I Criminal di Anton Reisenegger (Brujeria, Lock Up, Pentagram Chile) sono tornati con un disco, “Sacrificio” (Metal Blade), che affonda le proprie radici nel disagio sociale causato in Cile e nei Paesi di lingua spagnola dalla pandemia.
Benvenuto Anton, dopo 30 anni e 9 full-length, possiamo considerare il vostro nuovo album “Sacrifico” un ritorno al sound originale? Ehi, grazie per avermi contattato! Sì, penso che in molti modi questo album si colleghi ai nostri primi due, tre album soprattutto per i ritmi più grovy e tribali e per i ritornelli più diretti, quasi singalong. Ma allo stesso tempo potrebbe benissimo essere il nostro album più estremo fino ad oggi, a volte al limite del grindcore.
Questa nuova release è il vostro manifesto definitivo? Niente è definitivo. Siamo sempre stati concentrati sul momento e testimonieremo sempre le cose che accadono intorno a noi. Da un punto di vista musicale può essere qualcosa del genere però, perché penso che unisca tutti i nostri punti di forza che abbiamo sviluppato negli anni.
Che ne è dell’ambiente politico e sociale cileno dopo la pandemia di Covid? Beh, tutto si è un po’ tranquillizzato dopo la rivolta dell’ottobre 2019, ma è una calma tesa. Alcune cose hanno iniziato a cambiare, ma le persone sono sospettose e vogliono vedere un vero cambiamento. È un processo che richiederà anni però. Spero che non venga fottuto da alcuni politici populisti e opportunisti.
Quanto è importante per te l’uso della lingua spagnola nelle tue canzoni in questa fase storica? Bene, abbiamo già incluso canzoni in spagnolo dal nostro secondo album “Dead Soul” nel 1997 in poi, quindi è diventato una specie di marchio di fabbrica e qualcosa che i nostri fan si aspettano. Ora, in questo particolare momento, credo che abbia più senso che mai, perché parliamo di eventi contingenti che stanno accadendo nel mondo di lingua spagnola, non solo in Cile, quindi penso che le persone di quei paesi saranno in grado di entrare in sintonia con noi in modo più profondo.
Abbiamo bisogno di un sacrificio per la nostra salvezza? Ed è questa una chiave di lettura cristiana della salvezza? Ci piace usare immagini cristiane (e anticristiane) nel nostro immaginario e nelle nostra grafiche, ma siamo probabilmente quanto c’è di più lontano dall’essere cristiani, ahah! In questo caso particolare, ciò che intendiamo è che un intero paese è stato sacrificato in nome dell’avidità e del potere.
E i nuovi membri? Perché hai preferito non semplicemente dei nuovi membri, ma bensì giovani musicisti? Allora, con una storia di 30 anni alle spalle è difficile mantenere una formazione stabile. Le vite dei membri cambiano, alcuni vogliono e altri hanno bisogno di passare ad altre cose, quindi è sempre piacevole coinvolgere alcuni giovani musicisti che sono davvero entusiasti e disposti a sacrificare (nessun gioco di parole) altre cose per andare in giro e suonare musica. La maggior parte dei musicisti della mia età è già adagiata a modo suo e trova difficile adattarsi a situazioni specifiche, ma la generazione più giovane è molto più flessibile, quindi è un piacere lavorare con loro.
Guardandoti indietro, hai rimpianti? Probabilmente molti. La vita è piena di decisioni e puoi fare solo una scelta, quindi non scoprirai mai cosa sarebbe successo se avessi fatto le cose in modo diverso. Col senno di poi è ovviamente sempre più facile dire “avrei dovuto fare le cose diversamente” ma sì, non posso negare che mi pento di non aver lasciato prima il mio paese per intraprendere la carriera di musicista.
Siete pronti a tornare in scena dopo l’emergenza pandemica? Non ne sono sicuro, ahah. Probabilmente inizierò a fare un po’ di esercizio e a vivere in modo più sano prima di poter affrontare un tour.
Consiglieresti qualche band cilena che ti piace davvero? Wow, ce ne sono così tanti, citerò solo le prime che mi vengono in mente: Poema Arcanus, Capilla Ardiente, Nuclear, Demoniac, Degotten, Ripper, Mourning Sun, Montaña Sagrada, Atomic Aggressor… beh, questo breve elenco è già qualcosa, ahah!
Anton Reisenegger‘s Criminal (Brujeria, Lock Up, Pentagram Chile) are back with a record, “Sacrificio” (Metal Blade), which has its roots in the social unrest caused in Chile and in Spanish-speaking countries by the pandemic.
Welcome Anton, after 30 years and 9 full-lengths, could we consider your new album “Sacrifico” a return to your original sound? Hey, thanks for having me! Yes, I think in many ways this album connects to our first two, three albums because of the more grovy, tribal rhythms and the more straightforward, almost singalong choruses. But at the same time it very well may be our most extreme album to date, sometimes verging on grindcore.
Is this new release your definitive manifesto? Nothing is definitive. We have always been and will always be commenting on the things that happen around us. From a musical point of view it may be something like that though, because I think it unites all the strengths that we have been developing over the years.
What’s about the Chilean political and social environment after the covid pandemic? Well, it has all calmed down a little after the uprising in October 2019, but it is a tense calm. Some things have started to change, but the people are suspicious and want to see real change. It is a process that will take years though. I hope it doesn’t get fucked up by some populist, opportunist politicians.
How is important to you the use of the Spanish language in your songs in this historical phase? Well, we’ve included songs in Spanish in our albums since our second album “Dead Soul” in 1997, so it has become kind of a trademark and something our fans have come to expect. Now in this particular moment in time I think it makes more sense than ever, because we’re talking about very concrete events that are happing in th Spanish-speaking world, not only Chile, so I think people from those countries will be able to relate to them in a stronger way.
Do we need a sacrifice for our salvation? And is this a Christian reading key of salvation? We like to use Christian (and anti-Christian) imagery in our graphics, but we’re probably the farthest away from being Christian, haha! In this particular case, what we mean is that a whole country has been sacrificed in the name of greed ad power.
What’s about the new members ? Why did you prefer, not only new members, but young musicians? Well, with a 30-year history it is always difficult to maintain a stable line-up. Member’s lives change, some want and some need to move on to other things, so it is always refreshing to get some young musicians in who are really enthusiastic and willing to sacrifice (no pun intended) other things in order to go out there and play music. Most musicians of my age are already set in their own ways and find it difficult to adapt to specific situations, but the younger generation is much more flexible, so it is a pleasure to work with them.
Looking back, do you have any regrets? Probably a lot. Life is full of decisions, and you only get to make one choice, so you never find out what would have happened if you’d done things differently. In hindsight it is obviously always easier to say “I should have done things differently” but yes, I can’t deny I regret not leaving my country earlier to pursue a career as a musician.
Are you ready to back on stage after the pandemic emergency? I’m not sure, haha, I will probably start to exercise and live healthier before I can do a tour.
Would you recommend some Chilean bands you really enjoy? Wow, there’s so many, I’ll just name a few from the top of my head: Poema Arcanus, Capilla Ardiente, Nuclear, Demoniac, Degotten, Ripper, Mourning Sun, Montaña Sagrada, Atomic Aggressor… well, that’s already more than a few, haha!
Dal 1989 i tedeschi Desaster hanno prodotto diversi grandi album di metal estremo. Dal 4 giugno 2021 hanno aperto la loro chiesa empia a tutti i loro fan, e così abbiamo deciso di parlare del nuovo album, “Churches Without Saints” (Metal Blade Records), con il cantante Sataniac.
Benvenuto Satainac, i Desaster sono nati nel 1988, qual è la formula per sopravvivere nel mondo della musica per 30-35 anni? Ciao Giuseppe, i Desaster non fanno parte del vero big music biz, ma penso che la cosa più importante per sopravvivere a lungo come band è non prendersi troppo sul serio. E ovviamente amiamo quello che facciamo.
“Churches Without Saints” è il tuo sesto full-length con i Desaster, sei soddisfatto di questo ritorno sulle scene? Non eravamo andati via, quindi non è un ritorno, ma io sono e siamo molto contenti del nuovo album. Soprattutto che abbiamo arruolato un batterista che si adatta perfettamente ai Desaster. Musicalmente e caratterialmente…
Come è cambiato il tuo ruolo nella band dal tuo album di debutto sino a “Churches Without Saints”? Non credo che il mio ruolo sia cambiato dai tempi di “Divine Blasphemies”, scrivo i testi e mi occupo della voce, questo è quello che faccio da quando sono entrato nella band nel 2001!
Dai tempi di “Satan’s Soldiers Syndicate”, impiegate quattro \ cinque anni per pubblicare un nuovo album: come potresti spiegare questo lungo periodo di gestazione? Invecchiamo e ovviamente ci sono sempre altre priorità oltre ai Desaster. Famiglia, lavoro, ecc. E infatti non avverto il bisogno di avere un nuovo album dei Desaster ogni anno.
Potresti presentarci il tuo nuovo batterista, Hont? Sì, Hont è un mio buon amico e sicuramente un maniaco del metal. Abbiamo anche suonato insieme in una band chiamata Divine Genocide. Dopo la divisione dei Divine Genocide sono andato a finire nei Desaster e abbiamo perso i contatti per un po’. Ora, sembra essere il batterista perfetto per noi, perché è un maniaco del metal e una persona molto calma e amichevole.
Cosa significa veramente il titolo “Churches Without Saints”? Basta dare uno sguardo all’ipocrisia dell’Homo Sapiens e cosa ne è stato di lui dopo che ha iniziato a seguire le religioni. Ci sono cose migliori nella vita. Bisogna fermare la follia!
Abbiamo davvero bisogno di santi? Non ci sono santi da nessuna parte, quindi possiamo avere bisogno di ciò che non esiste. È una specie di gioco di ruolo, una favola…
La mia canzone preferita dell’album è “Exile Is Imminent”, come è nata questa traccia e qual è la tua canzone preferita? Questa è stata realizzata mentre scriviamo tutte le canzoni. Jammiamo sui riff che Infernal presenta e proviamo a renderli una vera canzone. A volte ne usciamo vittoriosi, altre volte potrebbe essere migliore. Hahaha… Ho tre o quattro canzoni preferite: “Exile is Imminent”, “Learn To Love The Void”, “Endless Awakening” e la title track.
Qual è la situazione attuale per quanto riguarda i concerti in Germania? Ti aspetti una rapida ripresa dell’attività dal vivo? Non ci sono piani concreti per un ritorno ai live nei prossimi mesi. Spero che questa situazione Covid finisca presto, così possiamo tornare di nuovo sul palco!
Since 1989 the German band Desaster has produced several great extreme metal albums. From 4 June 2021 they opened their unholy church to all their fans, and so we decided to talk about the new album, “Churches Without Saints” (Metal Blade Records), with the singer Sataniac.
Welcome Satainac, Desaster are born in 1988, what is the formula to survive in the music biz 30-35 years? Hi Giuseppe, ok Desaster is not really a part of the real big music biz, but I think the most important thing to survive a long time as a band is that we don’t take ourselves too serious. And of course we love what we do.
