Massimo Longoni è un giornalista, grande appassionato di musica e cultura pop in generale, collezionista di vinili, scrive di spettacolo su Tgcom24, collabora con varie riviste di settore e ha all’attivo la pubblicazione di diversi libri a tema musicale. Da pochi mesi infatti è uscita la sua ultima fatica letteraria, “Helloween, pumpkins fly free – tutta la storia”, un libro su una delle band heavy metal più importanti a livello mondiale, appunto gli Helloween. Il libro, uscito per la Tsunami Edizioni, va a colmare un importante vuoto che mancava nel mondo della carta stampata, ed è un bel regalo per tutti gli appassionati del genere e della band. Al di là di “Hellbook”, il libro ufficiale della band tedesca uscito alcuni anni fa, che era per lo più un libro fotografico, non una vera biografia, non esiste nulla di così completo riguardante gli Helloween. E c’è da dire che il vuoto lo si colma perfettamente, tanto che il libro meriterebbe numerose traduzioni, in quanto la band è famosa e seguita in tutto il mondo e Massimo Longoni, che abbiamo intervistato, ha compiuto un lavoro eccezionale nel raccontare la band e la sua storia, entrando in particolari sconosciuti anche dai fan più incalliti.
Massimo, il tuo libro è davvero pieno citazioni, testimonianze di cui molte internazionali, quanto tempo hai impiegato per scriverlo e come è nata soprattutto questa idea?
Questo libro è una vita di passione. Mi frullava da un po’ di tempo l’idea di questo lavoro, l’ostacolo però era stato sempre capire se ci fosse materiale su cui lavorare, trovare le giuste fonti. Ci ho messo un annetto circa e devo ringraziare Max Baroni della Tsunami che mi ha permesso di attingere dalla sua cospicua collezione di riviste heavy metal.
Come è nato il tuo “amore” per gli Helloween?
Li ho scoperti per puro caso nel 1989 con i due album “Keeper of the Seven Keys”, prima e seconda parte. Da lì non li ho più mollati, ho amato molto il successivo “Pink Bubbles Go Ape”, anche se molti lo considerano il loro punto più basso, addirittura peggio di “Chameleon”, in cui ci sono diversi brani interessanti e che con il tempo è stato rivalutato da molti fan. Quest’ultimo sicuramente è un disco che ha delle pecche, un album figlio di una frattura all’interno della band, non è un disco di una band infatti, ognuno lavorò per conto proprio, ma ciò non toglie che abbia all’interno dei brani eccezionali.
Forse uscito in questi giorni sarebbe considerato quasi un capolavoro per la sua varietà.
Assolutamente, anche perché oggi c’è molto meno intransigenza a livello di suddivisione di generi nel metal, c’è ancora l’anima “true metal”, vero, ma rispetto ai tempi è anche abbastanza superata.
Il tuo libro dà finalmente alla band quella maggiore credibilità, nonostante siano sempre ad alti livelli ma allo stesso tempo sempre messi un po’ in secondo piano?
Non sono mai stati presi sul serio fondamentalmente. Loro hanno pagato questo atteggiamento di non essere necessariamente “true” in un certo ambiente. Quindi da un lato avevano un atteggiamento molto diverso dalle solite band heavy metal, loro sono sempre stati molto ironici, leggeri, solari, positivi, senza attingere ai soliti stilemi metal un po’ “battaglieri” o quantomeno seri senza mai sfociare in tematiche più vicine a generi più estremi come il satanismo. E per questo sembravano all’occhio di molti dei “pagliacci”, per questo nel 2000 c’è stata una svolta più “dark” spinti anche dall’etichetta e dal management con l’album ‘The Dark Ride’. Poi loro hanno pagato le tante influenze che hanno avuto all’interno della band, il volere andare oltre il genere metal, non essere sempre chiusi in quel cerchio, se prendi ogni loro album per quanto siano subito riconoscibili ogni disco ha una sua peculiarità, un suo marchio che li rende sempre personali. Ci sono band molto più “fedeli a se stessi”, vedi gli Iron Maiden o i Manowar, e spesso ciò è stato visto da una parte del pubblico come un tradimento, che poi non era indirizzato a commercializzarsi e a vendere più dischi ma era fatto semplicemente per soddisfare le esigenze dei singoli elementi del gruppo, prendi ad esempio Michael Weikath (chitarrista, nda), viene da una formazione musicale più vicina a band come Beatles, Deep Purple, ha uno spiccato senso melodico rispetto all’anima più metal che era ed è tuttora di Kai Hansen (altro chitarrista, nda).
Infatti loro ogni volta che sono stati all’apice del successo, invece di proseguire su quella strada vincente hanno sempre sterzato in un’altra direzione, vedi dopo i due “Keepers” e dopo “Better Than Raw” (in Italia quest’ultimo arrivò al 14° posto in classifica) e pubblicarono un disco di cover che di metal aveva poco e niente.
Vero, sì, è proprio una loro caratteristica, come essere su un ottovolante. Oggi stanno raccogliendo finalmente ciò che hanno seminato nel corso di quasi 40 anni di carriera, spesso sperperandolo senza riuscire a goderselo perché ogni volta che arrivavano in cima la volta successiva c’era il disastro. Adesso finalmente tra il tour di reunion e il nuovo album finalmente stanno avendo il successo meritato. Vedessi i live del precedente tour, hanno avuto il massimo degli spettatori.
Dei progetti paralleli, a quale sei più legato?
