I southern thrasher Cancrena tornano con il loro quinto lavoro, l’EP “Chapter Five”, che nella sua versione fisica ha avuto una non proprio veloce gestazione. Ora che finalmente è fuori, abbiamo contattato il bassista Fabio Chiarazzo per parlarne più approfonditamente.
Benvenuto Fabio, da poco è uscito il vostro nuovo album, “Chapter Five”, probabilmente il più travagliato della vostra storia. Ora che il disco è finalmente fuori, quali sono le vostre sensazioni?
Ciao tutti voi e grazie dello spazio. Il disco in realtà è stato pubblicato tempo fa su tutte le piattaforme senza avere promozione di nessun tipo. Ora sono finalmente arrivate le copie fisiche. Il tutto è stato autoprodotto, il che ci rende molto orgogliosi. Sensazioni? Non saprei. E’ stato un periodo difficile. Le paranoie e la situazione pandemica ci hanno fatto incontrare poco in sala prove. I brani fanno parte di noi, ma credimi suonare il tutto risulterebbe difficoltoso al momento, a livello fisico intendo. Per il resto il disco era stato pensato come un grandissimo candelotto di dinamite posto su una torta di compleanno, per autocelebrarsi. Ma è finito con l’essere un piccolo stronzetto. Molto arzillo e parecchio interessante.
Quali ostacoli avete dovuto superare per poter realizzare questo disco?
Ostacoli non ce ne sono mai stati, avremmo dovuto semplicemente registrare il tutto prima, molto prima, della pandemia. Solo che siamo parecchio paranoici, soprattutto Francis. E’ fissato con gli effetti dei soli e la buona esecuzione. Non sapevamo, nessuno sapeva quello che poi sarebbe successo da lì a due mesi. Le sessions sono state molto buone, credo che le aspettative siano state più che rispettate. Francesco (Morgese) ha cantato davvero benissimo. Credo che abbia raggiunto il picco più alto della sua espressività. La sua voce nel disco suona davvero spaventosa e tutti i testi li ha fatti suoi. Avremmo dovuto curare meglio altri aspetti della produzione forse. Ma questo è un mio parere personale.
Le canzoni sono state registrate tutte durante la stessa sessione oppure durante gli anni?
Le canzoni sono state registrate in una sessione. Iniziata con vari incontri per definire i suoni e gli amplificatori per poi iniziare e finire in poche sessions. Nonostante le “fissazioni” le registrazioni sono state più che spedite. E’ stato il songwriting, che è durato anni e anni, a rompere le palle. Per il resto le sessions sono state molto veloci.
Alcuni di questi brani li avevate già proposti in sede live, come sono cambiati nella versione definitiva da studio?
E’ cambiata davvero poca roba dal live. Qualche strofa in più, qualche assolo migliorato, ripeto, Francis è un fissato, e qualche rutto in meno. L’alcool è stato comunque sempre il protagonista, sia live che in studio. I rutti sono stata la parte più difficile da eliminare.
Qual è il brano più vecchio e qual è quello più recente tra quelli inseriti nella tracklist?
Il brano più vecchio credo sia “Stressed Out”. Il più giovane è “Keep Your Mouth Shut”, che a mio parere è uno dei migliori brani mai scritti dalla band. La batteria di BigRoger è mostruosamente invadente. Il basso è egregio e il tutto finisce in un piede che schiaccia l’avversario. Per capire quello che voglio dire andate a vedere la Fatality di JAXX in Ultimate Mortal Kombat 3. Mi piacciono i videogiochi.
Qual è, invece, il pezzo più “Cancrena” di “Chapter Five” e qual è invece quello in cui siete usciti dai vostri soliti canoni stilistici?
Il pezzo più “Cancrena” di “C5” è ovviamente “Cancrena”. Speed, rallentamenti, speed, testo che parla di abusi vari e sfoghi in musica. Thrash metal, senza troppi intoppi. Il meno “Cancrena” credo sia “Sliding Down”. E’ una nuova “The Sponger” (presente su “Underneath” – Vision Metal Records – Tennessee – 2007). Molto commerciale, ritornelli vincenti. Mi piace da morire.
Ci sono dei brani che avete lasciato nel cassetto oppure avete utilizzato tutto il materiale a disposizione?
Abbiamo usato tutto quello che avevamo. E’ finito tutto.
La reputazione ve la siete costruita soprattutto in sede live, quanto vi sta pesando questa lungo periodo di lontananza dai palchi?
Ci manca moltissimo. Credo sia il motivo per cui ci risulta tutto così lontano e distante. I brani sono stati concepiti per essere suonati dal vivo, sono delle classiche macchine da pogo. Nonostante alcune fissazioni sugli arrangiamenti, sono brani semplici, molto più semplici rispetto ai vecchi dischi. La batteria di Roger è più groovy e semplice, i ritornelli sono più frequenti e sono facili anche da cantare. Hanno strutture standard. Il fatto di averli registrati per noi è una grande cosa. Ma ci sentiamo un po’ lontani dai pezzi, proprio perché sono poi morti lì. Vorremmo tanto suonare i brani dal vivo e risentire la gente, abbracciare tutti e ridere moltissimo. L’entusiasmo non è morto, ma chiaramente ci siamo un po’, come dire, impigriti. Quasi abituati a questa situazione di stallo. Però almeno ora abbiamo il disco. Esiste, ed esistiamo anche noi.
Guardiamo avanti, quali brani di “Chapter Five” potremo ascoltare nei vostri prossimi concerti?
Tutti. Li ascolterete tutti.