“Churches Without Saints” is your sixth full-length with Desaster, are you satisfied with this come back? We weren’t gone, so this is no come back, but I’m and we are very happy with the new album. Especially that we fund a drummer that fits perfect to Desaster. Musically and personally…
How is changed your role in the band from your debut album to “Churches Without Saints” ? I don’t think that my role has changed since Divine Blasphemies, I write the lyrics and doing vocals, that’s what I do since I entered the band in 2001!
From”Satan’s Soldiers Syndicate” times, you need four\five years to release a new album: how could you explain this long gestation period? We grow older and of course there are always other priorities next to Desaster. Family, work, etc. And in fact I don’t need a new Desaster album every year.
Could you to introduce your new drummer, Hont? Yes, Hont is a good friend of mine and a metal maniac for sure. We also played together in a band called Divine Genocide. After the split of Divine Genocide I went to Desaster and we lost the contact for a while. Now, he seems to be the perfect drummer for us, because he is a metal manic and a very calm and friendly person.
What really means the title “Churches Without Saints”? Have a look on the hypocritical Homo Sapiens, and what has become of them following religions. There are better things in life. Stop the madness!
Do we really need saints? There aren’t saints anywhere, so in case we can’t need what don’t exists. It’s a kind of roleplay, a fairytale…
My favorite song on the album are “Exile Is Imminent”, how is born this track and what’s your favorite song? This one was written as we write all songs. We jam the riffs that Infernal presents and try to make them a real song. Sometimes we are victorious, other times it could be better. Hahaha… I have three or four favorite songs: “Exile is Imminent”, “Learn To Love The Void”, “Endless Awakening” and the title track.
What is the current situation with regard to the gigs in Germany? Do you expect a fast resumption of live activity? There are no concrete plans for a live comeback in the next months. I hope this Covid-situation will end soon, so that we can enter the stage again!
A metà degli anni ’80 i danesi Artillery si affermarono come un nome di spicco del movimento thrash. Nel 1999 la band è tornata con “When Death Comes”, una seconda vita che oggi ci regala il decimo album “X” (Metal Blade Records), un disco di puro metallo fusospietatamente pesante e orecchiabile.
Benvenuto Michael (Bastholm Dahl), vorrei congratularmi per il vostro nuovo album “X”. Che tipo di preparazione ci vuole per mettere insieme un disco epico come questo? Bene, prima di tutto, grazie mille! Il processo di scrittura negli Artillery è in realtà abbastanza semplice, il che significa che cerchiamo di non analizzare e pensare troppo alle cose. Seguiamo solo il nostro istinto e la nostra ispirazione. Quindi, che risulti buono è semplicemente fantastico.
Il vostro album precedente era intitolato “The Face of Fear”. Nell’ultimo anno abbiamo visto il vero volto della paura, “X” è nato sotto l’influenza dell’emergenza pandemica? No. Anche se sarebbe una cosa naturale da dire, in realtà non l’abbiamo fatto consciamente. Penso che i media e le persone in generale siano o si sentano un po’ saturi di tutta questa roba sulla pandemia. Sarebbe una cosa ovvia sui cui scrivere, ed è per questo che abbiamo deciso di non farlo.
“X” è il decimo album della vostre carriera e il primo dopo la morte di Morten Stützer: come ti sei sentito a lavorare senza di lui? Il primo album dopo la morte di Morten Stützer, lui ha scritto un sacco di cose, che abbiamo incluso nell’album. Riff, idee per le canzoni ecc. Quindi, anche se non era con in carne ed ossa, era lì con lo spirito, e questo è un qualcosa che ci accompagnerà sempre.
Quando avete scelto Kræn Meier, volevate un chitarrista sulla simile a Morten o no? Non stavamo cercando una replica di nessuno. Kræn ha il suo stile, e si adatta bene agli Artillery.
Nella prima stagione di Artillery avete scritto solo tre album, dopo il ritorno sette: cosa è scattato nella band che vi ha permesso di avere questo nuovo ritmo creativo? All’inizio non credo ci fosse alcuna intenzione di pubblicare solo tre album. È accaduto e basta. Questa volta, abbiamo continuato ad andare avanti. C’è tanta volontà di andare avanti con gli Artillery, quindi la persistenza è la risposta, suppongo.
Pensi che questo album sia paragonabile alle vostre uscite precedenti? È difficile non essere di parte qui, dal momento che “X” è così recente. Penso che “X” riepeta quello che hanno fatto anche le nostre release precedenti. Attenersi al nostro marchio, ma allo stesso tempo evolversi. Non miriamo mai né al conformismo né all’allontanamento dalle nostre radici.
Guardando indietro, sei soddisfatto della tua carriera con gli Artillery? Assolutamente! Si può sempre dire che sarebbe stato più bello con più ricchezza o altre cose, ma alla fine, devi essere grato per quello che hai ottenuto. Altrimenti saresti sempre insoddisfatto. Finora è stata una buona carriera.
Cosa pensi che distingua gli Artillery dalle altre bande? Suppongo che siamo un po’ più melodici. Abbiamo incluso anche dell’atmosfera metal anni ’70. Usiamo anche voci pulite, che forse non sono originalissime, ma comunque un po’ lontane dai canoni delle thrash band. Abbiamo anche avuto delle influenze mediorientali in alcune delle nostre canzoni, quindi suppongo che facciano anche parte del nostro marchio di fabbrica.
Con il vaccino forse la musica tornerà sul palco, siete pronti? Più che pronti! Non vediamo l’ora di ripartire!
In the mid-1980s Denmark’s Artillery established themselves as being at the cutting edge of the thrash movement. In 1999 the band is back with “When Death Comes”, a second life that today gives us their tenth full length “X” (Metal Blade Records), a record that’s ruthlessly heavy, catchy and pure molten metal.
Welcome Michael (Bastholm Dahl), I’d like to congratulate for your new album “X”. What kind of preparation goes into putting an epic album like this together? Well, first of all, thanks a lot! The writing process in Artillery is actually quite natural, which means, that we try not to analyze and overthink things too much. We just follow our gutfeel and inspiration. So, that it turns out good is just great.
Your previous album was titled “The Face of Fear”. In the last year we saw the real face of the fear, is “X” born under the influence of the pandemic emergency? No. Even though it would be a natural thing to write about, we have actually not done that directly. I think that the media and people in general, either is or feel a bit over saturated with this whole pandemic. It would be the obvious thing to write about, and that’s why we decided not to.
“X” is the tenth album of your career and the first after the death of Morten Stützer: how did you feel to work without him? The first album after the death of Morten Stützer. Morten wrote a lot of stuff, which we included on the album. Riffs, song ideas etc. So, even though he wasn’t there in the flesh, he was there in the spirit, and that is something he always will be.
When you choose Kræn Meier did you want a guitarist in the vein of Morten or not? We weren’t looking for a replica of anyone. Kræn got his own style, but fits in nicely in Artillery.
In the first season of Artillery you wrote just three album, after the comeback seven: what was really change in the band to have this new rhythm in the songwriting process? I don’t think there was any plan to just release three albums at first. It just happened that way. This time around, we just kept on going. There is a need and will to keep Artillery going, so persistence is the answer, I suppose.
How do you think this album compares to your prior releases? It’s hard not to be biased here, since “X” is so new. I think that “X” does, what our previous releases have done as well. Sticking to our trademark, but evolving at the same time. We never aim for either conformity nor moving away from our roots.
Looking back, are you satisfied of your career with Artillery? Absolutely! You can always say, that it would have been nice with more wealth or other things, but in the end, you must be grateful for what you got instead. Otherwise you would always be dissatisfied. It has been a good career so far.
What do you think separates Artillery from other thrash bands? I suppose we are a bit more melodic. We got that seventies metal vibe included as well. We use clean vocals as well, which is maybe not unique, but still a bit away from the “general” thrash band sound. We got that middle eastern thing going as well in some of our songs, so I suppose that is a part of our trademark sound also.
With the vaccine maybe the music will back on the stage, are you ready? More than ready! We can’t wait to go out on the road again!
Dopo la celebrazione del loro trentesimo anniversario nel 2020, i The Crown hanno dato prova del loro strapotere in ambito death metal con il nuovo album “Royal Destroyer” (Metal Blade).
Ehi Magnus, grazie per averci dedicato del tempo. Come stai oggi? Ciao, proprio bene grazie!
Il tuo nuovo album “Royal Destroyer”, sarà pubblicato dalla Metal Blade Records il 12 marzo 2021. Dopo 30 anni di carriera, è stato relativamente facile trovare di nuovo l’ispirazione o è stato un album difficile da realizzare? Sì, dato che è il nostro album numero dieci, si trattava di un traguardo piuttosto importante, ma penso che trovare l’ispirazione sia stato relativamente facile, tutto è riuscito in modo molto naturale e penso che tu possa avvertirlo. È un lavoro molto onesto.
Inizialmente programmato per essere registrato a maggio, la pandemia di Covid-19 ha fatto tardare i vostri piani di cinque mesi: quanto è stato difficile per voi rimanere concentrati sull’obiettivo? In realtà è stato molto bello quello che è successo, ci ha dato un po’ di tempo in più per le prove e per preparare al meglio le canzoni per la registrazione. Tutto accade per una ragione.
Puoi dirmi qualcosa sulle nuove canzoni? Potresti descriverli ? La traccia di apertura “Baptized In Violence” è la più breve che abbiamo mai fatto, un minuto di follia! “Let the Hammering Begin!” è una traccia lunga e veloce, strutturata come “Angel of Death”, in un certo senso un tributo a Jeff Hanneman. “Motordeath” è una canzone molto thrash ricca di energia con alcune melodie orecchiabili. “Ultra Faust” è un pezzo epico e brutale, un po’ come “Fall From Grace” dei Morbid Angel. “Glorious Hades” è una melodia hevy epica con alcune delle migliori voci che Johan abbia mai fatto. “Full Metal Justice” è un brano originale realizzato da Robin, tecnico, accattivante ed energico. “Scandinavian Satan” è un rock and roll barbaro nello stile del black metal di prima generazione. “Devoid of Light” è un’altra delle canzoni di Robin, oscura e brutale, con alcune vibrazioni Morbid Angel. “We Drift On” è la ballata dell’album, un po’ come “To Live Is To Die” dei Metallica. “Beyond the Frail” è molto veloce e melodica con alcuni spunti death / black metal in stile anni ’90.
Il nome della band, The Crown, è anche il titolo di una serie TV sulla famiglia reale britannica. Il titolo del nuovo album è “Royal Destroyer”, c’è un legame ironico tra le due cose? No. Non di proposito, ma ci ho pensato dopo anche io. Le cose a modo loro hanno certa connessione…
Che mi dci di “Scandinavian Satan”, è una canzone sulla scena black metal norvegese degli anni ’90? No, non proprio, i testi provengono dalla Völuspa, una vecchia mitica profezia norrena sulla fine del mondo. Ma approvo a tutte le interpretazioni che le persone possono dare alle canzoni, dovrebbero avere dei significati diversi a livelli diversi. Più collegamenti ci sono, meglio è. E si può certamente dire che la scena black metal norvegese negli anni ’90 era una sorta di satana scandinavo di qualche tipo.