Sicuramente i Gamma Ray. Devo ammettere che non li ho seguiti da subito. Non essendo prettamente un metallaro, al tempo non mi accorsi della band, sì, seguivo gli Helloween ma non considerai subito la band di Kai Hansen. Li ho scoperti successivamente per caso, al tempo non c’era internet, lo vidi in un negozio di Milano, Mariposa al tempo, chiesi al negoziante “Com’è?” e mi rispose “come i primi degli Helloween”, da lì in poi ho seguito la band, comprato tutti gli album, di cui preferisco su tutti “Insanity and Genius” del 1993.
Hai notato che a differenza di altre reunion di altre band, sembra tra le più “genuine”e che ci sia una vera armonia nella band e che ci sia un gran divertimento tra loro?
Voglio crederlo anch’io, non vorrei essere ingenuo, ma vorrei credere a questa buona fede, anche perché ci sono elementi e indizi che supportano questa tesi. Se analizziamo bene il tutto non era così scontato che a livello economico potesse andare bene, e che ci fosse tutto questo interesse, comunque era un “esperimento” che poteva andar male, non piacere al pubblico, invece è andata benissimo, meglio del previsto, tanto che a Milano era stata fissata una data all’Alcatraz invece è stato necessario spostarla al Forum di Assago. L’unico che non si lascia andare a toni troppo entusiasti sembra sia Weikath ma non so se è anche per via di un suo atteggiamento. Kiske invece nelle interviste è sempre molto allegro, giocoso, sembra davvero sereno.
Andi Deris ha salvato la band in qualche modo al suo ingresso nel 1994, confermi?
Assolutamente. Oggi non staremmo a parlare degli Helloween in questi termini, Tra l’altro Deris è uno che non è entrato in punta di piedi nella band, ha capito da subito perfettamente la situazione, inoltre è uno con una personalità spiccata, molto intelligente, ha compreso che era l’occasione della sua vita. Man mano che son passati gli anni ha preso in mano le redini del gruppo, basta vedere che il numero di canzoni che scrive. Vedi anche la reunion, sulla carta poteva andargli a sfavore, confrontarsi sul palco con Michael Kiske, da una vita il suo “principale rivale”, invece aveva capito che così la band sarebbe diventata più grande facendo persino un passo indietro. Lo dico da fan totale di Kiske, ma al concerto di Milano Deris è stato strepitoso e ha vinto 3 a 0. Kiske ha pagato il fatto di non essere salito sul palco per circa 20 anni, è un po’ statico, impacciato, Deris invece è un istrione totale, capace di fare spettacolo e negli ultimi anni canta meglio dei primi anni in cui è arrivato. Ha cambiato impostazione vocale e oggi canta molto meglio anche i brani dell’era Kiske, direi che è inattaccabile. Che abbia salvato la band non c’è alcun dubbio.
Una grande famiglia anche con i Pink Cream 69 per certi versi.
Sì, alla fine sì, Kosta Zafirou (batterista Pink Cream 69, nda) che fa da manager agli Helloween, Dennis Ward (bassista dei PC69, nda) che fa da co-producer, insomma buona parte di loro per certi versi sono entrati a far parte della famiglia Helloween.
Altro sul libro che vuoi raccontarci?
La parte più difficile da scrivere è stata quella relativa a Ingo Schwichtenberg e alla sua morte (Ingo Schwichtenberg è stato il primo batterista degli Helloween sino al 1993, deceduto nel 1995, nda). Non volevo scadere in termini “gossipari” non sarebbe stato giusto nei suoi confronti, volevo essere il più rispettoso possibile e a dimostrazione di quanto quel periodo è stato difficile anche parlandone con i protagonisti della band è stato difficile ricostruire la catena di eventi, è stato difficile ricostruire il periodo di quando Ingo è stato male veramente, quando hanno dovuto decidere di metterlo da parte, Kiske ricordava una cosa, Roland Grapow ne ricordava un’altra differente, le interviste dell’epoca riportavano notizie contrastanti, così sono andato a sentire un testimone super partes, Riad “Ritchie” Abdel-Nabi, batterista che fu chiamato a sostituire lo stesso Ingo al tempo, è stato molto contento di esser stato preso in considerazione, in quanto di lui non se ne è più parlato. Qualche aneddoto ce lo ha raccontato. Ad esempio, io ho ascoltato la registrazione del primo concerto a Tokyo in Giappone del tour di “Chameleon”, Kiske, a inizio concerto dice che Ingo non c’è e che si sta facendo curare in quanto non sta bene in salute, ma se vedi il tourbook dell’epoca, stampato quindi prima dei concerti, già non c’è più Ingo nella band ma c’era già Abdel-Nabi. Lo stesso Grapow ricordava che Ingo era stato male durante un concerto e Hiroshima durante quel tour ma in quel tour non c’è stato alcun concerto a Hiroshima, ricostruendo il tutto successivamente, Ingo è stato male durante un concerto in Germania precedentemente. Insomma, una situazione abbastanza caotica al tempo, e probabilmente ognuno di loro ha dimenticato quei giorni volutamente in quanto saranno stati certamente davvero duri.

Un libro completissimo sulla band, se volete saperne di più sugli Helloween, correte a comprare la vostra copia di “Helloween, pumpkins fly free” – tutta la storia’ di Massimo Longoni. Libro consigliato da Wanted Record, Bari.
INTERVISTA ORIGINARIAMENTE PUBBLICATA IN VERSIONE RIDOTTA SUL QUOTIDIANO “IL QUOTIDIANO DI BARI” IL 20 OTTOBRE 2021