Unalei – La dea del mare calmo

Il progetto Unalei, espressione musicale di Karim Federico Sanna, dopo un paio di album – “A sua immagine” (autoproduzione, 2013) e “Taedium Vitae” (Club Inferno Ent./My Kingdom Music, 2016) – pare arrivato a un momento di svolta con il recente “Galatea” (Metaversus PR), un disco ricco di suggestioni folk.

Ciao Karim, da qualche mese è fuori il tuo terzo album “Galatea”, un disco che in qualche modo si differenzia dai tuoi lavori precedenti per un piglio maggiormente folk, a cosa è dovuta questa svolta?
A livello musicale, prima di appassionarmi a quello che mi avrebbe portato a sviluppare gli album più estremi, il mio orecchio era sollecitato da alcune cose in particolare. Ho cercato di far convergere queste più “antiche” passioni musicali in “Galatea” per quanto possibile, trattandosi di un album pop/rock: la musica popolare delle terre da cui provengo, il sound acustico naturale e genuino, la colonna sonora proveniente dagli anime, i videogiochi, la Disney.

L’amore per il folk è recente o ti accompagna da molto?
Diciamo una via di mezzo: non avevo riconosciuto in me questa predilezione per il folklore, si è concretizzata quando il destino mi diede la fortuna di trascorrere un anno in Spagna e di vivere alla flamenca. Andando indietro con la mente poi, ho sempre preferito le fiabe e leggende popolari ad altri tipi di racconti e sono un sostenitore della vita campestre con un uso quanto più moderato della tecnologia. Apprezzo la cucina locale, le minoranze linguistiche (in cui rientrano i dialetti).

Possiamo considerare “Galatea” il tuo disco più biografico?
Non ho mai pensato di scrivere un disco auto-biografico eppure sì, potremmo considerarlo come il più concentrato. In effetti, nei due LP precedenti le liriche procedevano per astrattismi, emozioni e impressioni puramente personali, a tratti poco empirici. Quasi una vergogna di scoprire le proprie carte mascherata da ermetismo. In “Galatea” non ci sono veli e peli sulla lingua, Karim parla di Federico e viceversa in un certo senso. Tutti i contenuti hanno un corrispettivo concreto.

Credi che i tuoi fan siano rimasti spiazzati da questo nuovo approccio?
Non saprei, probabilmente alcuni sì. Sono contento però di vedere un certo zoccolo duro immutato e probabilmente in espansione, perciò al momento forse è ancora presto per tirare le somme. Per me la musica è un mezzo, non il fine. Il mezzo per tramettere il messaggio in una cornice artistica, come la parola è l’espressione più a dimensione d’ uomo. In “Galatea” la musica è strettamente funzionale al messaggio e al contributo che vuole dare al mondo sia della musica ma principalmente all’umanità che avanza.

Cosa, invece, è rimasto immutato dal tuo esordio?
Il nome, che non è poco! Scherzo. Ottima domanda. Ci si concentra sempre su ciò che si cambia e si migliora ma su quello che rimane… Non saprei proprio cosa risponderti.

Altra costante, secondo me, è un approccio compositivo portato comunque alla forma di canzone, cosa che forse è più evidente oggi, ma ben presente anche in passato: sei d’accordo?
Estremamente evidente oggi, palese. Mi ci trovo molto bene, il pop è un’altra grande influenza, ho dovuto faticare parecchio per farla affiorare. Sul passato non sono molto d’accordo. Ci sono un paio di pezzi con i classici crescendo post-rock (“Della Carne”, “Senhal”), ma non c’è mai la stessa struttura. In passato volevo abbattere i canoni, le barriere della convenzione, colpire l’ascoltatore (concetto dello studium e del punctum) per attivare la sua attenzione in altre direzioni rispetto al consueto, per porlo faccia a faccia con l’Altro. Effettivamente, anche “Galatea” è più a misura d’uomo, con meno spocchia e la testa alzata a livello del prossimo.

Mi spieghi il significato del titolo “Galatea”?
Il significato primario viene dal mito di Galatea e Pigmalione, re di Cipro. Il re rifiutava qualsiasi donna terrena, nessuna era all’altezza del suo sentimento. Così per poter avere un s-oggetto pari al suo desiderio a cui rivolgere le sue lodi si fece costruire una statua della dea Afrodite, ossia dell’amore stesso. Dall’Olimpo, Afrodite vide e riconobbe la devozione di Pigmalione e decise di esaudire le sue preghiere dando vita alla statua. Essendo la donna nata dal marmo le venne dato il nome di Galatea, che stando al greco potremmo interpretare come “colei dalla pelle bianca come il latte”. Mentre secondo un’altra interpretazione il nome potrebbe indicare dunque “la dea del mare calmo”. Esteticamente rappresenta un’ideale umano raggiungibile solo attraverso l’intervento divino, concetto movente di questo progetto musicale fin dalla sua creazione. Non dimentichiamo l’altro mito di Aci e Galatea, in cui lei è una Nereide, ninfa del mare.. C’è un gruppo di comuni in provincia di Catania che si chiamano “Aci…”, perché quella zona è accreditata come teatro di questo mito. In Salento abbiamo due comuni nominalmente analoghi: Galatina e Galatone.

Credo che anche dal punto di vista lirico tu abbia voluto fare un passo avanti: come è cambiato il tuo processo di scrittura dei testi e come questo ha influito, se ha influito, sullo sviluppo della musica?
Avevo il bisogno di esprimermi a parole, il mezzo più diretto e comprensibile. Prima sono nati i testi e poi le relative canzoni. Anche qui mi sono rifatto a dei canoni, lasciando da parte l’approccio impressionistico e totalmente libero del passato che caratterizzava musica e parole. Semplicemente ho voluto scrivere delle poesie. Alcune potrebbero avere ragione d’essere autonoma come “Azalea”, “Anarada” o “The Little Matchgirl”, altre non le immagino autosufficienti al di fuori della canzone. Comunque sia, la letteratura mi influenza al pari della musica da sempre.

Credi che dal vivo vecchi e nuovi brani possano convivere insieme senza problemi o dovrai rivedere gli arrangiamenti delle tracce dei primi due dischi?
Sarà difficile ma dovranno per forza. Al momento la quantità di lavoro necessario mi spaventa e non voglio pensarci. Fortunatamente ci siamo organizzati con gli stem delle sequenze ed è già molto. Il cavillo è che “Galatea” è tutto suonato con un’accordatura standard, nei vecchi dischi ne troviamo invece altre, uguale: tre chitarre da portarsi dietro. Rivedrò di certo gli arrangiamenti dei brani vecchi ma per farli risultare più fedeli all’originale. Con i vari turnisti che abbiamo avuto alle chitarre, prime donne esigenti, mi son fatto trascinare e ho stravolto un po’ troppe cose, me ne rendo conto solo ora… motivo in più per occuparmi personalmente di lead e assoli in sede live quando posso.

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