Il 2020 è un anno da dimenticare, anche se, probabilmente, non lo dimenticheremo mai. Allora aggrappiamoci alle cose positive, come il nuovo disco dei Malignance, “Dreamquest: the Awakening” (Black Tears of Death / Nadir Promotion). Il gruppo si era rifatto vivo già tre anni fa con “Architects of Oblivion”, quindi non ci troviamo innanzi a un ritorno insperato, però questo non significa che non manchino le novità, come per esempio la line up con un solo membro – Arioch – che pare sancire l’inizio di un’inedita fase della vita dei liguri.
Benvenuto, Arioch, tre anni non sono pochi, ma diventano un’inezia se paragonati ai quattordici che hanno separato “Regina Umbrae Mortis” da “Architects of Oblivion”. Questi tempi più ridotti tra l’uscita del 2017 e questa datata 2020 li dobbiamo intendere come voglia di recuperare il tempo perso?
Ciao, semplicemente ho ritrovato la voglia di comporre materiale di questo tipo. Per anni non ho “sentito” di doverlo fare e di conseguenza sapevo di non poter proporre qualcosa di musicalmente valido. Non ho mai pianificato nulla per quanto riguarda le uscite discografiche dei Malignance, tutto segue un naturale ritmo “ispirazione/composizione” fin dai tempi della nascita della band nel 2001, per cui non ti so dire se il prossimo album uscirà fra un anno o fra altri quattordici, tutto dipende esclusivamente dal mio grado di ispirazione.
Hai dei ripianti legati al lungo lasso temporale che separa la vostra prima uscita dalla seconda?
Rimpianti direi di no. Subito dopo l’uscita di “Regina”, Krieg decise di lasciare la band e non senza difficoltà trovammo un sostituto, Vindkald, con cui ci dedicammo all’attività live per promuovere il disco e partecipammo ad uno split album con altre tre band, oltre a registrare un promo con materiale nuovo. Non riuscendo però a concretizzare il tutto in un nuovo album, decisi di sospendere Malignance a tempo indeterminato; semplicemente, non ho avuto lo stimolo giusto per riportare in attività il progetto fino a fine 2016. Considero i Malignance una mia estensione musicale, non ho mai sentito alcun tipo di “obbligo” verso me stesso o altri a pubblicare nuovi lavori di questa band, per cui sono certo di aver fatto la cosa più giusta.
Quando siete tornati con “Architects of Oblivion” avete trovato una scena musicale e, soprattutto, un mercato discografico completamente stravolto rispetto ai vostri esordi. Credi di aver commesso degli errori dovuti alla scarsa conoscenza del nuovo scenario e, se sì, cosa hai evitato di sbagliare nuovamente in occasione dell’uscita di “Dreamquest: the Awakening”?
Sicuramente, come dici, è tutto diversissimo rispetto al 2003. Avevo perso quasi tutti i contatti con le persone dell’ambiente, a parte pochissimi, e mi sono trovato a dover ricostruire tutto pezzo per pezzo. Alla luce dei fatti sono comunque abbastanza contento di come sono andate le cose, vedo “Architects” come un potenziale nuovo inizio e chiunque abbia voglia di ascoltarlo può riscoprirlo ora, anche se purtroppo all’uscita non ha avuto la promozione che secondo me sarebbe servita. Sicuramente per “Dreamquest” ho cercato di avere dei canali migliori per far conoscere l’album al pubblico e raggiungere più persone di quanto sia riuscito a fare con “Architects”.
Hai già partecipato al tributo dei Necrodeath come one man band, ma sicuramente l’assenza di Krieg, per la prima volta su un vostro album intero, fa specie. A cosa è dovuto lo spilt con il tuo storico partener e come mai hai deciso di continuare da solo anche in occasione del terzo disco?
Sentivo il bisogno di gestire tutto il processo di scrittura e arrangiamento dei brani, testi compresi, senza dovermi interfacciare con altri, tutto qui. Negli anni mi sono dedicato molto allo studio della musica e mi sono migliorato anche a livello vocale: qualche tempo fa non mi sarei mai sognato di cantare su un disco, ma dopo aver fatto varie prove, oltre a un live dove ho suonato la chitarra e cantato per sostituire un Krieg con problemi di salute dopo l’uscita di “Architects”, mi sono reso conto che i tempi erano maturi. Detto questo, Krieg resta un vocalist unico e una persona che stimo, gli auguro tutto il meglio per i suoi progetti musicali.
Come cambia il tuo modo di comporre e registrare ora che sei solo?
Sicuramente il processo è estremamente più veloce; “Dreamquest: the Awakening” è stato composto e registrato nel giro di dieci giorni. Mi piace avere la più totale libertà di azione sui brani, ad esempio se durante la stesura delle linee vocali mi rendo conto che una parte della canzone è troppo lunga e ripetitiva posso tagliarla a mio piacimento, o aumentarne la durata se riscontro il problema opposto. Sono stato molto felice poi di potermi occupare dei testi, che ritengo una parte fondamentale di un album.
Qual è la componente che è rimasta immutata nel vostro sound dai tempi di “Regina Umbrae Mortis” e quale invece quella che contraddistingue in modo univoco questo “Dreamquest: the Awakening”?
Credo che il mood di fondo dei Malignance non sia cambiato poi tantissimo, sicuramente sono maturato a livello compositivo, ho limato molti spigoli ed eliminato qualche ingenuità compositiva, ma il sentiero resta sempre quello che iniziai a tracciare con “Ascension to Obscurity”, il primo EP. Di certo quello che contraddistingue “Dreamquest” sono le parti vocali, la vera novità di questo album.
Credi che il primo singolo estratto dal disco, “God of War”, contenga al proprio interno queste caratteristiche?
Penso di sì, anche se all’interno del disco non mancano episodi più cadenzati e altri con intrecci melodici e armonici più complessi. “God of War” è un pezzo di impatto e abbastanza immediato, penso sia stata una buona scelta per un singolo di lancio.
Un connubio invece che si è rinnovato in occasione di questa pubblicazione è quello che unisce, come in passato, i Malignance con la Black Tears of Death. Quali sono i valori che ti legano all’etichetta genovese?
Conosco Daniele della BTOD da tantissimi anni ed è stato uno dei primi a credere nei Malignance, quando eravamo agli esordi. Sono felice di poter collaborare di nuovo con lui, dopo il tributo ai Necrodeath, perché è un’ottima persona e un vero appassionato di musica e spero che questo sodalizio possa continuare in futuro portando soddisfazioni a entrambi!
Porterai l’album dal vivo e, se sì, hai già individuato gli artisti che ti accompagneranno?
L’intenzione ci sarebbe, ovviamente in questo periodo tutto è molto incerto e nebuloso, ma mi piacerebbe farlo. In passato ho avuto il piacere di collaborare con Eligor e Fog (ex membri dei Sacradis) e un giovanissimo e talentuoso bassista genovese (Jack Repetti) per portare nuovamente live i Malignance, questa volta ho ricontattato Achernar, storico membro dei Malignance, per vestire i panni di bassista in sede live. Devo ancora individuare un chitarrista e un batterista, ma il tempo per farlo non mancherà.