In tutti questi anni non avete avuto uno stile omogeneo per l’artwork delle copertine, tipo band come Iron Maiden o Motorhead: perché vi piace cambiare stile spesso? La risposta breve è che così non è noioso. Mi annoio e mi stanco delle cose abbastanza facilmente. Penso che abbiamo avuto delle copertine di album davvero fantastiche nel corso degli anni, questa nuova è sicuramente una delle più epiche.
Hai ascoltato i Sarcator, la band del figlio di Marko, Mateo Tervonen? Ti piacerebbe fare un tour con loro? Sì, li ho sentiti, condividiamo la sala prove, sono fantastici. Non mi dispiacerebbe andare in tour con loro.
Dopo 30 anni, ti vedi come un modello per molti giovani? Niente affatto, non credo affatto che siamo dei modelli per i giovani. Ma forse possiamo ispirare vecchi e giovani a non arrendersi e mantenere la fiamma accesa!
After the celebration of their thirtieth anniversary in 2020, The Crown had proven of their enduring forces in death metal with the new album “Royal Destroyer” (Metal Blade).
Hey Magnus, thanks for taking the time to talk with us. How are you doing today? Hullo, just fine thank you!
Your new album “Royal Destroyer”, will be released by Metal Blade Records on 12 March 2021. After 30 years of carrier, was it relatively easy to find that inspiration again or was this a difficult album to make? Yeah, as it is our album no. 10 it is a pretty big accomplishment. I think finding inspiration was relatively easy, it all came together very natural for this album, and I think you can hear that also. It is a very honest sound.
Initially scheduled to be recorded in May, the Covid-19 pandemic pushed back your plans by five months: how hard it was for you to stay focused on the goal? It was actually very good what happened, it gave us some extra time in the rehearsal to really prepare the songs ready for the recording. Everything happens for a reason.
Can you tell me something about new songs? Could you describe them now? The opening track “Baptized In Violence” is the shortest track we have done ever, 1 minute madness! “Let the Hammering Begin!” is a fast long track, structured like “Angel of Death”, in a way a tribute to Jeff Hanneman. “Motordeath” is a high energy thrashier song with some catchy melodies. “Ultra Faust” is a brutal epic piece, a bit like “Fall from Grace” by Morbid Angel. “Glorious Hades” is a Heavy epic tune with some of the best vocals that Johan has ever done. “Full Metal Justice” is a original kind of track made by Robin, technical, catchy and energetic. “Scandinavian Satan” is barbaric Rock n Roll in the style of first generation Black Metal. “Devoid of Light” is another of Robin songs, dark and brutal, with some Morbid Angel vibes. “We Drift On” is the ballad of the album, a bit like “To Live Is To Die” by Metallica. “Beyond the Frail” is very fast and melodic with some 90ies style Death/Black Metal.
The band’s name, The Crown is also the title of a TV series about the British royal family. The title of the new album is “Royal Destroyer”, is there an ironic connection between the two? No. Not by purpose but I thought about it afterwards. Things just come together in their own way…
What’s about “Scandinavian Satan”, is a song about the ’90s Norwegian black metal scene? No not really, the lyrics are from the Völuspa an old Norse mythic prophecy about the End of the World. But I applaud any and all associations that people can have about the songs, it’s all supposed to have different meanings on different levels. The more links the better. And you can certainly say that the Norwegian Black Metal Scene in the 90ies was a Scandinavian Satan of some sorts.
In all these years you have not had a single style in the cover artwork, as bands like Iron Maiden or Motorhead: why do you like to change style often? The short answer is that it is not boring. I get bored and tired of stuff pretty easy. I think we have had some really cool album covers over the years, this new one is certainly one of the most epic.
Did you listen to Sarcator, the band of Marko’s son Mateo Tervonen? Would you like to take a tour with them? Yeah I have heard them, we share rehearsal room, they are cool. I wouldn’t mind touring with them.
After 30 years, how do you see yourself as a role model to many young people? Not at all really, I don’t think we are role models at all for young people. But maybe we can inspire some old and Young people not to give up and keep the flame burning!
I Dread Sovereign sono stati fondati a Dublino, in Irlanda, circa dieci anni fa dal cantante dei Primordial, Nemtheanga, per rendere tributo alla vecchie scuola doom, black ed heavy metal! È uscito da poco il nuovo album della band, il primo sotto Metal Blade, “Alchemical Warfare”, per ciò abbiamo deciso di fare una chiacchierata con il leader di questa oscura creatura.
Ciao Nemtheanga, “Alchemical Warfare” è un buon modo per iniziare il 2021 e dimenticare l’orribile 2020, ma durante la sessione di songwriting sei stato influenzato dalla pandemia? Nah, abbiamo scritto e registrato l’album nel 2019 prima di questo casino, quindi l’album non ha nulla a che fare con l’emergenza. Il 2020 è stato davvero un anno da dimenticare, ma non parlare troppo presto, il 2021 potrebbe benissimo andare peggio: dobbiamo aspettare e vedere.
Questo è il tuo primo album per la Metal Blade, ti sei sentito sotto pressione durante la scrittura delle canzoni? No per niente. La Van Records è fantastica e sono molto affezionato a loro, ma il nuovo album è più straight up metal, aveva più senso stare con Metal Blade. Niente di grave, sono entrambe fantastiche in modi diversi. Nessuna pressione, faccio sempre la stessa cosa.
Il titolo “Alchemical Warfare” mi fa pensare a qualcosa tipo guerra tra le aziende farmaceutiche per il vaccino e il suo business. Qual è il vero significato? Ah no, l’alchimia è ciò che potremmo chiamare la scienza / ricerca magica / processo medievale per trasformare gli elementi di base in metalli preziosi, cosa che ossessionava gli ordini occulti ermetici durante il post-illuminismo in Europa. Argomento a cui sono molto interessato, come metafora rappresenta l’ideale dell’autorealizzazione, in quel momento ti ritrovi dentro una guerra!
I Dread Sovereign sono un tributo al doom della vecchia scuola, al black e all’heavy metal, ma pensi che il tuo sound sia cambiato rispetto al primo EP? Beh, non è un tributo no… la band esiste di per sé, ma non avevo intenzione che fosse originale, non me potrebbe fregare di meno, ad essere onesto. E’ quello che è. Il suono è un po’ più uptempo, più NWOBHM, c’è dell’old school metal lì dentro… Nessun cambiamento enorme.
Come cambia il tuo approccio vocale dai Primordial ai Dread Sovereign? Beh, è sempre la mia voce, quindi non ci possono essere tante differenze, ma nei DS sono più libero di cantare con gli alti, più metal, uso dell’idee interpretative diverse che non si adattano ai Primordial. Nei DS la voce anche è un po’ più in second’ordine rispetto alla musica.
È nato prima il tuo amore per il basso o per la voce? Ed è difficile per te cantare e suonare il basso insieme sul palco? Ah, non sono un vero proprio musicista con un talento naturale, quindi entrambe le cose sono state dei ruoli che ho intrapreso, ma mi accontento delle abilità che ho. Li amo entrambi per motivi diversi. Comporre per i DS alla chitarra è molto diverso, non sono affatto un grande chitarrista, ma so quello che voglio. E’ stato difficile senza dubbio, ma è diventato più facile con il passare degli spettacoli…
I Dread Sovereing sono una band orientata al basso o durante la composizione delle canzoni tutti i membri sono liberi di creare qualcosa? Chiunque è libero di contribuire con qualsiasi cosa! Tendo ad accentrare forse duo/tre cose nella musica, ma Bones scrive anche canzoni. E’ tutto là fuori …
Quanto è divertente per te scrivere un testo per Dread Sovereign? Divertente? Non è per nulla è divertente (ridendo). E’ diverso dai Primordial, nei DS non ho il peso storico culturale, sono libero di essere influenzato da qualsiasi cosa, è tutto scritto in uno stile horror occulto, fatti storici intrecciati tra sogno e incubo!
Quali canzoni di “Alchemical Warfare” suonerai dal vivo quando sarete in grado di andare in tour? Chissà, credo che che attraverseremo quel ponte quando arriverà il momento in cui potremo farlo.
Dread Sovereign was formed in Dublin, Ireland about a decade ago by Primordial vocalist, Nemtheanga, to give praise to filthy cult old doom, black and heavy metal! The new album of the band, the first under Metal Blade, “Alchemical Warfare” is now out, so we decided to have a chat with the leader of this obscure creature.
Hi Nemtheanga, “Alchemical Warfare” is a good way to start 2021 and forget the horrible 2020, but the during the songwrting session was you influenced by pandemic? Nah, we wrote and recorded the album in 2019 before this mess so the record has nothing to do with the pandemic. 2020 has indeed been a year to forget but dont speak too soon 2021 might very well be worse. We have to wait and see.
This is your first album under Metal Blade, did you feel under pressure during the songwriting process? No not at all. Van Records is awesome and much love to them, but the new album is more straight up metal, made more sense to be with Metal Blade. No big deal. They are both great in different ways. No pressurs, I always do the same thing.
The title “Alchemical Warfare” minds me something about war between pharmaceutical companies for the vaccine and its business. Which is the real meaning? Ah no, alchemy is what we could call the medieval science/magical search/process for turning base elements into precious metals that obsessed hermetical occult orders in the post Europe enlightenment. Which I am very interested in, as a metaphor it represents the ideal of self actualization. Finding yourself within that is the war right now!
Dread Sovereign are a tribute to old school doom, black and heavy metal, but do you think your sound is changed from the first EP? Well not a tribute no. The band exists in it’s own right, but i had no intention for it to be original, I could care less to be honest. It is whats it is. the sound is a bit more uptempo, more NWOBHM and old metal in there… no huge change.
How does change your vocal approach from Primordial to Dread Sovereign? Well, is still my voice so there can only be that many differences, but in DS I am freer to sing higher, more metal, use different random ideas that don’t fit into Primordial. In DS also the vocals are set back a bit more into the music.
Was born first your love for bass or for vocal? And is difficult for you to sing and play bass together on stage? Ah, I am not really a natural musician so they both have been a task, but you make do with the tools you have. I love them both for different reasons. Composing for DS on guitar is very different, I’m not a great guitar player by any means, but I know what I want. It was hard no doubt but got easier as the shows went by…
Are Dread Sovereing a bass oriented band or during the songwriting all the member are free to create something? Eveyrone is free to contribute anything! I tend to do maybe 2/3rd of the music but Bones writes songs as well. It’s all out there…..
How funny is for you to write a lyric for Dread Sovereign? Funny? nothing is funny (laughs) ah it’s different to Primordial, DS doesnt have the cultural historical weight. I am free to be influenced by anything in DS, but all written in this style of occult horror, historical facts woven into dream and nightmare!
Which songs form “Alchemical Warfare” will you play live when you’ll be able to touring? Who knows, I guess we cross that bridge when we can come to it.
