul contesto che viviamo oggi, ciò che ci sta a cuore diventa spesso canzone.

Avete altri brani inediti, magari per un prossimo nuovo album?
Sì, in questo momento ce ne sono alcuni già pronti, ma prima di un nuovo disco vogliamo sicuramente suonare e rendere vivo quest’ultimo registrato.

Promuoverete il disco dal vivo oppure resterà un’esperienza da studio?
La volontà è quella di suonarlo dal vivo, compatibilmente con gli impegni di tutti noi. Prima dell’estate abbiamo fatto due date, ora nestiamo pianificando alcune per l’autunno. Speriamo di poterle fare tutte.

Lighting Mind Frequency – Pensiero e materia

A ritmi tirati da fantastici anni ‘90 hard core a San Francisco si alternano incursioni grunge, stoner e post punk. Ecco a noi l’EP “Time to Relax” (Autoproduzione, 2022)  dei Lighting Mind Frequency. Scopriamone di più nella nostra intervista con la band. Contenuti bonus: tante novità sulla terza edizione di PAzzAo Music Fest, che si svolgerà a breve in Sicilia.  

Avete registrato questo EP in autunno del ‘21, presentando canzoni su cui avete lavorato dall’inizio della pandemia. Il coviddi ha influenzato il processo creativo di “Time to Relax”? 
Diciamo più correttamente che il lookdown totale ci ha costretto a passare del tempo in isolamento a casa. In generale c’è chi è andato fuori di testa per questo, vedi tutti i casi di violenza domestica registrati e la depressione maturata da molte persone… Tuttavia noi ci siamo arrangiati bene, impiegando il nostro tempo per scrivere cose nuove, suonare e dedicare tantissimo tempo alla musica. Abbiamo riorganizzato la formazione con l’ingresso di Mughini come seconda chitarra nel gruppo. Diciamo che, da un punto di vista strettamente logistico e compositivo, questo periodo lo abbiamo sfruttato al meglio. 

Il giorno dell’uscita dell’EP avete intrapreso un tour di 8 date in Germania e Olanda , che emozioni vi ha dato tornare a suonare dal vivo? C’è un episodio particolare di questi concerti che vi è rimasto impresso?
Time to Relax Europe tour 2022 è stata l’esperienza più bella e vibrante che ci è mai capitata da quando esistono i Lighting Mind Frequency. In ogni città abbiamo raccolto  montagne di sorrisi, divertimento e coinvolgimento da parte del pubblico. In due parole: good vibes. È stato il nostro secondo tour in Europa ma, ripeto, a questo giro si è percepito un fomento mai visto, a questi livelli, da parte del pubblico. Per farti capire, continuiamo a ricevere messaggi dai tanti nuovi e vecchi  amici, incontrati nelle varie città, che ci chiedono quando sarà possibile rivederci.

Il viaggio in Europa ha ispirato nuovi riff?
Sì, diciamo che stiamo già lavorando su cose nuove, caricati a mille dall’esperienza tour. 

Bella storia! Il box di via Turrisi a Palermo continua a sfornare nuova musica e, grazie alla recente ristrutturazione, ha ottenuto pure una buona acustica. Altre band ci hanno già registrato, anche “Time to Relax” proviene da lì?
No, “Time to Relax” è stato registrato al Tone Deaf studio di Palermo dal nostro amico super professionale Silvio Spadino, poi il mix è stato affidato a Grug (No Withe Reg) presso il Son House studio di Bologna, mentre il mastering è stato curato da un’altra nostra vecchia amicizia, Fabietto a Berlino presso Howlingfunkhouse studio. 

Infatti ascoltando su Bandcamp si sente tutta la professionalità del risultato, ma non ci sono info sulla produzione… A proposito di Bandcamp, mi piace molto cliccare su lyrics e trovarci i testi delle canzoni, non tutte le band li aggiungono. Se dovessi associare una parola all’atmosfera generale nei testi, questa parola sarebbe “resistenza”. Come faremo noi electropunx a resistere al Grande Fratello che ci vuole lobotomizzare tutti?
Bhe! Questo è un discorso nato da quando esiste il punk-rock o più in generale da quando esistono generi musicali che per definizione si indentificano “non conformi “contrapponendosi a schemi e dottrine prestabilite della società. Spesso capita di ascoltare dei testi di gruppi punk anni 80 ad esempio che sono estremamente attuali e questo dovrebbe fare pensare che in certi casi le cose non cambiano mai. Di contro bisogna riconoscere che la società occidentale di oggi è stata plasmata da temi affrontati anche dai gruppi punk anni 70 e 80 ma si tratta di una “naturale conseguenza” piuttosto che una vera e propria presa di coscienza… Il concetto è che, fin quando esiste qualcosa da contestare o a cui ribellarsi, di conseguenza ci sarà sempre un gruppo punk che vomiterà addosso contro a tutto e tutti quello che non va. Oggi, nell’era dei social, le forme di espressione o meglio le modalità di divulgazione sono cambiate radicalmente rispetto al passato e secondo noi questo non è un bene, ma non è neanche un male, si tratta solo di un risultato di un fatto quasi inevitabile. Con questo rispettiamo profondamente le scelte che ogni gruppo fa, sia in una direzione che nell’altra.

Il nome della band è ben rappresentato dal logo con il teschio munito di cervello e trafitto da un fulmine. Nella copertina del nuovo EP lo vediamo a figura intera mentre se la spassa in una spiaggia deserta. Come è nato il nome del gruppo? 
Il gruppo si è formato a Bologna nel 2016 e abbiamo iniziato  a provare presso la sala prove autogestita di XM24. Per prenotarsi era necessario compilare con delle lettere il form,  quindi istintivamente abbiamo gettato le iniziali dei nostri nomi… Diciamo che dalla modalità casuale di queste iniziali siamo passati ad un ragionamento molto più interessante, ci siamo fatti i flash trovando un significato molto più profondo, che corrispondeva alla nostra idea di gruppo e al messaggio identitario che volevamo rappresentare.

Wow! E la collaborazione di Giovanni Despair per l’artwork? 
Giovannino è un nostro carissimo amico di vecchia data, nonché ottimo batterista (Burst-up) e grandissimo tatuatore/illustratore. Con lui abbiamo condiviso tante belle esperienze a partire dalla leggendaria crew di Aquileja Rules (i box di viale Lazio a Palermo), un luogo magnifico dove circa 20 box, collocati nel basement di un grosso condominio, ospitavano praticamente tutta la scena punk hardcore e musicale della città nei primi anni del 2000. La nostra longeva amicizia e la conoscenza reciproca di cultura, gusti e stile non ha fatto altro che favorire il lavoro eccellente eseguito da Giovanni per l’artwork.

Quali sono i vostri progetti futuri?
Suonare, suonare, suonare. Per noi non esiste una cosa più bella della musica, non vediamo l’ora di ripartire per nuove date, registrare cose nuove e fare nuove esperienze.

Dopo 32 anni a Palermo hanno ripetuto il Palermo (Pop) Festival, in cui nel 1971 suonarono i Black Sabbath. Dopo due anni di restrizioni torna anche il PAzzAo Music Fest, in cui durante la prima edizione avete condiviso il palco con gli Adolescents. Il festival si svolgerà il 5 e 6 agosto su una fresca collina dell’entroterra palermitano. Voi ci sarete stavolta? Quali novità ci saranno?  
Quest’anno vogliamo spingere il PAzzAo Music Fest alla massima potenza di fuoco!  Oltre alla due giorni, 5 e 6 agosto, stiamo già gettando le basi per organizzare la winter edition a novembre. Per ciò che riguarda l’edizione estiva, possiamo anticiparvi che si esibiranno in due  giorni 10 gruppi e 6 DJ provenienti da varie parti della penisola, che suoneranno un’ampia gamma di generi musicali: dal rock psichedelico al grunge, dal pap drill al dark, dal rock and roll garage al thrash metal, dal pop classico all’elettronica… Insomma, un vero e proprio contenitore musicale per tutti i gusti. Ci sarà un Bar-Food operativo H24, un’area barbecue, un’area relax, spazi tenda immersi in un contesto naturale top tra ulivi, fichi d’india e rocce. Noi non ci esibiremo con i Lighting Mind Frequency ma, siccome il piacere di sporcarci le mani e di spaccarci la schiena non ci manca (vedi esempi come i lavori del box che hai citato tu prima), stiamo dando  il nostro contributo alla PAzzAo Crew costruendo il nuovo palco ed altre strutture di legno che saranno necessarie per lo svolgimento del festival.

