Vexillum – Vessilli di guerra

Universi partoriti dalla fantasia che possono regalare momenti di svago ma anche sbattere in faccia la durezza dei giorni che viviamo. L’arte dei Vexillum è una metafora, e nel nuovo “When a Good Man Goes to War” (Scarlet Records) questo aspetto di didascalico viene amplificato dalla assurda situazione in cui attualmente languiamo.

Benvenuto su Il Raglio Michele, vi avevamo lasciato con “Unum”, un disco che probabilmente ha tracciato un solco nella vostra storia: questi sei anni di attesa sono dovuti al carico di responsabilità derivanti dal dover dare un degno successore a quell’album?
Ciao Giuseppe, intanto grazie per questa opportunità. Sicuramente “Unum”, ha rappresentato un tassello importante, un concept con cantanti importanti a duettare con Dario, è stato davvero un capitolo segnante per la vita della band. Di certo l’esigenza di mantenere alto il livello, se non alzarlo ulteriormente, è uno dei nostri obbiettivi da sempre e da qui anche il bisogno di prendere il tempo necessario perché l’ispirazione e l’energia creino la situazione giusta, come hai detto tu la responsabilità si fa sentire. Aggiungo anche che dopo la tournée di supporto ad “Unum”, abbiamo avuto la necessità, più o meno tutti all’interno della band, di occuparci delle evoluzioni delle nostre vite private e quindi di un po’ di tempo per noi.

Cosa rappresenta questo nuovo album nella vostra discografia e cosa aggiunge di nuovo rispetto alle uscite precedenti?
Questo album si riallaccia direttamente a “The Bivouac”, a quel tipo di composizioni, ma porta con se un tono più scuro, derivante da una rabbia e sentimenti che sentivamo la necessità di esternare. Questa atmosfera si rispecchia nei temi ed emerge nel sound, quest’ultimo sicuramente più ricco e ricercato rispetto al passato, è una diretta evoluzione del nostro stile, con tutti gli elementi che ci sono sempre piaciuti, ma ancora più potente e diretto. “WGMGTW” per come lo sento rappresenta un po’ l’ album “della maturità”, una sorta di passaggio all’età adulta musicale per la band, e sicuramente una linea di demarcazione tra il passato ed il futuro.

Il vostro sound base è una miscela di power di matrice tedesca con influenze celtiche, ma c’è un qualcosa che vi identifica come gruppo italiano?
E’ una domanda interessante, la cosa principale che mi viene in mente sono i nostri live, il nostro modo di fare e di intrattenere festaiolo è tipico di noi italiani, la ricerca dell’energia che deriva dalla partecipazione attiva del pubblico. Poi in questo nuovo album per la prima volta abbiamo inserito una canzone inedita in italiano, a questo giro siamo più italiani anche sul disco!

Il disco precedente era ricco di ospiti importanti e si concludeva con un paio di cover. In “When Good Men Go To War” pare quasi che abbiate espresso la volontà di rinchiudervi in voi stessi, facendo tutto da soli e senza necessariamente dover rendere il vostro tributo ai grandi del passato. Questa mia sensazione è esatta oppure no? Qualora lo sia, è stata una scelta conscia o inconscia?
Posso dire che questa scelta sia stata voluta, la sensazione di cui parli non è sbagliata, ma più che rinchiuderci in noi stessi è stata la volontà di voler affrontare questo capitolo con le sole nostre forze, nel bene e nel male. Ci siamo domandati diverse volte se fosse una scelta da valutare meglio, sarebbe stato sicuramente interessante, o se fosse una buona mossa di marketing, portare uno o più ospiti anche su questo nuovo lavoro, ma alla fine non ne abbiamo mai veramente sentito il bisogno, io personalmente non ho mai pensato ad un singolo verso di questo disco cantato da altri se non da Dario. Lo stesso discorso vale per le eventuali cover, avevamo già molto materiale nostro su cui lavorare. Con questo non vogliamo assolutamente peccare di arroganza o mancare di rispetto ai giganti a cui ci ispiriamo, le collaborazioni sono sempre e comunque molto stimolanti. A pensarci è un ottimo paragone con il setting dell’album, su una nave davanti ad una tempesta imminente da soli e devi affrontarla con le tue forze.