Rompere le barriere dei generi non è mai facile, ma François-Thibaut Hordé con i suoi Déluge ci sta provando. Il nuovo “Ægo Templo” (Metal Blade) è un altro passo in questa direzione.
Benvenuto François, quando hai intitolato il tuo album di debutto “Æther”, avevi già deciso che anche il secondo sarebbe stato chiamato con una parola che iniziasse per Æ? Ciao, bella domanda. Non era affatto pianificato. Ad essere onesti, non avevo intenzione di fare un secondo album quando ho registrato il primo. Ma il significato di quel “Æ” è venuto da solo e credo che rimarrà per molto tempo.
Com’è stato il tuo processo di scrittura per “Ægo Templo”? Hai creato prima le basi ritmiche e ti sei basato su di esse o hai scritto le melodie e ci hai costruito le canzoni attorno? Inizio sempre con una melodia sulla mia chitarra, poi arrangio gli altri strumenti e l’energia primitiva della creatività fa il resto.
Hai detto: “Volevo approfondire qualcosa andasse verso ‘l’easy listening’, ma non volevo neanche perdere quello che avevamo, quella malinconia che è l’essenza della nostra musica”. Perché vuoi dedicarti a qualcosa di più “facile scolto”? Sei stanco della musica estrema? In un certo senso sì. Comunque ascolto musica estrema ma deve essere innovativa, ben fatta ed… estrema. Ascolto molto di più altri generi e mi piacerebbe rompere i confini del metal come fanno altre band.
La tua collaborazione con Tetsuya Fukagawa delle leggende giapponesi screamo Envy e con Hélène Muesser è un passo verso questa musica di facile ascolto? Mi aspettavo che Tetsuya si dedicasse quasi solo canto, che è poesia, anche se trovo il risultato finale assolutamente magnifico. Hélène porta una forza incredibile con la sua bellissima voce femminile, ma non credo che né lei né Tetsuya rendano l’ascolto della nostra musica più facile. Penso che la struttura in sé della canzone lo sia.
Tetsuya Fukagawa e Hélène Muesser in questo nuovo album, Neige degli Alcest ha fatto un’apparizione come ospite nel vostro primo full lenght: se potessi scegliere, fuori o nella scena black metal, con chi collaborare, chi sarebbe? Ho migliaia di idee sulle collaborazioni ma mi piacerebbe fondere generi diversi che non dovrebbero normalmente coesistere, senza che però il risultato finale diventi grottesco.
La mia traccia preferita dell’album è “Opprobre”, che mi dici questa meravigliosa canzone? Grazie. Fatto divertente, questa è la prima canzone che ho scritto per questo album ed ha già di tre anni. Questa canzone parla del tradimento. “Opprobre” in francese è la punizione definitiva che riceve un traditore dai membri della sua comunità quando questa viene tradita.
Dopo il tuo accordo con la Metal Blade, hai notato un crescente interesse intorno alla band? Assolutamente, le risorse di comunicazione e strategia della Metal Blade sono enormi. Volevo che i Déluge fossero più presenti sulla scena internazionale con il nuovo album e sta già funzionando.
Sulla tua pagina Facebook, sotto la voce genere, c’è scritto “Untrve French Black Metal”: perché vuoi prendere le distanze dalla scena black metal del tuo Paese? Si tratta più di onestà. Ho scoperto il BM molto tardi, non volevo giocarmi la carta “trve” perché non è quello che facciamo.
Quali sono i tuoi obiettivi a lungo termine con la band? Voglio fare con il black-metal quello che i Gojira hanno fatto con il death.
La tua playlist per il lockdown? Principalmente il cantante francese Alain Bashung, poi Drab Majesty, Sonny Rollins, Miles Davis, Solstafir, Madrugada, Pg.lost.
Breaking the barriers of genres is not easy, but François-Thibaut Hordé with his Déluge is trying to do this. The new “Ægo Templo” (Metal Blade) is another step in this direction.
Welcome, when you entitled your debut album “Æther”, had you already decided that the second one would be named with a word beginning for Æ? Hello, nice question. It was not planned at all. To be honest, I was not planning to do a second album when I recorded the first one. But the meaning of that “Æ” came by itself and it will stick to us for a long time I guess.
What was your writing process like for “Ægo Templo”? Did you create scratch beats and build upon them, or did you write the melodies and build songs around them? I always start with a melody on my guitar, then I orchestrate the other instruments and the primitive energy of creation does the rest.
You said: “I wanted to go further into something more ‘easy to listen to’ but I really did not want to lose what we had, that melancholia and the essence of our music.” Why want you go into something more ‘easy to listen to’? Are you tired of extreme music? In a certain way, yes. Still I do listen to some extreme music but it has to be innovative, well done, and… extreme. I listen to a lot more to other genres and I would love to break the boundaries of the metal genre as other bands do.
Your collaboration with Tetsuya Fukagawa of Japanese Screamo legends Envy and with Hélène Muesser is a step to this easy listening music? I was not expecting Tetsuya to do almost only singing is poem even if I find the result absolutely magnificent. Hélène brings a lot of power with her beautiful female voice but I do not think her nor Tetsuya make the listening of our music more easy to listen to. I really think the writing of the song does.
Tetsuya Fukagawa and Hélène Muesser on this new album, Neige from Alcest makes an appearance as guest on your first full-length: if you could pick, out or in black metal scene, to collaborate with, who would it be? I have thousands of ideas of collaborations but I would love to melt genres that are not supposed to, but still I do not want it to be grotesque.
My favouriti track on the album is “Opprobre”, what’s about this marvellous song? Thanks. Funny fact, this is the first song I wrote for this album and it is already 3-year-old. This song is about treason. “Opprobre” in French is the ultimate punition you get from the members of a community by betraying a member of that community.
After your deal with Metal Blade, did you notice an increasing of interest around the band? Absolutely, the communication & strategy resources of Metal Blade are massive. I wanted Déluge to be more present on an international scene for the new album and it is already working.
On your Facebook page, under genre it says “Untrve French Black Metal”: why do you want to distance yourself from the black metal scene of your Country? It is more about honesty. I discovered BM very late I did not want to play the “trve” card because this is not what we do.
What are your long-term goals as a band? I want to do with Black-Metal what Gojira did to Death-Metal.
Your playlist for the lockdown? Mostly French singer Alain Bashung, Drab Majesty, Sonny Rollins, Miles Davis, Solstafir, Madrugada, Pg.lost, …
Dall’italiana Punishment 18 alla Metal Blade, per gli australiani Harlott sembra giunto il momento del grande salto in avanti grazie ad “Detritus of the Final Age“, terzo disco pubblicato sotto l’egida della potente etichetta americana.
Benvenuto su Il Raglio del Mulo, Andrew! Potresti presentare la tua band ai lettori italiani? Ciao Italia! Siamo gli Harlott, siamo australiani e suoniamo thrash metal. Non c’è niente altro da sapere su di noi!
Le vostre prime prime uscite sono state autoprodotte, poi siete passati sotto una major dal vostro secondo album, “Extinction”: come è cambiata la vostra carriera? Firmare per Metal Blade ha fatto la differenza per noi in tanti modi. Abbiamo effettivamente pubblicato il nostro primo album tramite un’etichetta italiana chiamata Punishment 18, e dal secondo album in poi abbiamo lavorato con la Metal Blade. Il loro sostegno e la loro influenza hanno fatto conoscere la nostra musica a un pubblico molto più vasto e ci ha liberato da tutti quegli aspetti del business che non capiamo. Sanno dove vendere, come vendere, come promuovere e come assicurarsi che le persone si entusiasmino. Senza di loro la gente non si prenderebbe la briga di sentirci. Grazie alla portata più ampia della loro esperienza e conoscenza siamo anche riusciti ad avere l’opportunità di fare tournée all’estero e vivere una vita che ci saremmo persi senza il loro aiuto.
A metà degli anni ’90 molte persone dicevano che il thrash metal era morto, ma è ancora vivo. La scena è migliore adesso o nel 2013 quando avete pubblicato il vostro primo album? Stranamente, spesso ci veniva detto che il revival thrash era finito quando stavamo iniziando, nonostante l’Australia avesse una scena molto attiva 10 anni fa. Riusciamo ad andare indietro di un decennio al massimo quando parliamo di tendenze, quindi penso che siamo stati fortunati in termini di tempismo. Alla fine della giostra suoniamo solo la musica che amiamo suonare, non perché desideriamo sfruttare le mode mentre vanno e vengono. Penso che il metal sia molto di più difficile da uccidere di quanto si creda, ci sono un sacco di band thrash in questi giorni che sono relativamente nuove e fanno grandi cose.
Stiamo vivendo l’età finale? Può essere! Solo il tempo lo dirà. Potremmo essere a pochi istanti dall’apocalisse così come questa macabra situazione potrebbe andare avanti ancora per diversi anni. Suppongo che le persone siano sempre state piuttosto schifose, pertanto da sempre stiamo andando avanti verso la fine, solo che ora abbiamo metodi ottimali per farlo in modo più celere!
Avete scelto questo titolo prima dell’emergenza Covid-19? Sì! Questo album è stato praticamente finito prima che gli effetti del Covid-19 si facessero sentire nel mondo. C’erano alcuni articoli provenienti dalla Cina, ma niente di più!
Come è nato l’album? I due nuovi membri – Glen Trayhern (batteria) e Leigh Bartley (chitarra) – sono stati coinvolti nella scrittura delle canzoni? La scrittura delle canzoni, come avviene di solito, è partita dall’arrangiamento di cui mi occupo principalmente io, anche se in questo album abbiamo avuto alcuni ospiti coinvolti nella scrittura dei riff e dei testi. I due membri dei Battlegrave hanno scritto la traccia “Prime Evil” con poca, o nessuna, interferenza da parte mia. Mi sono innamorato del loro album di debutto e ho adorato il modo in cui hanno strutturato la loro musica, quindi li ho convinti a lavorare su qualche idea per farmi vedere come ne veniva fuori, alla fine ero piuttosto soddisfatto del risultato e per me è stato molto divertente uscire dalla mia solita routine di scrittura.
I testi sono più personali che mai, perché hai scelto questi argomenti così introspettivi? Avevo appena vissuto alcuni momenti abbastanza significativi e pensavo che sarebbe stato un errore da parte mia non usarli come fonte di ispirazione o, quanto meno, evidenziare l’impatto che hanno avuto sulla mia esistenza. Non è qualcosa che faccio normalmente, mi ha lasciato un po’ più esposto del solito, ma sono dei testi che sono venuti fuori molto facilmente perché si basano sulle mie esperienze personali.
Hai anche reclutato il chitarrista dei Cephalic Carnage Brian Hopp per suonare alcuni assoli in “Prime Evil”, come è nata questa collaborazione? Siamo stati in tour con i Cephalic Carnage nel 2018 e mi sono innamorato della band e dei loro singoli membri. Brian è uno dei più bravi ragazzi che io abbia mai incontrato nella mia vita ed è un musicista fenomenale, quindi volevo tanto coinvolgerlo nell’album. È stato così gentile da accontentare la mia richiesta e per questo potete trovare una chitarra assolutamente selvaggia in una delle canzoni.