Questo sì che significa fare le cose in grande! Come grandi sono i nomi dei due gruppi headliners: Paolino Paperino Band e 23 and beyond the infinite. Ci vediamo al PAzzAo!
Speriamo vada tutto bene! Siamo molto emozionati ad ospitare per la prima volta in Sicilia i Paolino Paperino Band e tutti gli altri gruppi che in modo totalmente solidale hanno sposato la causa PAzzAo nella totale presa bene e per il puro divertimento, abbiamo bisogno di tutto questo ora più che mai… Vogliamo ringraziare e salutare tutti gli amici vecchi e nuovi, tutti coloro che ci seguono, ci supportano, ci ospitano quando siamo in giro, che si sbattono per organizzare concerti!

Straight Opposition – The next revolution

Chi si aspettava una versione dimessa degli Straight Opposition dopo lo split del 2018 e la conseguente lunga inattività, dovrà ricredersi. “Path of Separation” (Time To Kill Records \ Anubi Press) è un disco che non vive di ricordi, anzi mostra una formazione che, pur se rispettosa del proprio passato, vive con i piedi ben piantati nel presente e lo sguardo diretto verso il futuro…

Benvenuto Ivan, prima di concentrarci sul nuovo album, farei un piccolo salto indietro nel tempo: ti andrebbe di ricostruire gli anni successivi all’uscita del vostro precedente album, “TheFury From the Coast” del 2017?
Ciao! Certo! Appena uscito “The Fury From The Coast” ci siamo trovati nuovamente con diversi problemi di line up, risolti questi, abbiamo suonato in lungo e in largo per promuovere il disco con, in ultimo, un tour di tre settimane in giro per l’Europa che ha toccato Rep.Ceca, Lussemburgo, Belgio, Francia, Spagna e Italia. Personalmente, alla fine di questo tour avevo voglia di fare qualcosa di nuovo, così gli Straight si sono sciolti, e dalle ceneri sono nati i 217. Con i 217 andava tutto alla grande, ma poi è arrivato il Covid, che oltre farci perdere 18 concerti finali prima di entrare in studio, ha cambiato le vite lavorative degli altri membri portando la band ad una battuta d’arresto. Nel frattempo io e Luca Hc (membro storico della band che lasciò nel 2012 gli Straight) siamo stati molto in contatto pensando a nuova musica da fare insieme ad altre persone in Belgio, La spinta finale è arrivata a giugno 2021, quando Enrico Giannone della Time To Kill ci ha chiesto di fare un disco coi 217, visto che non poteva averci come Straight Opposition. Di converso, essendo i 217 impossibilitati a farlo, ho detto a Enrico che invece in pentola si stava muovendo una reunion Straight Opposition insieme a Luca e nuove persone (Flavio e Nicola) e che avremmo fatto un album. Il resto è storia: abbiamo cominciato a comporre a distanza, e da settembre in presenza (gli altri 3 vivono tutti in a Bruxelles ); tra novembre e dicembre siamo andati a Roma per registrare “The Path Of…”.

Il nuovo album si intitola “Path of Separation”, la parola separazione deve far preoccupare i vostri fan che da poco vi hanno ritrovato?
Col rientro di Luca abbiamo intrapreso un normale percorso di arricchimento delle composizioni e della nostra visione dell’hardcore, perciò è naturale non ripetere quanto fatto in passato evolvendo le canzoni verso nuovi lidi. Io penso che se qualcuno vuole sentire la band fare cose standard, può andare a rispolverare “Step By Step” o “The Fury From The Coast”. Se invece c’è la voglia di ascoltare qualcosa di nuovo, allora “The Path Of Separation” è il disco da macinare nello stereo, senza paura.

Il disco è uscito più o meno quando sull’Europa è riapparso lo spettro della guerra. Per una banda sempre socialmente impegnata come la vostra, questa combinazioni di eventi può assumere un significato simbolico?
Al di là del gran senso di frustrazione e di scoramento che stiamo provando in questi giorni nell’assistere inermi a quanto sta accadendo, non posso dire altro se non che la direzione tematica della band si è assestata sulla riflessione critica a proposito dello scontro dialettico tra singolo e apparato capitalistico sin dal demo 2004, quando le “All stars” del massacro in occidente erano Berlusconi, Bush e Putin. Eccoci di nuovo qui a combattere con i mostri. L’accumulo del capitale, inteso come detenzione di ricchezza e risorse nelle mani di pochi, diventa ancora più aggressivo in un momento in cui il Capitalismo classico è andato completamente in crisi sfociando apertamente nei più beceri e sanguinosi degli imperialismi contemporanei. Nel nostro piccolo, continueremo a diffondere concetti come “liberazione dell’individualità”, dell’individuo e della persona. Libertà nello scegliere ciò che si sente di essere, senza moralizzazioni religiose e patriarcali o gerarchie aziendali, sociali e familiari. Lo diciamo ai concerti, nei testi, nelle interviste. Partiamo da una base personalistica, da una riscoperta della soggettività più propria attualmente decostruita dagli apparati: combattere il leader che prima di tutto continua a negarci sotto forma di catene frasali.

Ne approfitto per chiederti, la vostra definizione di hardcore nel 2022: il significato e lo spirito di questo genere sono rimasti immutati oppure si sono adeguati ai tempi che viviamo?
Non sono in grado di rispondere: per me e per gli altri l’hardcore è uno stato mentale/attitudinale così come lo abbiamo vissuto negli anni 90. Sicuramente ci saranno stati dei cambiamenti, ed è anche giusto che sia così, ma per quanto ci riguarda, lo spirito rimane quello di un tempo. Lo spieghiamo bene in un pezzo del nuovo disco che si chiama “No Age To Xclaim”!

Torniamo al disco, le note promozionali che accompagnano il promo ne presentano il contenuto come “un mix tra una versione compressa di Integrity e Napalm Death senza blast beats”. Vi ritrovate in questa descrizione?
In effetti non è male. Il disco nuovo è davvero molto aggressivo e penso sia il perfetto punto di incontro tra fan degli Integrity e fan degli ultimi Napalm Death anche se, pur amandoli entrambi alla follia, non hanno influenzato minimamente il processo di scrittura per “The Path Of Separation”.

A quando risalgono i brani? Avevate già qualcosa nel cassetto o sono tutte creazioni recenti?
La composizione dei brani è iniziata immediatamente dopo la chiamata che ha visto protagonisti Enrico Giannone, Luca Hc e me. Era fine maggio 2021, da allora abbiamo cominciato a lavorare febbrilmente sui brani del disco partendo da zero. Non c’è nulla di datato, tutta roba fresca scritta durante l’estate.

Se non erro, ad oggi, avete estratto dal disco un paio di singoli: “Workstation Dead-Box” e “July019”. Come mai avete scelto proprio questi pezzi come biglietto da visita per tutto il disco?
Con precisione non ricordo il motivo per cui la scelta sia ricaduta su questi due brani, ma credo perché il primo da te citato mostra il lato più groove del disco, mentre il secondo quello più veloce, classico, da assalto frontale senza un domani.

Per una band come la vostra, che deve la propria fama soprattutto alle scorribande live, è importante avere dei video in rotazione?
In effetti il nome della band è cresciuto grazie alla nostra presenza live sin dal 2005, e a quell’epoca di avere video e cose di questo genere non se ne parlava nemmeno; tra l’altro non esisteva neanche Youtube, quindi direi che, almeno fino al 2008, ne abbiamo fatto a meno, e il nome è cresciuto lo stesso. I tempi attuali però, molto basati sulla forma/immagine, richiedono in effetti anche un supporto in immagini che, per quanto mi riguarda, cambiano poco la mia vita dato che i videoclip mi annoiano da morire. Se però questo può servire a diffondere e spingere la tua band è ok, ma credo ce ne siano troppi in rete, e alla fine uno nemmeno li guarda più di tanto. Tra l’altro, non vado pazzo per i video super rifiniti. Adoro le cose lasciate a caso, dove si avverte un certo senso di trascuratezza e improvvisazione. Non amo invece i video rifiniti, in cui la canzone gioca un ruolo secondario in favore dell’immagine. Amo ovviamente il cinema, ma questa è un’altra storia.