Il disco è stato preceduto dal singolo\video “When a Good Man Goes to War”, brano che da anche il nome al disco. All’interno dell’album questo pezzo ha un significato di rilievo?
Sicuramente, abbiamo scelto questo brano come apripista per il disco proprio perché ne incarna completamente il mood e l’atmosfera. Non per nulla da questo brano è tratto il titolo dell’intero lavoro. Nonostante ogni canzone sia una storia assestante c’è un filo conduttore sottile che viene portato avanti in ognuna. In ogni canzone il tema, le emozioni e le storie raccontate sono un tassello di un disegno più grande che trova la massima rappresentazione in “When a Good Man Goes To War”.

Il titolo del disco va anche contestualizzato al momento che viviamo oppure no?
Questo è un argomento di cui discutiamo spesso anche tra di noi, e la risposta è si, assolutamente. Nonostante la creazione di tutto il materiale sia cominciata abbondantemente prima di questa assurda situazione mondiale non possiamo fare a meno di considerare tutto quello di cui si parla perfettamente attuale. Direi sotto quasi tutti gli aspetti da quello politico a quello sociale; in alcuni casi le tematiche descritte molto prima della pandemia sono diventate veri e propri problemi all’ordine del giorno, amplificati dalla pandemia e dalla mancanza di un vero senso di comunità. Oltre che ad intrattenere e regalare un momento di svago e spensieratezza con la nostra musica speriamo che questo disco possa far riflettere chi deciderà di ascoltarlo, perché di spunti ce ne sono davvero molti e, mi ripeto, molto attuali.

Ad ogni modo, un’opera come la vostra dal sapore antico e mitologico, può rappresentare un momento di fuga dalla realtà. Quanto è importante il poter uscire, almeno mentalmente, dalla cattività in cui viviamo grazia alla musica?
Adesso è fondamentale, con la situazione della pandemia che ancora va avanti ed il mondo dello spettacolo praticamente fermo da più di un anno ogni occasione di fuga credo che sia di inestimabile valore e da cogliere al volo, per staccare anche solo temporaneamente da questa “versione ridotta” della vita a cui siamo stati abituati e per, magari, alleggerire il senso di sopportazione che volenti o nolenti subiamo da un po’. Avevamo dei dubbi se far uscire proprio adesso questo nuovo lavoro, per la paura di non poterlo sostenere con una vera e propria promozione di concerti live, ma credo che la scelta sia stata comunque giusta perchè proprio per i motivi che hai sollevato non andrà comunque “sprecato”.

Alla luce della risposta precedente, qual è il ruolo dell’artista oggi?
Il ruolo dell’artista è oggi più che mai quello di creare un ponte con una dimensione che sia migliore o comunque diversa da quella che si ha nella realtà di tutti i giorni, nella quale chi ne giova può trovare rifugio e come dicevamo prima staccare la spina per un po’. Più di una volta mi è capitato di persona di essere letteralmente “salvato” da una canzone, da un film, da una poesia. Spero anche che tutti si ricordino quanto questo ruolo dell’artista sia importante e da valorizzare, lo dico perché mi sembra che troppo spesso sia un qualcosa di dato molto per scontato dai più. Vorrei vedere tutti catapultati improvvisamente in un mondo senza arte, senza musica, quale sarebbe la reazione, forse solo in quel caso si percepirebbe la profonda importanza del lavoro e del ruolo dell’artista. Andando avanti sulla strada sulla quale siamo, spero momentaneamente, non manca tanto. Supportate l’arte e supportate gli artisti che vi piacciono!

Siete arrivati al quarto capitolo della saga, ce ne saranno altri e, se sì, avete già in mente il canovaccio dei prossimi passi?
Assolutamente si, durante il lockdown del 2020 abbiamo avuto modo di buttar giù diverse nuove idee che andranno sicuramente a formare i prossimi lavori, e con la nostra nuova etichetta abbiamo già preso accordi per i prossimi capitoli. Al momento è sicuramente presto per parlare di qualcosa di concreto o anche solo di canovaccio. Riguardo ai prossimi passi, stiamo lavorando molto per cercare di dare un supporto più “live” possibile a questa uscita, sfruttando più possibile i social network e le piattaforme di streaming, ovviamente con la speranza che riparta al più presto la possibilità di trovarsi ancora una volta tutti a scapocciare su e giù da un palcoscenico.

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