Che mi racconti del movimento metal in Australia e in particolare della scena estrema? La scena quaggiù è piccola ma fedele. È un paese molto vasto con una popolazione relativamente piccola ma ci sono fan sfegatati che vivono per il metal proprio come avviene in qualsiasi altra parte del mondo. Ogni grande città ha la sua cricca con le proprie band di ogni genere e a livello nazionale abbiamo tutti una grande rete di supporto, quindi i tour sono divertenti ma estenuanti. Dieci ore di guida tra ogni città e non si incrocia quasi nulla durante il percorso! Penso che la scena estrema sia probabilmente la nostra punta di diamante con band come i Psycroptic che fanno da guida al movimento. Tutti hanno una mentalità aperta nei confronti delmetal, per questo siamo molto esigenti.
Per l’emergenza Covid-19, qui in Europa i concerti si sono fermati. In Australia potrete suonare dal vivo le vostre nuove canzoni? Non saliamo su un palco da febbraio e i concerti sono ancora off-limits, ma il paese si sta lentamente aprendo, quindi speriamo di poter fare qualche live presto e per questo dovremo provare il nuovo materiale. Saremo ben allenati allenati al momento del nostro arrivo in Europa…
From the Italian Punishment 18 to the Metal Blade, for the Australians Harlott seems to be the moment of the great leap forward thanks to “Detritus of the Final Age“, the third album released under the aegis of the powerful American label.
Welcome on Il Raglio del Mulo, Andrew! Could you to introduce your band to the Italian readers? Hello Italy! We are Harlott, we are from Australia and we play thrash metal. There is nothing more you need to know about us really!
Your first releases are independent, you are under a major label from your second album, “Extinction”: how was changed your career? Signing to Metal Blade made a world of difference for us in so many ways. We did actually release our first album via an Italian label called Punishment 18, and from the second album onwards we have been working with Metal Blade. Having their support and influence has opened our music to a much larger audience and taken all of the sides of the business that we don’t understand away from us. They know where to sell it, how to sell, how to promote it, and how to make sure people get excited. Without them people would miss out on hearing us quite simply. Thanks to that larger reach from their experience and knowledge we have also managed to have opportunities to tour overseas and experience a life we may have missed out on without their help.
In the middle of ’90 many people said thrash metal is dead, but now is still alive. The scene is better now or in 2013 when you released your first album? Funnily enough we often got told that the thrash revival was over when we were starting up but Australia had a very healthy scene 10 years ago. We tend to be up to a decade behind when it comes to trends so I think we lucked out timing wise. At the end of the day we only play the music because we love to play it and not because we wish to cash in on the trends as they come and go. I think metal takes a lot more to kill than we give it credit for, theres plenty of thrash bands these days that are relatively new and doing great things.
Are we living the final age? Maybe! Only time will tell on that front. We could be moments away from apocalypse or this macabre production might carry on for several years. I suppose people have always been pretty terrible so we have always been heading towards the end, we just have better methods now to make that happen!
Did you choose this title before the Covid-19 emergency? We did! This album was pretty much finished recording before the effects of Covid-19 were being felt on the global scene. There were news articles about it in China but that was about it!
How the album was born? Were the two new members – Glen Trayhern (drums) and Leigh Bartley (guitar) – involved in the songwriting? The song writing was as per the usual arrangement of being mostly down to myself though in this album we did have some guest writing contributing riffs and lyrics. The two members from Battlegrave penned the track “Prime Evil” with little to no interference from me. I fell in love with their debut album and loved how they put their music together so I got them to work on something for me to see how it would sound and I was quite pleased with the end product and it was a lot of fun to perform outside of my own techniques.
Lyrics are more personal than ever before, why did you choose this introspective matters? I had been through some fairly significant life events and I thought it would be remiss of me to not draw on them for inspiration and at least acknowledge them for the impact they had on my life. Its not something I would normally do musically so it did leave me feeling a little bit more exposed than usual but they were some of the easiest lyrics ive written in as much as they flowed out with me easily because I could write from experience.
You also recruited Cephalic Carnage guitarist Brian Hopp to play some solos on “Prime Evil”, how is born this cooperation? We toured with Cephalic Carnage in 2018 and I fell in love with the band, and their individual members. Brian is one of the greatest dudes live ever met in my life and a phenomenal musician so I really wanted to get him involved for the album. He was kind enough to oblige my request and as a result there is some absolutely wild guitar work on one of the songs.
What’s about the metal movement in Australia and in particular what’s about the extreme scene? The scene down here is small but loyal. Its such a massive country with a relatively small population but there are die hard fans that live for metal just like they do anywhere else in the world. Each major city has its own clique with its own bands for each genre and nationally we all have a great supportive network so touring is fun but exhausting. 10 hour drives between each city and theres a whole lot of nothing on the roads inbetween! I think our extreme scene is probably our strongest and our flagship bands like Psycroptic help to drive that movement. But everyones open minded with metal so as long as its heavy most punters will give it a go.
Due the Covid-19 emergency, here in Europe there’s concerts stop. What’s about Australia, could you play live your new songs? We haven’t been on stage since February and gigs are still very much off limits, but the country is slowly opening up so hopefully we can get some gigs in soon and try out the new material. We will have to be well and truly practiced by the time we make our way over to Europe…
Interview by Leif Kringen (metalsquadron.com), click HERE for the original English version. Intervista a cura di Leif Kringen (metalsquadron.com), clicca QUI per la versione originale in inglese.
Dopo un paio di album che non mi hanno fatto impazzire, “Win Hands Down” è stato un bel segnale di ritrovata forma per gli Armored Saint, autentici veterani della scena di Los Angeles. Dato che non avevo avuto la possibilità di parlare con la band allora, ho colto l’occasione al balzo quando l’etichetta discografica della band, la Metal Blade, mi ha offerto la possibilità di chiacchierare con il bassista Joey Vera.
Quali sono le tue impressioni sul precedente album, “Win Hands Down”, a circa cinque anni dalla sua pubblicazione? Penso che sia davvero fantastico e sono orgoglioso di quel disco. È una buona rappresentazione della band e, come tutti i nostri dischi, ha una propria dimensione ed è un’istantanea di come eravamo ai quei tempi. Adoro il modo in cui è uscito il disco. Suona alla grande, e anche le canzoni e le esibizioni successive sono state fantastiche. Siamo stati in tour negli ultimi cinque anni e abbiamo avuto la possibilità di suonare molte canzoni dal vivo. È stato molto divertente.
Avete affrontato il nuovo album, “Punching The Sky”, in modo diverso? Non proprio, non facciamo sempre le stesse cose quando iniziamo a scrivere, lasciamo che le cose vengano in modo naturale. Sai, si inizia con un paio di canzoni e normalmente il tutto si evolve e si trasforma in un disco. E in realtà non ci pensiamo troppo, e nemmeno ne parliamo troppo. Non abbiamo confronti del tipo: in che direzione dovremmo andare? Che tipo di canzoni dovremmo scrivere? Non lo facciamo davvero. La scrittura appena iniziata è esplosa e penso che le prime canzoni che abbiamo scritto – “Bark, No Bite”, “Standing On The Shoulders Of Giants” e “Missile The Gun” – hanno dato l’imprinting a quello che sarebbe venuto dopo.
Non c’è una tilte-track nell’album, ma il titolo, “Punching The Sky”, fa parte del ritornello della canzone di apertura “Standing On The Shoulders Of Giants”. Perché avete chiamato l’album “Punching The Sky”? Beh, abbiamo discusso diverse idee e lo avremmo chiamato “Standing On The Shoulders Of Giants”, ma lo abbiamo già fatto con “Win Hands Down”, in cui la prima traccia era il titolo del disco. Non volevamo ripeterci in quel modo. E mi piace l’idea di prendere un testo e usarlo come titolo. Quella frase in particolare continuava a spiccare secondo me, quindi un giorno l’ho proposta a John (Bush) e ho detto: che ne dici di “Punching The Sky?”. È molto affascinate, evoca alcune immagini davvero interessanti quando lo leggi o quando lo vedi. Potrebbe assumere molti significati diversi. Mi sembrava anche allettante perché poteva essere usato come una sorta di allegoria in molti modi diversi. Per me, rappresenta in qualche modo la band nel suo insieme e quali sono i nostri obiettivi e quali sono le nostre intenzioni. Siamo sempre stati un’entità che voleva crescere ed evolversi e correre musicalmente dei rischi e diventare autori migliori, persone migliori, padri e mariti migliori e così via. Quindi, “Punching The Sky” rappresenta in qualche modo lo spingersi oltre i confini, andare oltre ciò che è davanti a noi, compreso il cielo. Dicono che il limite sia il cielo. Ma in un certo senso noi stiamo dicendo che oltre il cielo non ci sono limiti. Così lo percepivo. Ho pensato che avesse qualche punto di contatto con noi in quel senso. Ecco perché mi è sembrato che fosse un buon titolo. Voglio dire, mi piace avere titoli che abbiano dei significati. Non mi piace semplicemente buttare fuori qualcosa senza alcun significato. Mi piace lasciare alcune cose aperte anche all’interpretazione. E John scrive testi in questo modo. Penso che sia positivo avere qualche connessione con i titoli dei dischi.
Nell’epoca di Internet, la prima canzone che ascolti di un album è molto importante. Trovo “End Of The Attention Span” un’ottima scelta come primo singolo. È molto orecchiabile, energico e suona come Armored Saint. È un bel complimento. Sono contento che suoni Armored Saint. Ci è voluto molto tempo per arrivare a quel traguardo in cui le persone ci dicono che la nostra band ha un suo sound. E siamo contenti di questo. Ovviamente, abbiamo sempre voluto avere un nostro sound e abbiamo cercato di raggiungerlo per molto tempo. Quindi è bello sentire questo, che ci siamo riusciti. “End Of The Attention Span” ha un po’ di tutto e ci rappresenta come band. È anche una specie di ampia introduzione al resto del disco, anche se trovo che l’album abbia molta sfaccettature.
Quanto è difficile per una band come gli Armored Saint conquistare nuovi fan in questi giorni? I vecchi fan, me compreso, vi seguono sempre e probabilmente compreranno anche gli album, ma ritieni chi siate riusciti, con le uscite recenti, a raggiungere anche un nuovo pubblico? Beh, penso di sì e non so davvero come sia stato possibile. Voglio dire, di certo non lavoriamo in modo normale. Alcune band pubblicano dischi più spesso di noi e fanno tour più frequentemente di noi. Abbiamo i nostri tempi, registriamo ogni cinque anni e non facciamo tour lunghi e cose del genere. Ma penso che il fatto che siamo stati abbastanza coerenti dal 2010 in poi, pubblicando dischi ogni cinque anni e facendo tour e cose del genere, abbia aiutato. Nel tempo raccogli persone più giovani perché hanno sentito parlare di te o ti hanno visto in tour con un’altra band come Queensrÿche o Saxon o qualcosa del genere. Forse hanno sentito il nostro nome, ma non sanno come suoniamo. Sono consapevole che la maggior parte dei nostri fan è grandicella e penso che alcune di quelle persone ora siano dei genitori che forse ci hanno tramandato ai loro figli.