Credi che il conflitto in qualche modo possa condizionare un’eventuale tournée nell’Est Europa, territorio che in passato avete spesso bazzicato?
Il pericolo esiste eccome! Già nel 2008 abbiamo ricevuto aggressioni dai nazi di merda a Timisoara, durante un concerto, e poi minacce che hanno portato gli organizzatori ad annullare dei concerti in Ungheria, nel 2013, sempre grazie ai nazi locali che minacciavano di fare un macello. E gli episodi non sono finiti qui. Dunque immagino ora, con la drammatica virata a destra dell’Europa, quanti problemi potremmo avere, ma ci staremo attenti, non saranno quattro nazi di merda a fermarci.

Lemmerde – Enter Merdman

A tre anni dall’esordio discografico, Lemmerde pubblicano “Brown Album” (Autoproduzione, 2022), otto nuovi brani più due singoli usciti nel 2021. La formazione è composta da un solido power trio con Manuel (voce, chitarra) Maurilio (voce, basso) e Livio (batteria). Ecco la nostra rece-intervista traccia per traccia.

“AnarkoCukkarini” unisce la hit della soubrette più amata dagli italiani negli anni ‘80 e il celebre inno dei Sex Pistols. Questo mix di generi mi ricorda istintivamente la leggendaria punk band Me First and the Gimme Gimmes. Si tratta di un omaggio più o meno esplicito?
I MFATGG, ovviamente grandiosi, è una band dalla quale si può solo imparare. Sono un’ispirazione certo, ma a dar vita a certi mix sono sempre le nostre personali influenze. Cercare di avvicinare generi così opposti dà non voluti colpi di “genio”. 

“Polvere”, seconda traccia e singolo del Brown Album, reinterpreta uno dei primi successi di Enrico Ruggeri. Dalla new wave all’hardcore il passo è breve?
Nulla di più improbabile che dare un motivo HC / black metal alla sperimentazione degli anni ‘80, ma non impossibile, in fondo è stato semplice e si tratta sempre di sperimentare.

“Cicale” omaggia un’altra eroina degli anni ‘80 televisivi, la biondissima Heather Parisi. L’intro death metal invece da quale canzone è tratto?
Heather Parisi, un’icona che portava in Italia gli USA, ritmo spensierato e fresco. Quale migliore rimpasto se non coi Decapitated con la loro intramontabile “Spheres of Madness”. 

“Tintarella” fa convivere in due minuti di durata Black Sabbath e Mina. Come procede questa convivenza?
Una lotta di carisma tra due grandezze mondiali, ma che bene si trovano nel rappresentare l’oscurità della notte illuminata dalla luna.

“PuppAncora” approfondisce la dicotomia fra canzoni apparentemente diverse ma unite nello stesso brano. Avete sintetizzato perfettamente il pensiero di Francesco Nuti e quello di Eduardo De Crescenzo. Come ci siete riusciti?
Un semplice gioco, ma forse fin troppe interpretazioni ne sono venute fuori. 

“Meccaniche” e “Volare” mettono in luce un lato inedito di Franco Battiato e Domenico Modugno, il loro lato punk. In queste due canzoni, come anche in “Polvere”, non avete creato un medley di più brani. C’è una logica in tutto ciò?
Semmai una illogica. In verità qualcosa stava affiorando come medley, ma andavano bene così, e chissà se una versione live o da singoli non si proponga.

“Medley”, appunto, è la traccia più lunga dell’album e propone Gino Paoli, Righeira, Jimmy Fontana, Adriano Pappalardo ed un pizzico di Umberto Tozzi. Questa canzone dà l’idea di cosa aspettarsi ad un vostro concerto…
Come una compilation dance degli anni ‘90, tante hit si susseguono, e non è detto che non si continui ad estendere anche questo medley, che ha subito aggiunzioni nel corso degli anni.

“Ragazzo di minkia” ripesca una chicca del passato, la versione italiana dei Corvi di un brano garage americano di metà anni ‘60. Cosa succede a Livio e Maurilio durante l’assolo di Manuel nel video?
Per i palermitani un must, una chicca, un non molto celato riferimento alle opere di Ciprì e Maresco. In pratica abbiamo dato un senso più vicino a noi a quello che consideriamo “un ragazzo di strada”.

Iron Tiziano”, dopo un intro korniano, si dispiega in una versione skacore di “Sere nere”. Questo è uno scoop! Anche Lemmerde hanno un cuore?
Abbiamo diverse sere nere e anche un cuore, ovviamente marrone!  

Negative Path – Frizioni aggressive

I Negative Path, formazione punk hardcore attiva da 5 anni, hanno da poco rilasciato in vinile e tape “Self-destroyed EP” (Correctional Facility / Knochentapes, 2021). Conosciamoli meglio!

Da chi è nata l’idea di formare i Negative Path?
Come spesso accade, è stato un processo molto spontaneo: Dario (batteria) e Gioacchino (chitarra) a qualche punto del 2016 avevano iniziato a jammare insieme, per lo più cover di classici hardcore, punk rock e qualche riff inventato sul momento. Verso fine anno si sono aggregati Anselmo (basso e, all’epoca, voce) e subito dopo Carlo (chitarra), dopo qualche tempo insieme avevamo raggruppato un numero sufficiente di pezzi da giustificare la scelta di un nome per il gruppo, fare concerti e registrazioni. Oggi siamo in cinque, con Totò subentrato alla voce principale, una tape e un 7” all’attivo.

Avevate già chiaro il genere di musica da proporre? Quali i gruppi di riferimento?
Sì, la vena è stata sin da subito quella del punk hardcore, da cui proveniamo un po’ tutti all’interno del gruppo come ascolti ed esperienze precedenti. All’inizio l’influenza più forte era quella di gruppi quali i primi Poison Idea, D.R.I., Void, Government Warning e così via. Col 7” forse abbiamo incrementato l’elemento fast/thrashcore, ma per lo più scriviamo i pezzi senza porci troppi limiti. Riassumendo: suonare veloce!

Come componete le canzoni? Tutti insieme oppure ognuno porta i propri brani già pronti?
Un po’ e un po’. Magari qualcuno porta un pezzo intero o una coppia di riff, ma il grosso avviene alle prove. Si può dire che nei Negative Path ognuno ha messo sempre il suo, per lo più in porzioni eque e piuttosto naturalmente, cosa che non è affatto scontata quando si parla di comporre musica in un gruppo di cinque individui.

C’è stato un momento molto curioso durante le vostre prove al box: a cosa è ispirato il testo della canzone “Drunk Car Crash Disaster”?
È una storia tanto grottesca quanto divertente. Innanzitutto, non erano le nostre prove ma quelle del gruppo stoner/sludge in cui suonano Carlo e Dario, i Biggmen, ma erano presenti anche gli altri Negative in quanto condividiamo la sala prove. Nel bel mezzo delle prove, malgrado i volumi spacca timpani, sentiamo un fortissimo schianto, come il suono di una valanga di vetro. Fa niente, le prove continuano e ogni scusa è buona per non andare a controllare fuori dal box, finché un gruppo della sala prove accanto bussa insieme a dei pompieri e ci chiedono di uscire a vedere. Tutto il sotterraneo era invaso da fumo e puzza di frizione carbonizzata ed una macchina stava incastrata nella tromba delle scale con ancora il conducente dentro, illeso ma delirante, visibilmente sconvolto e ubriaco. Poco dopo abbiamo appreso che il tipo si era deliberatamente schiantato contro la portineria del palazzo in quanto sarebbe stato allontanato da persone del palazzo perché molesto, insomma, un eroe. Come siamo usciti dal sotterraneo è meno divertente, ma questa è essenzialmente la “leggenda” dietro il testo di “Drunk Car Crash Disaster”.

Quali novità ha portato l’ingresso di Totò nel gruppo?
Sicuramente più birrette e concerti, specialità logistiche di Totò, nonché la possibilità di avere un cantante autonomo senza altri strumenti in mano.

“Self-destroyed EP” arriva a tre anni dall’uscita del vostro album d’esordio. Oltre all’ingresso di Totò alla voce, in che direzione si è evoluto il sound della band?
 “Negative Path” è un buco nero immaginario dove con “hardcore-punk” viene inglobato qualunque elemento compositivo proposto da ognuno di noi all’ interno della band. Già si può vedere uno stacco notevole trai primi pezzi della cassetta e il nuovo 7”. La direzione prossima è quella di continuare su questo versante, arricchendo sempre la linea compositiva con elementi aggressivi, veloci e violenti!

