Sorcerer – Il lamento dello stregone

Chi volesse utilizzare un esempio pratico per confutare il vecchio detto “il tempo è galantuomo”, potrebbe raccontare la parabola dei Sorcerer. Gli svedesi nati a Stoccolma nel pieno del boom del death metal, hanno rilasciato un paio di demo – “Sorcerer” e ” The Inquisition”- diventati oggetto di culto tra gli amanti del doom. Poi dal 1992 al 2015 il silenzio assoluto, sino al sorprendete ritorno marchiato Metal Blade, “In the Shadow of the Inverted Cross”. Da qual momento gli scandinavi hanno dato il via alla seconda parte della propria carriera in modo regolare, arrivando oggi alla terza uscita, “Lamenting of the Innocent”, nel giro di soli cinque anni. Ancora una volta un disco che non solo non sminuisce il fascino da cult band conquistato durante il lungo stop, ma lo accresce in modo esponenziale. È toccato ad Anders Engberg, vocalist dai tempi dei mitici demo, rispondere alle nostre domande.

Benvenuto Anders, chi è l’innocente citato nel titolo del vostro nuovo grande album?
L’album è un concept, nel senso che ogni canzone ruota intorno a tematiche legate al periodo in cui era in vigore la caccia alle streghe. L’ispirazione maggiore arriva dal libro “The Witch Hammer – Malleum Malleficarum”, gli innocenti sono tutte le vittime della follia scatenata per tanto tempo da quel tomo nefesto.

Nella vostra line up attuale troviamo un nuovo bassista, Justin Biggs, e l’ex batterista Richard Evensand, che novità hanno portato nel sound dei Sorcerer con il loro ingresso?
Justin ha contribuito con un nuovo suono di basso e ha anche scritto un paio di riff / canzoni, oltre ad aver partecipato alla stesura dei testi dell’album. Il solo ritorno di Ricky per me è una cosa meravigliosa, poter suonare di nuovo insieme dopo tutti questi anni è fantastico! Poi lo ritengo anche uno dei migliori batteristi svedesi, quindi nulla potrà andare storto con lui dietro le pelli!

A proposito di musicisti di svedesi di valore, Johan Langquist dei Candlemass è l’ospite nel brano “Deliverance”: come è stato lavorare con una vera leggenda del doom metal?
Johan è un mio vecchio amico, suonavo in una band con suo fratello, quindi lo conosco da oltre trenta anni. È un cantante fantastico, il migliore, secondo me, tra quelli che sono transitati nei Candlemass. È stato un vero onore averlo sia in studio che nel video della canzone “Deliverance”.

Nella stessa traccia troviamo il rinomato violoncellista svedese Svante Henryson, ti piace la musica classica o è stata un’idea nata per caso?
Posso affermare in tutta onestà che ne sono un amante, l’opera è il mio genere preferito ma anche Orrf, Wagner e simili non mi dispiacciano. Sì, sono un fan.

Come capita sempre più spesso anche per altre band, avette prodotto da soli il vostro album, perché?
Siamo tutti musicisti molto esperti e siamo circondati da persone molte valide, quindi per noi non è mai stato necessario coinvolgere un vero e proprio produttore. Abbiamo avuto bisogno solo di un co-produttore, Conny Welén, che è ha lavorato con noi in tutti e tre gli album. Sappiamo tutti esattamente come vogliamo che i nostri album suonino, per questo è meglio fare tutto da soli, no?

La vostra scelta sembra giusta, il vostro suono è fottutamene drammatico ed epico, qual è il segreto?
Non so se abbiamo un vero e proprio segreto, ma tutti noi amiamo la musica con un feeling drammatico. Penso che alla fine abbiamo ottenuto quello che volevamo, cioè creare un sound per i Sorcerer che fosse big, badass and melodic.

I Sorcerer nascono a Stoccolma nel 1988, quando la città era una delle capitali del death metal. Voi siete andati controtendenza, avete scelto una forma di doom metal molto classica e scevra da contaminazioni estreme. Da cosa è dipesa questa volontà di non salire sul carrozzone della moda imperante?
In realtà, al momento della fondazione io ero in un’altra band e mi chiesero di scrivere i testi e incidere la voce per il primo demo. Non avevo idea di cosa fosse davvero il doom, conoscevo i Candlemass ma non li avevo mai seguiti molto. Quando ho ascoltato per la prima volta i pezzi con la mia voce, ho capito che quello era il mio sound! Il resto è storia, ah ah.

Oltre ad essere il tuo genere d’elezione, credi che il doom metal possa rappresentare la colonna sonora perfetta per questi giorni di isolamento a causa della pandemia?
Non so se nessun tipo di musica possa descrivere la drammatica situazione che stiamo vivendo in questo momento. Voglio dire, chi avrebbe mai immaginato che saremmo precipitati in questo stato di calamità mondiale a causa di un virus? Ma forse, proprio il doom, se mai fosse possibile, è il genere che può racchiudere in sé la drammaticità del momento.

Il vostro primo demo è datato 1989, ma l’album di debutto è stato pubblicato nel 2015. Come è cambiata la scena musicale in questo intervallo di 25 anni?
È cambiata profondamente. Allora dovevi andare in studio per registrare tutto e avevi solo quel tempo limitato per farlo. Oggi tutti possono fare il più a casa loro, nel proprio studio privato, come noi. Registriamo tutto, tranne la batteria, noi stessi, questa è una differenza enorme. Inoltre, il modo in cui la musica viene diffusa e ascoltata vive un momento di grande cambiamento. Voglio dire, quando ho iniziato c’erano solo cassette e vinili, ora ci sono molti modi per fruirne e la confusione è notevole. Essere capaci di sfondare quel muro di confusione e arrivare da qualche parte è molto più difficile oggi.

Ma se all’epoca le cose erano più semplici di oggi, perché nel 1992 la band si è separata?
Io ero attivo anche con altre band e volevo progredire in un’altra direzione. Johnny voleva fare le sue cose, quindi nel 92 anni ci siamo sciolti. Nessun risentimento o screzio quando tutto è finito, io e Johnny eravamo amici prima e lo siamo ancora oggi come allora.

Però, anche alla luce dell’ottima accoglienza ricevuta dai vostri album dopo il rientro, qualche rimpianto per lo scioglimento ce l’hai?
Nessun rimpianto, solo curiosità per quello che sarebbe successo se avessimo continuato normalmente la nostra attività. Questo non lo sapremo mai, ma non me ne faccio un cruccio, perché amo il modo in cui suoniamo e scriviamo musica oggi. Tutto sommato, penso che la situazione odierna non sia peggiore di quella che avremmo potuto raggiungere dopo svariati anni di carriera se non ci fossimo separati.

Forse qualche rimpianto può procurarlo l’aver pubblicato un nuovo album e non poter suonare dal vivo per promuoverlo. Quanto vi pesa questa cosa?
Questo non vale solo per noi, ovviamente questa situazione ha mandato all’aria tutti i nostri piani. Non poter partecipare a tutti gli eventi che avevamo già programmato è veramente frustrante. La cosa buona è che tutti gli spettacoli sono stati rischedulati per il prossimo anno, quindi dobbiamo solo attendere e poi tornare di nuovo in sella.

g.f.cassatella

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