Qual è la motivazione che vi spinge a fare ancora un album a circa cinque anni di distanza dell’ultimo? È per fissare il risultato della tua creatività? È per accontentare i fan o forse per poter fare tour e concerti? Beh, sai, penso che lo facciamo solo per noi stessi. Siamo arrivati a un punto in cui ci siamo sentiti esausti. Suonavamo molto per “Win Hands Down”, e non siamo mai stati una band che scrive mentre è in tour. Quindi, ci siamo solo presi un po’ di tempo libero, e penso di aver scritto un paio di riff senza una ragione particolare. E poi ho detto a John: Hey, ho un paio di riff. Penso che li finirò e ti chiederò come li trovi. Gli ho inviato alcune demo e poi, come al solito, abbiamo iniziato a lavorare abbastanza velocemente e da lì abbiamo deciso di andare avanti. Quindi, ancora una volta, non avevamo programmi, non dovevamo registrare. Ci siamo sentiti in vena per scrivere di nuovo musica. John e io abbiamo un ottimo rapporto di scrittura. Ed è anche divertente. È molto divertente per noi. Quindi, una volta arrivato a quel punto, è stato come: Ok, andiamo avanti. Sta andando alla grande. Andiamo avanti, andiamo avanti. Ed è durato molto tempo. Voglio dire, non scriviamo molto velocemente e ci sono voluti circa 18 mesi o qualcosa del genere per finire il disco, ma il processo è stato davvero soddisfacente. Immagino che la risposta breve sia che lo facciamo prima per noi stessi. E poi si spera che i fan ci vengano dietro e che siano disposti ad aspettare e ad apprezzare quello che uscirà.
Secondo il comunicato stampa, l’obiettivo era scrivere musica di qualità. Niente di nuovo in realtà, ma come ti accorgi che la tua musica è davvero buona? Hai studiato un metodo di controllo della qualità? Sì, penso che esista tra me e John, ci rimbalziamo le parti. Penso che il nostro obiettivo principale sia solo fare cose e scrivere cose che ci facciano davvero guardare l’un l’altro e dire: Wow, è fantastico, è un po’ diverso, sembra epico o che grande ritornello. Questa è la cosa che per noi dà la misura. E non voglio dire che ogni singola cosa che scriviamo abbia questo potere, ma la maggior parte sì. Quindi, almeno per noi, questo è il metro, questo è il tipo di controllo di qualità che implementiamo.
Joey, ti dici piuttosto sorpreso quando scopri come una canzone si incastra perfettamente quando i testi di John sono a posto. Come sai, John scrive quasi il 100% dei testi. A volte alcuni di noi partecipano con piccole cose. Phil ha contribuito con un testo, per esempio. Quando John e io lavoriamo insieme, abbastanza spesso li esamino con lui e do suggerimenti in corso d’opera, ma John è quello che viene fuori con le premesse, la storia, la linea e l’esecuzione. E, sai, quando scrivo la musica, posso già sentire la sua voce nella mia testa. Quindi è quasi come se già sapessi cosa aspettarmi, ma ci sono state molte volte in cui ha tirato fuori cose che sono totalmente inaspettate e persino migliori di quello che immaginavo. Molto raramente gli do uno spunto di partenza. Trova sempre da solo il suo punto di origine. E a volte non è chiaro al 100% cosa vuole fare, ma ha delle capacità e io lo aiuto ad arrivarci.
A volte ti manca il vecchio modo di scrivere canzoni quando eravate tutti nella stessa stanza? O ti va bene inviare file avanti e indietro e lavorare in questo modo? Mi va bene il modo in cui lo facciamo ora. Va bene. Lo trovo più efficiente e trovo di essere in grado di mettere a fuoco meglio le idee. Sai, c’è qualcosa di speciale nello stare insieme in una stanza. E direi che c’è un piccolo aspetto che mi manca. A volte le cose nascono da jam e spontaneità. Sarebbe stupido non riconoscerlo, ovviamente. Quando sei solo, è solo diverso. Non è proprio meglio o peggio, è solo diverso. Tuttavia, lavoro meglio e in modo più efficiente quando sono solo. Sono solo io però. Ma, sai, collaborare dal vivo davanti a un’altra persona, ha anche i suoi pregi e i suoi vantaggi. È solo che preferisco farlo in dosi più piccole e preferisco lavorare da solo in dosi maggiori.
Hai prodotto tu stesso “Punching The Sky”, cosa fa esattamente un produttore oggi? Haha! Buona domanda! C’è questa una parte organizzativa e una amministrativa. Ciò significa spendere i soldi. Devo occuparmi del budget e devo sapere esattamente chi viene pagato. Devo impostare tutto, trovare gli studi e trovare le persone con cui lavorare. Poi c’è la prenotazione delle sale prove preferite o delle sale di produzione, e devo anche assumere la persona che si occuperà della masterizzazione. Ci sono anche altri servizi per le forniture che incidono sul budget, come corde, bacchette, pelli, qualunque cosa. E poi devo anche gestire i soldi sul conto che arrivano dall’etichetta discografica. Ci sono molte cose noiose che vanno di pari passo con l’essere il produttore, ma la parte divertente della produzione per me è avere una visione completa nella mia testa su come voglio che il risultato finale suoni. Sono quello che fondamentalmente prende le decisioni lungo la strada. Questa parte di chitarra dovrebbe suonare così. La batteria dovrebbe suonare così e la voce dovrebbe suonare così. Raddoppiamo le voci qui. Facciamo le voci di sottofondo qui. Sono come un pittore che prende decisioni, prima mescolando i colori che vuole usare sulla sua tela e poi prende decisioni su quali colori servono e dove. Questo è il modo in cui posso visualizzare il risultato. Devo anche prendere decisioni sulla scrittura delle canzoni e su quali tracce inserire e quale sia la sequenza giusta per il disco. Tutto ciò che è esteticamente necessario per il risultato finale del disco, è fondamentalmente parte del lavoro del produttore.
Siete ancora quattro dei cinque membri che hanno suonato nel primo EP, quanto è stato importante questo fattore per il mantenimento in vita della band in tutti questi anni? Beh, è stato importante. Siamo orgogliosi del fatto che abbiamo tutti i membri originali nella band e questo include anche Jeff. Era già qui quando Dave era con noi, negli ultimi due anni della sua vita, quindi questo genere di cose è importante per noi. Pensiamo che aiuti la nostra integrità e il modo in cui le persone ci percepiscono come una band. Non è come, John Bush e altri quattro ragazzi, sai. Questo sono gli Armored Saint, siamo un’unità collettiva. Alcuni di noi si conoscono da quando avevamo sette – otto anni. Abbiamo una storia lunga e una coesione che cerchiamo di mantenere. La cosa che conta di più per noi è stata la musica. Ognuno di noi ha una parte nel rappresentare quella musica. Quindi pensiamo che, se porti musicisti diversi, persone diverse, improvvisamente tu ti ritrovi con personalità diverse. Allora è una cosa diversa. Un’interpretazione completamente diversa di quello che era. Per questo, per noi è stato importante preservarci.
Parliamo di Dave Pritchard, sono passati 30 anni dalla sua morte. Come lo ricordi, Joey? Beh, sai, era piuttosto sfaccettato. In generale, è sempre stato un ragazzo amante del divertimento ed è stato davvero divertente andare in giro con lui. Un burlone totale, gli piaceva fare scherzi su scherzi alle persone e aveva un grande senso dell’umorismo. Amava fare festa, amava divertirsi. E sarà sempre ricordato per questo. Ma era anche un ragazzo molto creativo. Era bravissimo a suonare la chitarra e sapeva anche suonare il piano. Ed era anche un grande artista, era davvero bravo a disegnare. Tutto questo lo rendeva una persona davvero fantastica e creativa. Come ho detto, era davvero divertente stare con lui. In generale, fa ancora parte della nostra psiche, era una parte importante del nostro suono ai tempi dei nei nostri primi tre dischi. Era una parte importante di quel suono, suonava parecchie parti di chitarra in quei dischi, e molti dei modi in cui suonavo quei riff erano il frutto della sua passione e del suo stile. Dave ha avuto un impatto sul nostro suono che non voglio mai perdere. Non voglio solo riscrivere la nostra storia, di volta in volta. È molto importante per noi sentire come se stessimo progredendo e provando cose nuove, ma allo stesso tempo, non voglio mai perdere di vista un po’ della presenza di Dave. Quando ho scritto la canzone “Never You Fret”, e ho finito con quei primi due riff, mi sono detto, Oh merda, sembra una cosa di Dave Prichard. Mi sono aggrappato a quell’ispirazione mentre finivamo la canzone. Questo è solo un esempio di come Dave sia sempre presente.
Hai detto che a questo punto della tua carriera senti un senso di libertà. Questo significa che senti di poter fare quello che vuoi e comunque rilasciarlo a nome Armored Saint? Non credo che possiamo fare quello che vogliamo. Voglio dire, penso di essere ben consapevole che ci sia la componetene dell’aspettative dai fan. Ma non voglio essere vincolato da quelle aspettative, per quanto piccole o grandi possano essere. Ho bisogno di avere la sensazione che possiamo spingerci oltre i confini e provare cose e sperimentare le diverse influenze che abbiamo e soluzioni che vogliamo provare come autori. Correre qualche rischio qua e là. Lo stavo descrivendo un po’ prima, quando ho parlato di come siamo arrivati ad un punto in cui ci siamo sentiti come se stessimo creando il nostro suono e ci sentivamo come se non avessimo dovuto guardarci alle nostre spalle o pensare a quello che stava succedendo intorno a noi. E questo è ciò che intendo, quando dico che questa è la zona di comfort dove ci siamo resi conto di aver sempre creato il nostro sound sin dal primo giorno. Ci è voluto un po’ per capirlo. Ora mi sento come se fossimo in questo posto dove abbiamo trovato la cosa giusta da fare. Questi sono gli Armored Saint, possiamo correre dei rischi, possiamo provare le cose nuove entro dei limiti ragionevoli. Abbiamo sempre avuto affinità per cose tipo il blues e l’hard rock. Quindi possiamo esplorarle ancora di più. Siamo sempre stati influenzati dal rhythm and blues e cose del genere, anche cose leggermente funky. Quindi sì, ci sentiamo a nostro agio ad esplorarle ulteriormente, anche più di quanto abbiamo fatto nell’ultimo album. Quindi questo è ciò che intendo quando parlo di zona di comfort. Non mi sento come se fossi in pericolo di rovinare qualcosa. Perché penso di essere abbastanza consapevole di quali siano i nostri parametri, in quale intervallo possiamo lavorare senza far arrabbiare o deludere le persone. Sono anche consapevole del fatto che non accontenterai mai tutti per tutto il tempo. Quindi non dovrebbe essere una preoccupazione o comunque non dovrebbe essere una preoccupazione determinante, quindi non devo curarmene. Dobbiamo sentirci come se stessimo facendo musica onesta che viene dal cuore.