Correctional Facility e Knochentapes a produrre. Come vi siete conosciuti e come è stato lavorare insieme?
Correctional Facility è l’etichetta che si è occupata di stampare il vinile. Il ragazzo che la gestisce, Chris, è un nostro carissimo amico, che è anche venuto in tour con noi. Una sera, dopo svariate birre insieme, Totò ha proposto a Chris di fare uscire il vinile e la risposta è stata positiva. Il resto lo sapete già. Knochentapes si è occupata invece delle cassette: Jott è un carissimo amico di Totò e ha stampato in cassetta tutti i suoi gruppi, per cui non poteva e non voleva perdersi quest’altra uscita.

Ultimamente avete intrapreso un tour di tre date nell’Italia meridionale, che emozioni vi ha dato tornare a suonare dal vivo? C’è un episodio particolare di questi concerti che vi è rimasto impresso?
Al contrario di tutti i gruppi del mondo, per i Negative Path 2020 e 2021 sono stati gli anni in cui abbiamo girato di più l’Italia. A febbraio 2020 abbiamo fatto 3 date, fra cui un festival a Monza al Boccaccio con centinaia di persone al chiuso, giusto un mese prima che la Lombardia diventasse il focolaio d’Italia. Poi a luglio 2020 abbiamo suonato al No Stress Fest, un festival poco fuori Palermo. Nel 2021 al secondo lockdown abbiamo scritto e registrato un disco e abbiamo fatto queste date al sud Italia che sono state molto belle, intense, partecipate e sudate. Ci hanno trattato tutti bene, ci hanno cucinato tante cose vegane buonissime, ci siamo divertiti e pure loro si sono divertiti con noi. A Reggio e Bari abbiamo suonato in due posti occupati, mentre a Napoli in un locale. Ci ha colpito la differenza di età: a Bari c’era gente molto molto giovane, anche minorenni, mentre a Napoli il pubblico era più adulto. Episodi divertenti sono stati tanti, la cosa più strana è stata andare a Napoli e non trovare neanche una pizzeria. Comunque ci piace tanto suonare, l’Italia è un bel posto e vorremmo arrivare fino al Friuli Venezia Giulia, e quindi andare a suonare all’estero.

Quali sono i vostri progetti futuri?
Stiamo per organizzare un mini-tour in Italia per fine 2021 / inizio 2022, nel frattempo stiamo gettando le basi per nuovo materiale che (al momento) non sappiamo se sarà un nuovo album, un EP o uno split con un’altra band.

In Your Face! – Una fanza hardcore che ti arriva dritta in faccia

Qualche mese fa decisi di scrivere a Leonardo Lantini, un mio contatto FaceBook che mi aveva aggiunto qualche tempo prima. Lo feci perché volevo acquistare una copia della sua In Your Face!, fanza hardcore di cui era uscito il primo numero. Ordinata praticamente subito, mi arrivò dalla Sardegna con furore dopo qualche giorno. Devo dire che me ne sono innamorato immediatamente: si tratta infatti di una fanza dalla grafica accattivante e moderna, e dai contenuti molto interessanti, fra cui recensioni scritte con grande entusiasmo che vanno dall’hardcore più classico al grindcore più efferato, qualche intervista e pure degli articoli storici che parlano, fra gli altri, non solo della violentissima scena hardcore bostoniana dei primi anni ’80 (SSD, Negative FX, DYS e compagnia bella) ma anche del tour europeo che gli Youth of Today (uno dei miei gruppi del genere preferiti in assoluto!) fecero nel 1989, di fatto un momento fondamentale che segnò l’inizio di una nuova era, più orientata verso lo straight edge, dell’hardcore in Europa. In effetti, i gruppi straight edge, con i loro messaggi positivi che invitano a uno stile di vita salutare in modo da allontanare ogni cosa tossica dalla propria vita, trovano largo spazio fra le pagine di In Your Face!. Quindi, data l’alta qualità della fanza, dopo poco ho ricontattato Leonardo per proporgli una bella intervista (la mia prima per Il Raglio del Mulo, fra l’altro!) riguardo questo progetto, che condivide, come si vedrà, con altri 2 ragazzi. Quello che ne è uscito fuori è stata una interessantissima chiacchierata virtuale che adesso potete leggere dall’inizio alla fine.

Ehi ciao! Allora, partiamo con una domanda che più classica non si può: quando e com’è nata l’idea di creare questa fanza?
Allora, l’idea è venuta fuori nella primavera del 2020 ma era già in mente da tempo. Si inseriva nel progetto che c’è dietro la nascita di Cagliari Supporting Hardcore, di cui Claudio fa parte, ed è un ulteriore mezzo per diffondere il verbo hardcore in maniera differente ma con lo stesso identico spirito, fatto di condivisione e unione e l’intento di creare e non di separare o distruggere.

Perché avete voluto chiamarla proprio In Your Face!? E’ un nome che trovo molto efficace, anche per via di quel punto esclamativo che lo rende ancora più diretto.
Il nome è venuto di getto senza stare troppo a pensarci. Volevamo un nome non troppo lungo e che fosse d’effetto, qualcosa che fosse facile da ricordare e che, allo stesso tempo, ti si piazzasse in faccia, a muso duro, ed il fine pare sia stato raggiunto. Più persone, pur riconoscendo che non si tratti di un nome originale, almeno nel contesto HC, lo hanno ritenuto di grande impatto e la cosa ci ha fatto veramente piacere.

Com’è stato fare il primo numero? Per esempio, qual è stata la parte più facile? E quella più difficile?
Allora, partiamo dal presupposto che per tutti noi era veramente un salto nel vuoto totale. Nessuno di noi aveva mai realizzato un progetto del genere, quindi inizialmente le difficoltà son state tante, soprattutto sotto il punto di vista grafico, visto che non riuscivamo a trovare nessuno che riuscisse a materializzare la veste visiva della fanza che avevamo in mente io e Claudio. Sia l’idea di unire finalmente le forze e concretizzare una fanzine punkhardcore-centrica cartacea che la stilatura della maggior parte degli articoli che hanno composto il primo numero, son avvenuti durante il primo lockdown di Marzo 2020, dopodiché c’è stato un periodo di refrigerio del progetto proprio per la difficoltà materiale di trovare un grafico che facesse al caso nostro, il quale è arrivato finalmente con Guglielmo. A questo proposito ringraziamo il prezioso aiuto di Ivan (217, Ten A.M. Distro, Straight Opposition) per il prezioso supporto nella ricerca. Per quanto riguarda la parte più facile, sicuramente quella è stata il trovare contenuti. Sia io che Claudio avevamo un marasma di idee, scene di cui parlare, concerti che ci hanno segnato, gruppi da voler intervistare ecc. che aspettavano solamente di essere sputate su un foglio… e fortunatamente anche i canali non ci mancano!

Visti i contenuti, fra cui un articolo dedicato agli Youth Of Today e al loro seminale tour europeo del 1989, sbaglio o la ‘zine ha un orientamento straight edge? Siete tutti degli straight edge? Ritenete che i gruppi Sxe, Youth Crew e simili abbiano una marcia in più rispetto alle band Hc più “regolari”?
In Your Face! non ha nessun tipo di orientamento se non quello di portare avanti i valori intrinseci nell’hardcore e non segue nessun filone od orientamento. Solo uno di noi, Claudio, è straight edge ma questo non ha nessuna valenza con i contenuti che vengono inseriti nella fanzine poiché questi vengono sempre decisi tutti assieme seppur proposti singolarmente. Per quanto concerne, invece, le band Sxe, non crediamo abbiano una marcia in più, semplicemente hanno un modo di approcciarsi molto più emotivo rispetto ad altre che non lo sono, anche se poi è tutto soggettivo. Resta il fatto che ci sono band Sxe che, nonostante i loro scioglimenti avvenuti anni or sono, continuano a far parlare di sé, vuoi per l’aspetto sopraccitato o per i contenuti dei loro testi e per i messaggi proposti , e questo è più che positivo e altrettanto stimolante. Un po’ meno quando ci s’imbatte in reunion senza senso ove, magari, i membri che si presentano on stage non hanno più nulla a che vedere con gli argomenti trattati nei loro pezzi e/o non portano più avanti il pensiero straight edge. Ma questa è solo una semplice valutazione e non vuole essere, assolutamente, una critica nei confronti di nessuno ma, talvolta, coerenza e rispetto dovrebbero essere rappresentati fino alla fine e non solo all’interno dei testi di una canzone o in un messaggio lanciato attraverso un microfono anni prima.