Adoro “Missile To Gun” del nuovo album. È un brano heavy metal piuttosto semplice. Di nuovo, non so da dove provenga, ma dopo averlo scritto, ho sentito che aveva un qualcosa old school. In realtà mi ricorda certa roba delle band della New Wave Of British Heavy Metal. Voglio dire, mi suscita una sensazione di heavy metal britannico primordiale. È davvero ritmata con un ottimo riff di chitarra, con linee guida davvero semplici. Penso che sia uscito alla grande.
Come sempre, sono rimasto impressionato dalla voce di John. Ha una resa ancora incredibilmente, deve lavorare molto per prendersi cura della sua ugola. Sì, lo fa da un po’ di tempo ormai. Direi che negli ultimi 10-15 anni si è finalmente reso conto che sta invecchiando e che non può semplicemente saltare giù dal letto e iniziare a cantare come faceva quando era più giovane. Quindi si è imposto un regime molto rigido quando è in tour o quando registra o scrive musica, il che significa che è molto severo su quello che fa e ha una sua routine a cui si attiene scrupolosamente. Si alza dal letto e la prima cosa che fa è il riscaldamento. Solo dopo la colazione o qualsiasi altra cosa. Si prende una pausa e cambia la sua dieta. A volte, quando è in viaggio, non beve caffè e non cena dopo le otto di sera, fa questo genere di cose. Si riscalda per 30 minuti buoni prima di salire sul palco, a volte anche di più. Tutte queste cose hanno davvero avuto un impatto positivo sul modo in cui suona la sua voce. Penso che negli ultimi due dischi la resa sia stata migliore di quanto non lo sia mai stata in tutta la sua carriera.
Parliamo un po’ della situazione COVID-19. Ti stai muovendo di conseguenza, prima hai effettuato una nuova registrazione della canzone “Isolation” e ora stai anche preparando un release show che potrà essere visto online. Pensi che tutta questa faccenda lascerà segni indelebili sulla scena metal? Beh, spero di no. Preghiamo che presto possa diventare solo un ricordo e che in futuro si possa dire: ricordi l’anno 2020? Oh mio Dio, che incubo! Spero che non abbia alcun effetto duraturo, per il bene dei musicisti e dei tecnici che lavorano, delle persone che sono nel settore, ma anche per i fan. E, voglio dire, anch’io sono un fan della musica, non posso più andare a vedere nessuna band. Fa schifo, è una componente importante di tutte le nostre vite. Sarebbe uno schifo se fosse permanente. Non credo che lo sarà però. Sì, penso che ci vorrà del tempo per recuperare la fiducia psicologica. Stare nella stessa stanza con 600, 1500 o 15.000 persone, ci vorrà del tempo probabilmente per riconquistare la vecchia fiducia. Ma spero davvero che le cose cambino e sai, nel frattempo, questi concerti virtuali sono l’unica cosa che artisti e band possono fare in questo momento. Quindi lo stiamo facendo. Il release show sarà bizzarro, un po’ strano, suonare in un club con la stanza vuota. Andrà in streaming il 10 ottobre e resterà disponibile fino all’8 novembre. Lo puoi guardare on demanda ogni volta che vuoi per un intero mese, e costa solo 10 dollari. Stiamo provando un set completo con quattro nuovissime canzoni da “Punching The Sky”. Abbiamo intenzione di uscire e scatenarci come al solito. Abbiamo anche in programma di rispondere alle domande alla fine dello spettacolo. Le persone invieranno i quesiti sulla nostra pagina Facebook, poi ci prenderemo del tempo e risponderemo a un sacco di domande ed è solo un modo per noi per entrare in contatto con loro. Non possiamo andare in tour. Non possiamo nemmeno suonare in uno spettacolo locale, quindi sentiamo il bisogno di entrare in contatto e avere una connessione. Inoltre, il nostro disco sta uscendo e vogliamo fare una festa.
Parlando di cose questioni live, c’è questo album dal vivo pubblicato un paio di anni fa intitolato “Carpe Noctum”. Pensi che sia un documento live appropriato per una band come gli Armored Saint? Un album dal vivo di una band con il vostro catalogo dovrebbe almeno fare uscire un doppio e non di certo un singolo contente solo otto canzoni? Beh, puoi avere ragione su questo. Sai, immagino che dovremmo fare un doppio album dal vivo, qualcosa sulla scia di “Strangers In The Night” degli UFO. È divertente, perché abbiamo pubblicato praticamente ogni canzone che penseresti dovrebbe esserci su un nostro disco dal vivo, ma sono tutte su dischi diversi. Ci sono “Saints Will Conquer”, “Lessons Not Well Learned” e poi ci sono anche un sacco di brani dal vivo su “Nod To The Old School”, ma immagino che metterli in un unico pacchetto avrebbe più senso a un certo punto.
Joey voglio metterti in difficoltà facendoti elencare i tuoi tre album preferiti degli Armored Saint. I miei tre preferiti? È difficile! Bene, “Win Hands Down” di sicuro. Vado con quelli recenti, quindi “La Raza” e “Symbol Of Salvation”.
“Symbol Of Salvation” deve esserci per forza. Quell’album è fuori dal tempo. Puoi ascoltarlo oggi ed è ancora buono come quando è stato rilasciato. È come se non fosse quasi invecchiato. Penso che sia un classico di tutti i tempi. Sì, quello ha occupa un posto speciale per tutti noi. Quell’album è stato un punto di svolta. Piò essere considerato anche una specie di resurrezione dalle ceneri, poiché eravamo impantanati, sia come persone che come band. Quindi quel disco aveva sicuramente e ha ancora una valenza emotiva per tutti noi che non andrà mai via. Ecco perché si distingue di sicuro.
Sembra che tu abbia avuto anche un periodo molto fruttuoso all’epoca perché hai fatto alcune demo con molte tracce fantastiche che non sono finite sull’album. Sì, c’è stato un lungo processo di scrittura, prima che Dave morisse. Penso che avessimo scritto 24 canzoni o qualcosa del genere. E, sai, è stato un periodo molto produttivo, e penso per quello che eravamo musicalmente e quello adesso, sia stata una cosa molto importante per noi essere stati mollati dalla Chrysalis. Con il senno di poi, essere in grado di scrivere tutte quelle canzoni, ci ha costretti a sperimentare un po’. Alcune cose non hanno funzionato, ma alcune cose hanno funzionato bene e siamo stati in grado di affinare alcune peculiarità che penso che portiamo ancora con noi oggi. Quindi è stato un periodo di apprendimento importante per noi.
La Metal Blade è l’etichetta che viene associata agli Armored Saint, perché avete iniziato lì e ora siete di nuovo su Metal Blade, ma come sono stati gli anni su Chrysalis? Sì, abbiamo iniziato con Metal Blade e poi abbiamo trascorso i seguenti tre o quattro anni con Chrysalis. E sai, è stato molto divertente ovviamente, perché abbiamo fatto tre dischi con produttori diversi in grandi studi. Abbiamo anche fatto molti tour, ma allo stesso tempo è stato impegnativo per noi perché eravamo molto giovani. Quando siamo stati messi sotto contratto, avevamo tutti 20-21 anni. È uscito “March Of The Saint” e non sapevamo nulla del mondo della musica. Il primo anno è stato probabilmente un grosso schiaffo in faccia. È tutto gioco e divertimento, ma è anche affari, sai. E all’improvviso abbiamo sentito che stavamo iniziando a perdere un po’ il controllo sulla nostra carriera. Avevamo dei manager e l’etichetta discografica che ci chiedevano di fare cose con cui forse non eravamo d’accordo, e improvvisamente abbiamo pensato: questa etichetta discografica pensa che siamo qualcos’altro. Volevano che fossimo un po’ di più un gruppo rock o metal commerciale. Abbiamo spiegato che amavamo il primo dei Def Leppard, ma non avremmo seguito la strada tracciata da “Pyromania”. E poiché eravamo una label americana, improvvisamente ci siamo sentiti un po’ intrappolati. L’etichetta non avrebbe mai pagato mai per noi un tour in Europa. Hanno sempre detto che era troppo costoso e che non ne sarebbe valsa la pena. Abbiamo detto loro che le nostre maggiori influenze provenivano dall’Europa e che dovevamo andare lì e suonare. L’etichetta ci ha impedito di andarci per quattro o cinque anni. È stato davvero un grosso errore. Ed eravamo davvero incazzati. Alla fine, sono venute fuori molte cose buone dall’essere sotto una major, ma anche molte cose cattive. Sono stati commessi molti errori e molte cose le cambieremmo se ci fosse data di nuovo la possibilità. Ma eravamo giovani e non capivamo che probabilmente avremmo potuto prendere un maggiore controllo della nostra carriera in quel momento. E quelle sono solo lezioni che impari.
Quindi non ti penti di niente? È un po’ difficile da dire, quelle cose che chiami rimpianti, alla fine sono delle prove che devi superare per migliorare. Devi imparare, devi cadere, devi sapere come rialzarti. Sei più forte e stai meglio quando ne esci. Quindi è difficile dire che mi pento. È difficile dire che cambierei anche le cose negative. Perché poi farei altri errori. Voglio dire, chi attraversa la vita senza commettere errori? Nessuno. Quindi, sai, quelle sono cose prove che a volte devi affrontare, e forse in parte è stata una fortuna? Sfortuna, se vuoi definirla così.
Hai suonato in diverse band con molti grandi musicisti e hai anche vestito i panni di produttore, hai competenze e conoscenza davvero uniche, le potresti forse essere utilizzare quando ti ritirerai dalla carriera di musicista? Non ho mai preso seriamente in considerazione il ritiro. Voglio dire, ci sono molti giorni in cui penso: perché lo faccio? Ma no, non ci ho mai pensato davvero. Mi piace davvero quello che faccio e mi piacciono le persone con cui scelgo di lavorare. Non lavoro con tutti. Faccio delle scelte e mi piace collaborare con persone che posso chiamare amici e persone con cui ho qualcosa in comune. Non mi piacerebbe farlo in un modo in cui fosse solo un mestiere e ritrovarmi a lavorare con qualcuno solo perché mi ha assunto per la mia conoscenza o qualcosa del genere. Devo davvero avere più punti di contatto. E questo è uno dei motivi per cui non sono mai diventato un produttore o ingegnere professionista, perché poi mi troverei in una situazione in cui sto prendendo un incarico solo perché ho bisogno di lavorare. Ho avuto la fortuna di militare in molte band diverse e in diverse situazioni in cui non ho mai dovuto scendere a patti. Quindi, per questo motivo non ho mai seguito quella strada.
I tedeschi Accuser riabbracciano il figlio prodigo René Schütz e danno alle stampe un album orgogliosamente intitolato “Accuser” (Metal Blade Records), una ponte tra passato e futuro del gruppo.
Benvenuto Frank, dopo 35 anni avete sentito l’esigenza di un album omonimo, cosa significa veramente? È una sorta di dichiarazione “siamo gli Accuser e siamo ancora vivi”? Le canzoni dell’album rappresentano uno spaccato della storia degli Accuser, tuttavia, viene messo in mostra anche il suono corrente. Non era previsto così, ma le strutture si sono evolute dato che il songwriting è stato spezzettato sino al momento di entrare in studio! Inoltre, René, un membro dei nostri esordi, è nuovamente parte integrante della band.