Secondo voi, com’è l’attuale scena HC italiana? In quale direzione sta andando ed è in grado di competere a livello mondiale?
Sicuramente Claudio è più ferrato di me in questo campo, essendo io (mea culpa!) da sempre stato abbastanza esterofilo per quanto riguarda l’hc, ma non di certo per la mancanza di progetti validi nella penisola! Anzi, per quel poco che ho la possibilità di constatare asserragliato in questa fortezza in mezzo al mare o dalle sporadiche trasferte che faccio fuori dall’isola, c’è un grosso fermento. Mi vengono in mente nomi come Blvd Of Death, Fury Department, Caged, Short Fuse, Blair, Ira, Mind/Knot, Respect For Zero, 217, MUD, Fracture, Tuono e tanti altri. Proprio uno degli obbiettivi primari di In Your Face! è quello di scavare nell’underground isolano, nazionale ed internazionale per cercare di dare uno spaccato di attualità, strumento tramite il quale anche noi della redazione in primis ci teniamo aggiornati su tutto quello che succede in ambito HC. Purtroppo, a parer mio, l’unica cosa che manca ancora, l’ultimo ingrediente segreto, che potrebbe portare la scena italiana attuale allo stesso livello di fermento d’Oltremare è solamente il supporto costante e la creazione di connessioni solide che uniscano l’intera penisola, entrambi elementi che ogni tanto sembrano stati dimenticati.    

A livello musicale, sia nella scena metal che punk si sente spesso questa specie di mantra: “tutto è già stato detto e ormai non si può inventare più nulla di nuovo”. Quant’è vera questa frase, secondo voi? A parere vostro, c’è invece qualche gruppo che sta effettivamente dicendo qualcosa di originale nel panorama HC? Forse i Gulch, che sto praticamente adorando.
Personalmente penso che quella ridondante affermazione abbia un grande fondo di verità. Ma in fondo, l’importante nella musica non è mai stato quello di inventare, bensì la vera arte sta nel rimodellare ciò che già esiste, ibridare generi e dargli una forma familiare ma inedita. In campo hardcore negli ultimi tre anni e passa abbiamo miriadi di esempi a riguardo, oltre alla rifioritura di generi fino ad ora ostracizzati dagli hardcore kids duri e puri, come la ricomparsa di numerosi elementi nu metal (anche in band come i Knocked Loose) ma soprattutto del sempre demonizzato metalcore/post-hardcore alla maniera 2009-2012 (vedere gli ultimissimi fantastici lavori di Wristmeetrazor, If I Die First, Static Dress, Kaonashi, Dying Wish o Seeyouspacecowboy) che personalmente mi stanno facendo rivivere un piccolo momento nostalgico a lungo atteso. Ma in generale sono felice nel notare che, nonostante la mole veramente mastodontica di uscite in ambito hc e sottogeneri negli ultimi due anni, non c’è praticamente traccia di episodi davvero scadenti, stucchevoli o ridondanti e si respira una bellissima aria di sperimentazione e di voglia di abbattere gli inutili paletti estetici/sonori che purtroppo questo genere si porta dietro da fin troppo tempo, lasciando un terreno fertile per la proliferazione di innumerevoli progetti fantastici (come i succitati Gulch, dalla parabola purtroppo breve ma intensissima) [sì, in effetti si sono sciolti di recente. Peccato veramente.Flavio]. Penso personalmente che stiamo assistendo ad un vero e proprio rinascimento hardcore in full-effect, il quale spirito diverso dovrebbe insegnare a molti che questa sottocultura non si basa sull’avere le AirMax 90 o per forza nell’inserire un tupa-tupa, ma bensì su presupposti ideologici e su un’urgenza di fondo di liberarsi dalle catene del sistema e urlare il proprio sdegno al mondo, in qualsiasi forma. [qui faccio presente che sul primo numero c’è anche un articolo sugli stessi Gulch, scritto dal buon Luca Cescon che, oltre a far parte del collettivo Turin Is Not Dead, collabora anche con altre millemila fanzine/webzine come Punkadeka o Refuse/Resist. – Flavio]

Pensate che l’hardcore possa avere ancora un impatto rivoluzionario, sovversivo, nei confronti della società?
Assolutamente si! Ogni voce dissonante ha un potere e finché ci sarà ancora qualcuno ad incarnarne autenticamente la mentalità e a creare spazi dove poterne incanalare la forza catartica e sovversiva, l’hardcore avrà vita. Perché in fondo, che cos’è il punk hardcore se non una propensione umana naturale e uno specchio della lotta all’inalienabilità di certe lotte quotidiane che ognuno di noi combatte, tra quattro mura di cartongesso o della mente che siano, a cui semplicemente è stato dato un volto, un’estetica, un suono?! Ecco, questo dovrebbe essere il punk hardcore, non un’etichetta o un inutile club esclusivo dal quale escludere chiunque non è abbastanza “true”, tutti elementi che purtroppo costituiscono un campo minato evidente e parecchio presente.   

Oltre alla fanzine, fate parte di altri progetti (band, collettivi, festival…)? Se sì, ce ne potete parlare? Se non erro, alcuni di voi fanno parte del collettivo Cagliari Supporting Hardcore, vero?
Claudio fa parte di Cagliari Supporting Hardcore e, insieme al socio Michele, si occupa di organizzare eventi in ambito Hardcore/Punk su Cagliari e hinterland, e anche di supportare e coprodurre, ove possibile, nuove uscite di gruppi sardi e non. Leo sta all’interno del collettivo Deadship Crew e fa parte dell’etichetta Nothing Left Records, suona la chitarra nei Last Breath e negli Stigmatized, ed ha fatto parte dello Strikedown Collective nelle ultime due edizioni dell’omonimo festival. Infine, Guglielmo, ex batterista di Straight Opposition e fondatore dei 217, fa parte del collettivo Pescara Hardcore e si occupa di curare la grafica per flyers per eventi Hc e non, e di video con la sua Seventeen Graphics.

Ci volete parlare della vostra scena locale, quella sarda? Com’è messa in quanto a band, centri sociali, eventi, e così via?
Penso di non essere di parte quando affermo che la Sardegna fa da scrigno ad una delle scene più povere (anche a livello di ricambio generazionale o quantità di band, soprattutto di generi “estremi” ) ma allo stesso tempo più agguerrite della penisola. Purtroppo i limiti evidenti sono fondamentalmente tre: le barriere geografiche che in un certo senso ci isolano dal resto d’Italia, rendendo veramente complicata qualsiasi tipo d’interazione con quest’ultima (si pensi al viaggio della speranza e/o le spese che deve affrontare una qualsiasi band locale che vuole farsi un giro fuori dall’isola o, viceversa, qualsiasi promoter isolano che vuole organizzare una band di “fuori”), la guerra fra poveri che troppo spesso prevale sul supporto e che mina un’effettiva coesione e la creazione di una scena locale vera e propria (ma sembra che si stia vedendo una luce fuori dal tunnel) e, ultimo ma non per importanza, la mancanza effettiva di punti di aggregazione e/o live club che permettano di suonare. Ma tutto ciò non ha ostacolato la proliferazione e la nascita di collettivi come L’Home Mort di Alghero, di spazi autogestiti come Sa Domu (dove negli anni ho assistito ad alcuni dei live punk hardcore più belli ) e la formazione di una valanga di band che da anni resistono alle intemperie come Riflesso, For Different Ways, Delirio, Sangue, Regrowth, Dawnbringer, Waste Away, Il Mare Di Ross, Miscredente, A Fora De Arrastu, FCT, D.E.S., Mexoff, Lastbreath, Stigmatized, Almassacro, Earthfall, WAAR, Keep Complaining e tantissimi altri.

Del primo numero ne sono state stampate 100 copie e sono andate sold out in poco tempo. Vi aspettavate un simile riscontro?
Il primo numero è andato praticamente sold out in una settimana o poco più e la cosa ci ha gasato tantissimo anche se, a dirla tutta, non ci aspettavamo un riscontro simile. Abbiamo ricevuto veramente tante richieste in tutta Italia e siamo stati in grado di spedire alcune copie pure in svariati paesi europei. Sapevamo che si era creata una certa aspettativa sulla fanzine ma non credevamo di poterla considerare esaurita dopo poco più di 7 giorni dall’uscita. Siamo felici e orgogliosi di quello che siamo riusciti a realizzare e ringraziamo chi ci ha dato una mano con la realizzazione della stessa, attraverso recupero d’immagini e di scritti, nonché coloro che, ovviamente, hanno acquistato il primo numero, praticamente a scatola chiusa vista la nostra volontà di non voler “spoilerare” nulla in anticipo. Abbiamo avuto modo di prendere atto di quelle che saranno le modifiche da apportare ai prossimi numeri e siamo sempre aperti a qualsiasi tipo di consiglio o critica per il miglioramento degli stessi.

Cosa ci dobbiamo aspettare dal secondo numero? Sapete più o meno quando sarà pronto o è ancora prestissimo?
Ovviamente non abbiamo assolutamente intenzione di dare info sui contenuti che ci saranno al suo interno (Aaaaaaaahhhhh!!!!), ma possiamo sicuramente comunicare che sarà un numero interessante e ricco e che avrà luce nel mese di Ottobre. Abbiamo deciso che la fanzine avrà uscita trimestrale, in modo da essere aggiornati sugli eventi inerenti il panorama hardcore e di darci il tempo opportuno per realizzare i contenuti che faranno parte dei prossimi numeri, sia dal punto di vista degli scritti che per quanto concerne l’aspetto relativo alla grafica.

E così siamo giunti alla fine dell’intervista. Ora siete liberissimi di dire quello che volete. Intanto grazie per la vostra disponibilità e per aver risposto alle mie millemila domande. Daje!
Innanzitutto grazie mille Flavio della pazienza e dello spazio dedicatoci, nonché dell’interesse sin da subito prestato al nostro progetto. Vorremmo approfittarne per ringraziare tutti coloro che ci hanno supportato sin dall’inizio del progetto, coloro che hanno preso il primo numero facendolo andare in sold out in meno di due settimane dall’uscita (superando di gran lunga le nostre aspettative) e coloro che hanno speso dei minuti preziosi del loro tempo per scriverci dei messaggi di feedback costruttivi per le prossime uscite. Detto ciò, speriamo che In Your Face! sia un piccolo spunto per tanti, soprattutto per le nuove generazioni che, purtroppo, a livello locale sono pressoché assenti in ambiti musicali estremi, a cimentarsi in piccoli o grandi progetti, che essi siano l’organizzare live, formare una band, mettere su una piccola label, redigere una fanza o qualsiasi attività che possa aiutare a far proliferare una scena locale finalmente varia e coesa, e che serva a catalizzare positivamente la rabbia nei confronti della merda che ci circonda! 

FaceBook: https://www.facebook.com/IN-YOUR-FACE-Hardcore-Fanzine-105289468457643

Underball – The worst is yet to cum

Sotto la patina esteriore (ma non domandiamoci di che sostanza sia), gli Underball sono un gruppo impegnato. Impegnato a fare casino e a divertirsi, ma anche a divertirci, e “The Worst Is Yet To Cum” è il loro manifesto.

Ciao Carlo (Zorro, chitarra) dal 16 luglio è fuori il vostro primo album, “The Worst Is Yet To Cum”, come avete fatto a trattenere l’orgasmo sino a quel momento?
Considerando la lentezza per rispondere a questa intervista, direi che sicuramente non abbiamo avuto problemi nel trattenere l’orgasmo. Il concerto del 16 è stato un bel momento, soprattutto considerando che eravamo fermi da parecchio tempo. È stato bello presentare la nostra “ultima fatica”…. un po’ come quando sei un po’ costipato, ma alla fine riesci a farla uscire… dopo mesi.

Il disco presenta una copertina dai contenuti forti, una metafora dei tempi che viviamo?
Diciamo che se fosse una metafora della vita, sarebbe davvero una vita di merda. Di base volevamo una copertina che si distaccasse il più possibile dal classico album metal o hardcore. Abbiamo cercato di visualizzare il titolo del disco e il mood degli Underball con questo concetto visivo: è fico, è fatto bene, fa pure ridere ma, alla fine, comunque fa schifo. E’ lo specchio della nostra anima.

Non c’è stato bisogno di scomodare mio cugino, psicologo disoccupato, per capire che siete ossessionati dal sesso? Pubertà complicata?
Tuo cugino psicologo credo che cambierebbe lavoro dopo la seduta. Fondamentalmente di che vuoi parlare? La politica è di quelli impegnati o dei giornali, satana è dei metallari, il macismo e le gare a chi ce l’ha più lungo sono per l’hip hop, l’amore e l’introspezione sono per X-Factor… rimanevano solo la cacca e il sesso. Dimentichiamo qualcosa, per caso?

Scherzi a parte, non temete che questa vostra ironia alla fine possa far perdere un po’ di vista i contenuti musicali?
Effettivamente potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Però se cominci sempre a pianificare con l’obbiettivo di fare qualcosa che piaccia alla gente che cosa lo fai a fare er metal? Tanto valeva imparare a pronunciare male l’italiano, effettare la voce con l’autotune e piegarsi a novanta col culo ben aperto.

Sia musicalmente che esteticamente mi sembrate affascinati dagli anni 80, cosa avete preso di buono da quel periodo e cosa vi avete aggiunto di vostro?
Esteticamente può sembrare: metterci gli spandex ci è sembrato un modo accettabile per metterci in ridicolo più di quanto non faccia già l’alcool. Musicalmente in realtà c’è anche molto degli anni 70; sicuramente la parte hard rock e il glam vengono da lì. Non a caso abbiamo fatto anche la cover di “20th Century Boy” dei T-Rex (la trovate sul nostro canale youtubbbbo).

I pezzi di “The Worst Is Yet To Cum” sono diretti e senza fronzoli, sono nati in modo spontaneo o sono il frutto di numerose prove di affinamento?
Il songwriting è sempre stato abbastanza fluido ed immediato, salvo dover tenere a bada certi eccessi artistici. Tipo Pekkia che non vorrebbe scendere sotto i 300bpm o SexLex che si ispira a Whitney Houston.

Il primo singolo ha un titolo, “John Von Love”, che fa pensare che dietro ci sia una storia di vita vissuta. Chi è il protagonista del brano?
In tutte le canzoni c’è sempre qualcosa di vero. Ogni brano racconta di esperienze vissute dai membri (intesi come organi) della band. Ma differenza degli altri, “John Von Lovers” è nato in America, più precisamente a Tampax (Florida), sei è trasferito in Italia nel 2014, quindi non sappiamo tutto di lui… per fortuna.

Immagino che “Dwarfs” si inserisca nel solco della tradizione lirica di un certo power italiano…
’n che senso? (detto alla Verdone). Guarda alla fine è facile: a Zorro piacciono gli AC/DC > gli AC/DC sono nani > visto che siamo deviati il protagonista è un clitoride > il suddetto clitoride è talmente grosso che pare il cazzo di un nano. Facile no?

L’Italia pare che stia aprendo nuovamente ai concerti, siete pronto a darle il colpo di grazia dopo due anni difficili andando in tour?
Considerando i due mesi trascorsi per rispondere a questa intervista ti farà piacere sapere che abbiamo già ripreso. Abbiamo ricominciato solo con il Lazio ma a breve usciranno date nel resto d’Italia e, incrociando le dita e non i flussi, anche in Europa.

Perfect Sky – Rise from the dead

ENGLISH VERSION BELOW: PLEASE, SCROLL DOWN!

La band hardcore austriaca Perfect Sky è stata fondata nel 2000 ed è rimasta attiva fino al 2003. Dopo 15 anni i ragazzi hanno deciso che era ora di rimettersi in gioco con il loro primo album in assoluto “Rise From The Dead” (WTF Records).

Ciao Oliver, potresti presentare la tua band ai nostri lettori?
Prima di tutto grazie per averci concesso questa intervista! Lo apprezziamo davvero molto! Perfect Sky sono Roman alla batteria, Mark al basso, Chris alla chitarra e Oliver alle voci. Viviamo tutti in diverse città vicino a Vienna. Proponiamo un classico HC old school con influenze metal mescolate con alcune parti vocali rappate.

La band è stata fondata nel 2000 ed è stata attiva fino al 2003. Perché dopo 15 anni avete deciso che era ora di rimettersi in gioco?
Il fuoco e l’amore per la musica, soprattutto per l’hardcore, non si sono mai spenti negli anni. Ma è stata più una coincidenza che ci ha portati riunirci dopo 15 anni, o puoi chiamarlo semplicemente destino. Roman ed io ci siamo rincontrati per caso, dopo tanti anni senza contatti regolari. Già dopo il nostro primo incontro era chiaro che eravamo ancora affamati e che volevamo fare di nuovo musica insieme. E così abbiamo iniziato a suonare insieme solo per divertimento. Ci è stato subito chiaro che avevamo bisogno di altri due musicisti per completare di nuovo la band. Poco dopo abbiamo trovato in Mark e Chris il cast perfetto per riportare in vita Perfect Sky. E a dicembre 2018 Perfect Sky sono tornati e abbiamo iniziato a scrivere nuove canzoni.