Cosa ricordi del tuo primo album “The Conviction”? Suonavo negli Expect no Mercy e avevamo pubblicato un album nel 1984. Un’altra band della nostra città natale realizzò un disco in quel periodo, erano i Breaker. Successivamente sono passato ai Breaker, dopo aver registrato la chitarra solista nel loro demo di quattro tracce per un nuovo album. Ho scritto altre canzoni e avevamo abbastanza materiale per registrarlo in uno studio. Le nuove canzoni erano davvero veloci e aggressive e si distinguevano dal suono più heavy metal dei Breaker. Così abbiamo cercato un nuovo nome, iniziando la ricerca in ordine alfabetico dalla “A.” Non siamo andati lontano e abbiamo deciso Accuser. È nato così l’album “The Conviction”.
C’è un file rouge che collega il primo e l’ultimo album? Il collegamento è che ci sono elementi di “The Conviction” rintracciabili nel nuovo album. Inoltre, la nostra performance nel pezzo “The Eliminator” suona molto simile a quelle delle canzoni del primo album.
Come è cambiato il vostro sound in questi anni? Il nuovo disco è il successore di “The Mastery” e suona come lui. Ma questa volta abbiamo, in più, inserito tutti gli elementi che ci caratterizzano come Accuser. Penso che siamo stati in grado di esprimere il nostro stile tipico, le nuove tracce sono più ruvide e dirette.
La buona notizia è il ritorno di René Schütz dopo dieci anni, avete ritrovato subito la vecchia alchimia e avete cambiato il vostro modo di lavorare rispetto alla vostra precedente collaborazione? René e io ci conosciamo da 35 anni. Quando abbiamo ripreso a suonare insieme è stato subito evidente che abbiamo trascorso molto tempo insieme. È come essere una cosa sola. Quello che abbiamo cambiato nella nostra cooperazione è che discutiamo le cose in dettaglio in modo che tutti sappiano cosa fare. Contiamo l’uno sull’altro e siamo felici di essere di nuovo insieme.
Un altro vecchio amico è tornato a lavorare ancora con voi, il produttore Martin Buchwalter. Come nasce questa ennesima collaborazione? Collaboriamo con Martin sin da “Dependent Domination”. Sono ormai sei album che abbiamo prodotto con lui. È diventato un buon amico e sa esattamente cosa è giusto e meglio per la band. La novità è rappresentato Dan Swanö che ha masterizzato l’ultimo album.
Alla luce di questi ritorni, avete sentito molta pressione durante le sessioni di registrazione? Abbiamo appena ritrovato René, mentre lavoriamo regolarmente con Martin e continueremo in futuro. Non abbiamo sentito alcuna pressione nel processo di registrazione, ci siamo divertiti molto, anche se abbiamo lavorato sodo e, questa volta, più a lungo.
Prima che i concerti venissero stoppati, avete verificato il potenziale delle nuove canzoni sul palco? No, non abbiamo avuto alcuna possibilità di farlo. Abbiamo preparato il materiale nell’home studio e lo abbiamo perfezionato con Martin. Speriamo di avere di nuovo l’opportunità di suonare di nuovo dal vivo. Speriamo presto.
“Accuser” è il vostro miglior album da quando gli Scartribe hanno cessato di esistere? Sì, penso di sì! Tuttavia, ogni album è diverso e viene accolto dai fan in modo diverso. Ci esprimiamo attraverso album vari e offriamo sempre qualcosa di nuovo.
Un giorno pubblicherete ufficialmente il demo degli Scartribe su CD o in digitale per vostri fan? Al momento non è previsto.
L’album si conclude con “A Cycle’s End”: state entrando in una nuova fase della vostra carriera? Forse è una nuova fase della nostra carriera ma non ha nulla a che fare con il testo: “Cycle’s End” parla di come non abbiamo mai capito come creare un ciclo. La natura ce lo ha insegnato, ma noi l’abbiamo ignorata.
The Germans Accuser reunite with their prodigal son René Schütz and release an album proudly titled “Accuser” (Metal Blade Records), a bridge between the group’s past and future.
Welcome, after 35 years a self-named album, what really means? Is a sort of declaration “we are Accuser and we are still alive”? The songs of the album represent a cross-section of the Accuser history. Nevertheless, thecurrent sound is also presented. This was not intended, but these structures have evolved, since the songwriting was distributed with breaks up to the studio date! In addition, René is a member of the early days, again an integral part of the band.
What do you remember about you first album “The Conviction”? I played in the band Expect no Mercy and we had released an album in 1984. Another band from our hometown also released an album at that time. It was the band Breaker. A little later I switched to Breaker after recording the solo guitar on their 4-track demo for a new album. I wrote more songs and we had enough material to record it in a studio. The new songs were really fast and aggressive and stood out from the heavy metal-influenced sound of Breaker. So we looked for a new name and started the search alphabetically with “A”. We didn’t get far in the alphabet and decided on Accuser. The album “The Conviction” was born.
Is there a file rouge that connects the first and the last album? The connection is that there are elements of “The Conviction” to be found on the new album. In addition, our interpretation of the song “The Eliminator” sounds very much like the songs of the first album.
How is change your sound in these years? The new record is the follow-up album of “The Mastery” and sounds like it. But this time we played with all the elements that make us sound like Accuser. I think we have been able to reflect our typical style. The new recordings are rougher and more direct.
The good news is the return of René Schütz after ten years, did you find immediately the old alchemy and did you change your approach to work respect of your previous collaboration? René and I have known each other for 35 years. When playing together it was immediately noticeable that we have all spent a long time together. It’s like a unit. What we have changed in our cooperation is that we discuss things in detail so that everyone knows what to do. We rely on each other and are happy that we are together again.
Another old friend is back to work with you, the producer Martin Buchwalter. How is born this umpteenth new collaboration with him? We have been working with Martin since “Dependent Domination”. That ́s six albums we produced with him. He has become a good friend to us and knows exactly what is right and best for the band. One change is that Dan Swanö mastered the last album.
Due these important comebacks, did you feel a lot of pressure during the recording sessions? We just had one comeback with René. We work regularly with Martin and will continue in the future. We didn ́t feel any pressure in the recording process. We had a lot of fun, although we worked hard and this time longer.
Before the concerts stop did you check the potential of the new songs on stage? No, we didn’t have a chance. We prepared the material in the home studio and finalized it in the studio with Martin. We hope to get the oppurtunity to play live again. Hopefully soon.
Is “Accuser” your best album after Scartribe ceased to exist? Yes, I think it is! However, every album is different and is also accepted by the fans differently. We polarize with different albums but always offer something new.
Will you release officially someday the Scartribe’s demo on CD or digital for your fan? This is not planned at the moment.
The album ends with “A Cycle’s End”: are you going in a new phase of your career? Maybe it’s a new phase of our career but that has nothing to do with the lyrics. “Cycle’s End” is about how we never understood how to create a cycle. Nature has taught us, but we have disregarded it.
La produzione più recente dei Six Feet Under ha sollevato più di una critica, il nuovo “Nightmares of the Decomposed” (Metal Blade), pur non riportando indietro le lancette al periodo migliore della band dell’ex cantante dei Cannibal Corpse, può far tirare un piccolissimo rantolo di sollievo ai fan di Chris Barnes. Novità più interessante di questo disco è sicuramente Jack Owen, vecchio compagno d’avventura di Barnes nei Cannibali di Buffalo e oggi al suo esordio in studio con con i Six Feet Under.
Ciao Jack, questo è il tuo primo album con i Six Feet Under, come è nata questa nuova collaborazione con il tuo vecchio amico Chris? Grazie per l’intervista! Mi sono unito ai Six Feet Under circa tre anni fa, facendo molte tournée con la band e godendomi il nuovo rapporto con Chris e gli altri membri. Scrivo sempre materiale e quando ho mandato un paio di canzoni a Chris, lui le ha subito adorate. Così ho preso coraggio e ho tirato fuori tutto il materiale che conservavo da tempo e che credevo valesse la pena utilizzare. Chris mi ha detto che avevo abbastanza materiale di qualità per un intero album, così abbiamo fatto una cernita e, devo ammettere, che sono molto contento di quello che ne è venuto fuori.
Quanto cambiato il vostro modo di lavorare rispetto alla vostra precedente collaborazione nei Cannibal Corpse? È difficile ricordare come funzionava in passato. Penso che si sia trattato più di uno sforzo di gruppo, dato che eravamo tutti nella stessa città. In questi giorni viviamo molto distanti gli uni dagli altri, quindi di solito è una persona sola che scrive la musica mentre Chris si occupa dei testi a casa sua. Penso che con l’avvento degli home studio, a cui si è aggiunto il nefasto Covid-19, questo sia il modo più moderno di scrivere e collaborare. Ma, alla fine, penso che funzioni!
Come è cambiato, invece, il tuo stile all’interno dei Six Feet Under rispetto alle tue precedenti avventure con Cannibal Corpse e Deicide? Essendo un fan di molti generi diversi di musica, sono stato in grado di attingere da queste influenze per scrivere canzoni basate su arrangiamenti che vanno dal rock al doom. Questi elementi sarebbero off limits in band come Cannibal Corpse o Deicide, ma nei Six Feet Under mi hanno permesso di scrivere materiale che potrebbe essere rimasto seppellito nel mio subconscio per molto tempo.
Pensi a te stesso come una leggenda vivente del death metal? Mi sento come se avessi avuto successo in questo genere, ma nell’intera scena musicale mondiale, non sono altro che un sassolino che fa una piccola increspatura quando colpisce l’acqua…
Hai mai pensato di registrare un album non metal, magari country o rock? Ho registrato un album country per divertimento e ho fatto un album rock con gli Adrift. Ma torno sempre al thrash e al death metal!
Una delle mie canzoni preferite di “Nightmares Of The Decomposed” è “Migraine”, qual è la tua canzone preferita? Mi piace parecchio come “Migraine” è venuta fuori! Aggiungerei anche “Zodiac” e “Amputator”.
Quali canzoni di “Nightmares Of The Decomposed” suonerete dal vivo? Cercheremo di suonarne il maggior numero possibile, ma non siamo sicuri di quando potremo farlo!
E la produzione? Penso che il suono sia essenziale e crudo, lontano da quello plastificato di oggi. La produzione è il prodotto dei registrazioni effettuate in tanti studi diversi. Il risultato è molto grezzo, nonostante siano state utilizzate tecniche di registrazione moderne. Penso che alla fine suoni così perché eravamo molto preoccupati di risultare troppo “computerizzati”.
In chiusura, una curiosità che prescinde dalla tua attuale collaborazione con i SFT: hai notizie sul primo full length dei Serpents Whisper? Sono stato coinvolto nella formazione iniziale di quella band, ma non sono più parte di quel progetto. Se stanno ancora insieme, auguro loro buona fortuna!