Come è cambiata la scena HC durante la vostra assenza?
La scena non è cambiata molto secondo me, tranne che ci sono più grandi band oggi che mai. La scena hardcore è ancora un movimento in cui il rispetto e le amicizie sono molto importanti. Ma una grande differenza rispetto al passato è che oggigiorno è molto più facile diffondere la tua musica in tutto il mondo attraverso i social media e i servizi di streaming. Questo è un grande vantaggio, anche se non sono un fan della musica in streaming, preferisco la vecchia scuola come negli anni ’90.

Il vostro atteggiamento è cambiato in questi anni?
No, il nostro atteggiamento nei confronti dell’hardcore non è cambiato affatto nel corso degli anni. Lo adoriamo ancora e non vediamo l’ora che arrivi ogni singola prova e di lavorare costantemente su nuove canzoni, ma soprattutto amiamo stare sul palco, divertirci e passare del tempo con fan e amici. L’unica cosa che è leggermente cambiata negli ultimi anni sono ovviamente le priorità: siamo diventati più grandi, la maggior parte di noi ora ha famiglia e bambini, quindi non è sempre facile riunire musica e famiglia sotto lo stesso tetto. È la vita…

Come nascono le canzoni incluse in “Rise From the Dead”?
In realtà scriviamo sempre le nostre canzoni insieme, quando uno di noi ha una buona idea o un bel riff, lo mettiamo tutti insieme in una nuova canzone. Ecco perché amiamo così tanto le prove, è sempre emozionante perché non sai mai cosa succederà dopo. A volte cambiamo piccole cose anche dopo settimane finché non siamo soddisfatti al 100% del risultato. Quindi è anche molto diverso il tempo necessario per avere una canzone finita. “Last Call”, ad esempio, l’abbiamo scritto in mezz’ora.

L’album è stato registrato durante il blocco?
Il nostro album è stato registrato nell’agosto 2020 in due giorni, tra il primo e il secondo blocco. Usiamo il tempo durante i lockdown per scrivere nuove canzoni. Non c’è nient’altro che possiamo fare in questi tempi folli.

“Raise From the Dead” è stato rilasciato in un’edizione fisica limitata a sole 300 copie, perché?Questa è stata un’idea di Tim, lui vuole sempre fare qualcosa di speciale per i fan. Lo streaming è una cosa, ma essere in grado di tenere una copia fisica tra le mani è molto più simile all’hardcore come dovrebbe essere. Per Tim è importante che ci sia qualcosa per tutti, alcuni preferiscono ascoltare musica in streaming online e altri preferiscono tenere in mano la copia fisica. Anche le richieste di vinile stanno diventando sempre più forti, quindi è probabile che il nostro album uscirà anche in LP. Per noi e per Tim è importante che ogni fedele fan e sostenitore ottenga ciò che vuole.

Com’è nata la tua collaborazione con WTR Records?
Io e Tim ci siamo incontrati su Facebook, il primo contatto tra di noi è stato intorno all’inizio del 2020. Abbiamo poi parlato di tanto in tanto tramite Messenger e tramite Facebook, Tim ha saputo che c’era del nostro nuovo materiale e che volevamo registrare le canzoni nel studio al più presto per pubblicare il nostro primo album. Gli interessava e voleva ascoltarlo non appena abbiamo registrato la prima canzone. Quindi ha ricevuto il tutto e gli è piaciuto molto, il resto è storia. Ci ha fatto firmare e ora siamo felici e orgogliosi di far parte della famiglia WTF.

Siete pronti a tornare in tour dopo la fine del blocco dei concerti dal vivo?
Sicuramente non vediamo l’ora di tornare sul palco. Abbiamo già ricevuto l’una o l’altra richiesta di spettacoli dal vivo. E’ solo questione di tempo prima di poter tornare sul palco, e ci divertiremo ancora di più dopo questi tempi difficili. I Perfect Sky torneranno presto, si spera! Stiamo già fremendo sui blocchi di partenza!

The Austrian hardcore band Perfect Sky was founded in 2000 and stay active until 2003. After 15 the boys has decide it was time to get back in the game with their first ever album “Rise From The Dead” (WTF Records).

Hi Oliver, could you to introduce your band to our readers?
First of all thank you for your doing this interview with Perfect Sky! We really appreciate that a lot! Perfect Sky is Roman on Drums, Mark on Bass, Chris on Guitar and me doing the Vocals. We all live in different cities near Vienna. We´re doing classic old school HC with some metal influences mixed with some rapped vocal parts.

The band was founded in 2000 and was active until 2003. Why after 15 year did you decide it was time to get back in the game?
The fire and the love for music, especially for hardcore, has never died down over the years. But it was more of a coincidence that we reunited after 15 years, or you can call it just fate. Roman and I met again by chance, after many years without regular contact. Already after our first meeting it was clear to us that we were still hungry to make music together again. And so we just started jamming together with me on guitar just for fun. It quickly became clear to us that we needed two more musicians to complete the band again. Shortly afterwards we found in mark and chris the perfect cast to bring Perfect Sky back to life. And in December 2018 Perfect Sky was back on the map and we started writing new songs.

How is changed the HC scene during your absence?
The scene hasn’t really changed much in my opinion, except that there are more great bands today than ever before. The hardcore scene is still a scene or movement in which respect and friendships are very important. But a big difference to the past is that nowadays it is a lot easier to spread your music to the whole world through social media and streaming services. That’s a big advantage, although i’m not a fan of streaming music, I prefer it old school like in the 90s. Our sound, however, has changed a lot: at the beginning, at the end of the 90s, we had a lot more metallic influences. We listened to bands like Morning Again, Sky Came Falling, Unbroken, Arkangel etc. we loved these bands and wanted to create that kind of sound too. But after a few line up changes we went back to our roots with which our love for hardcore began. We listened to bands like Madball, Agnostic Front, Warzone, Rejuvenate, SOIA, Battery, Youth of Today… now it sounds more like the mentioned bands again, although it also sounds independent because we don’t want to commit to just one style, we still have metallic influences and sometimes rapped vocal parts too, we just do what the fuck we want without having to restrict ourselves. I think that’s a good refreshing sound.

Is your sound and your attitude changed in these years?
No, our attitude towards hardcore has not changed at all over the years. We still love it and look forward to every single rehearsal and to constantly working on new songs. But most of all we love to be on stage and just have a good time and spend time with fans and friends. The only thing that has changed a little in the last few years is of course the priorities. We have gotten older, most of us now have families and kids, so it is not always easy to get music and family under one roof. That´s life…

How are born the songs included in”Rise From the Dead”?
We actually always write our songs together, one of us comes up with a good idea or a cool riff and together we put it all together into a new songs. That´s why we love rehearsals that much, it´s always exciting because you never know what´s happening next. Sometimes we change little things even after weeks until we are 100 percent satisfied with the result. Therefore it is also very different how long we need for a finished song. “Last Call”, for example, we wrote in half an hour.

Was the album recorded during the lockdown?
Our album was recorded in august 2020 within two days, between the first and second lockdown. We use the time during the lockdowns to write new songs. There is nothing else we can do in these crazy times.

“Raise From the Dead” was released in a limited physical edition just 300 copies, why?
That was Tim’s idea, he always wants to do something special for the fans. Streaming music is one thing, but to be able to hold a physical copy in your hands is a lot more like hardcore as it still should be. For Tim it is important that there is something for everyone, some prefer to stream music online and others prefer to hold the physical copy in their hands. The calls for vinyl also getting louder, so it is likely that our album will also be released on vinyl. It is important to Tim and us that every loyal fan and supporter gets what they want.

How is born your collaboration with WTR Records?
Tim and i met on Facebook, the first contact between us was around the beginning of 2020. We then talked from time to time via Messenger and via Facebook tim heard that there was new material from us and that we wanted to record the songs in the studio soon to release our first album. He was interested in it and wanted to hear it as soon as we recorded the first song. So he got this one too, liked it a lot and the rest is history. He signed us and now we´re happy and proud to be a part of the WTF Family.

Are you ready to back on the road after the live concerts stop?
Definitely, we can’t wait to get back on stage. we have already received one or the other request for live shows. it is only a matter of time before we can be back on stage, and we will enjoy that even more after these hard times. Perfect Sky will be back soon, hopefully! We are already scraping in the starting blocks!

Toxic Youth – Il ritorno della gioventù tossica

Un grande nome della scena hardcore anni 90 è di nuovo tra noi dopo quasi venticinque anni di silenzio. Non potevamo farci sfuggire l’occasione di chiacchierare del nuovo album dei Toxic Youth, “Back To You-th” (WTF Records) con Cristian ed Ale.

Ciao Cristian e Ale, quando avete intitolato il vostro primo album “Real Attitudes… Not Words!”, non mentivate di certo. Abbiamo dovuto aspettare un quarto di secolo per poter ascoltare il suo successore: se non è una prova di attitudine underground questa!?
Cristian: Ciao, intanto grazie dello spazio che ci state concedendo, sì, sono passati tanti anni ma l’attitudine è rimasta quella.
Ale: Anzi, sempre più convinti e fieri delle scelte fatte in passato e che ora ci rivedono qui ancora più uniti.

Quale è stata la molla che vi ha portato a rompere questo lungo silenzio discografico?
Cristian: Dall’uscita del primo disco sono successe molte cose, sia a livello di band che personali, diciamo che abbiamo ritrovato il feeling e l’alchimia di un tempo.
Ale: Le cose accadono sempre nel posto giusto e al momento giusto, quando ci siamo ritrovati, oltre a guardarci negli occhi, abbiamo seguito la fiammata che abbiamo sentito nel cuore. Le famiglie, a volte, hanno bisogno di allontanarsi per poi ritrovarsi .

Aspettare 24 anni e poi ritrovarsi con un disco fuori nel pieno di una pandemia è una gran sfiga, no? Immagino che che per una band come la vostra, la vera promozione la si faccia macinando chilometri.
Cristian: Esattamente, la dimensione live è quella che ci calza meglio e ci dà la possibilità di esprimerci come artisti. Come hai detto, è una bella “sfiga”, ma siamo consci del momento storico e stiamo cercando di sopperire la mancanza di live con l’ausilio dei social network.
Ale: In fondo, bisogna sempre fare tesoro delle situazioni in cui ti trovi, anche quelle peggiori. Forse è un bene poter ritornare ancora più forti di prima, l’attesa rende la belva più feroce, e noi scalpitiamo per tornare on stage.

Nessuna descrizione della foto disponibile.


Qualche giorno fa avete condiviso una locandina, quella del Milano Suona 1997. Un festival di più giorni nel quale si sono esibiti band all’epoca emergenti e che poi sono state tra i maggiori protagonisti della scena rock, nel senso più ampio, del nostro Paese come Negrita, Afterhours, Carmen Consoli, Bluevertigo ed altri. Rivedendo quella foto non vi viene di pensare che all’epoca eravate quasi arrivati e che poi qualcosa sia andata storta e non siete riusciti a sfruttare al meglio certe opportunità?
Cristian: Prossima domanda, grazie (ridendo). 

“Back to You-th” esce per l’olandese WTF  Records. Nel 2020 serve ancora avere un’etichetta alle spalle, soprattutto in un ambiente come quello hardcore punk che da sempre si regge sull’etica del DIY?
Cristian: Guarda, non potremmo essere più felici di aver incontrato una persona come Tim (il boss della WTF), che crede ancora nei valori dell’amicizia e fratellanza tipica della scena hardcore. La nostra rimane un’etichetta DIY al 100%, ma gestita con cura, e tutto viene condiviso tra noi e loro, anche il lavoro di press, booking e promozione.
Ale: Con Tim ci sentiamo veramente DIY, grazie WTF!

Il disco è uscito, se non erro, in edizione limitata, come mai?
Cristian: Diciamo che abbiamo preferito fare un numero limitato (300) di copie ma curato sotto l’aspetto del packaging, con digipack e booklet molto “cool”. Seconda cosa, il formato fisico anche nel circuito underground ha ceduto una buona quota al digitale, anche se speriamo di arrivare a una ristampa, magari con qualche bonus.

Nella tracklist troviamo un brano che si chiama “Milano Rendez Vous”, la vostra pagina FaceBook ha come indirizzo toxicyouthmilano e la copertina richiama il celeberrimo logo della milanese Campari: a cosa è dovuto questo forte legame con la vostra città?
Ale: Nel bene e nel male, è la nostra città; ci sono i nostri affetti, la nostra storia, fatta di errori e gioie. Quando sono rientrato dopo anni di assenza, mi sono sentito nuovamente a casa, insomma. Poi tutto è ripartito, soprattutto la mia vita ha avuto un nuovo inizio. Mi è venuto dal cuore tributargli una canzone. Supportiamo la nostra città e speriamo di ripartire tutti al più presto.

Altra canzone che, se non altro per motivi anagrafici, mi ha colpito per il titolo è “Do It (90° Min.)”, m’ha fatto pensare alla celeberrima trasmissione di Paolo Valenti. Mi spieghereste il vero significato?
Ale: “Do It” risale agli anni 90, al nostro demo del 1993. In effetti, quando l’ho re-intitolata, onestamente, pensavo proprio a 90° minuto: grande, ci ha preso!

Programmi per i prossimi 25 anni, in attesa del terzo capitolo?
Ale: Vediamo cosa ci riserva la vita, onestamente adesso pensiamo a goderci il presente, abbiamo molto da fare, non possiamo deludervi.

Lemmerde – Il pop è violento

Il gruppo de Lemmerde non si limita a riprodurre i classici della canzone italiana in chiave metal e hard core. Arrangiamenti ricercati ed una spiccata propensione al divertimento li hanno portati fino alla corte dei Sick Tamburo. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Manuel, frontman della band.

“Violent Pop” (Autoproduzione, 2018) è un album che denota uno sforzo produttivo notevole. Quanto tempo c’è voluto per farlo uscire?
Uno sforzo da mmerde, di pochi mesi in realtà ma di buona consistenza e dall’aroma pungente.

Con il vostro repertorio spaziate in scioltezza dagli anni ’40 ai ’90 della canzone italiana. Preferite riarrangiare le hit del passato o date lustro anche a brani meno noti?
Dare lustro a brani meno noti comporta una nobiltà d’animo che non è da mmerde.

Mi piacciono i gruppi aperti alle partecipazioni. Andrea Venor e Gianfranco di Matteo, entrambi vocalist di estrazione metal, cantano rispettivamente in “Dadaismo Umpacchiano” e “Robot Blood”. Come sono nate queste collaborazioni?
Non sono collaboratori, sono le nostre coriste che sfruttiamo per le nostre esigenze corporali.

Sulla copertina dell’album ci siete voi quattro incappucciati a torso nudo. Perché ritrarvi così?
Perché la nostra musica è come un sacchetto da asporto: non sai mai quello che ti capita (cit.).

Avete realizzato tre videoclip per altrettante canzoni estratte da “Violent Pop”. Mi raccontate un retroscena di uno dei video?
Nel video “La Solitudine” ci siamo trovati alla stazione di Palermo Notarbartolo. Il capotreno, incuriosito dai costumi e dalla videocamera, ci ha chiesto quando poteva partire per girare in sincro la scena.

Una volta ad un vostro concerto ho visto un pubblico talmente costipato, che molta gente è stata costretta ad evacuare fuori dal locale. Come ricambiate dal palco l’affetto di chi vi segue?
Capita ai concerti delle mmerde un pubblico costipato costretto ad uscire per evacuare, noi ricambiamo con sudore e fiumi di carta igienica.

Dal logo ai videoclip, dai costumi di scena alle locandine, anche la parte visuale del gruppo è particolarmente curata. Quanto ha influito questo aspetto nei risultati raggiunti finora?
Ha influito in maniera determinante alla diffusione del virus marrone.

I vostri sforzi sono stati premiati con l’inserimento di una versione del brano “Intossicata” nella compilation “Parlami per Sempre”, un tributo ai Sick Tamburo in onore di Elisabetta Imelio. Come è nata questa esperienza?
Abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a questa compilation dedicata alla grande Elisabetta Imelio grazie alla fanzine All You Need Is Punk che ci supporta da sempre.

So che a breve uscirà un 7″ autoprodotto, di cosa si tratta?
Questo 7″ è la collaborazione con una band emiliana, i Divarikator. Noi mmerde usciremo con due brani inediti, “Ragazzo di Minchia” e “Iron Tiziano”. Uscita prevista per gennaio 2021.

Dove trovate gli stimoli giusti per andare avanti?
Riuscire a merdizzare la musica italiana è un grosso stimolo… Peace and shit!