A Neker piace il rumore. A Neker piace la lentezza. A noi piace Neker. A noi piace il suo nuovo album, il secondo, “Slower” (Time to Kill Records).
Ciao Neker, partiamo subito con le domande più intelligenti: è nato prima il tuo amore per i baffi o quello per gli ampli rumorosi?
Direi, decisamente, che è nato prima l’amore per gli ampli rumorosi.
“Slower” è il secondo capitolo a nome Neker, quando hai rilasciato il primo disco avevi intenzione di dare continuità al progetto oppure per te, in quel momento storico, si trattava di una pubblicazione estemporanea?
Ho sempre pensato di continuare, anzi il progetto è nato proprio per continuare. Venendo dalle esperienze con le band nelle quali c’era sempre discontinuità e si finiva inesorabilmente per smettere di suonare ho deciso di andare avanti da solo.
“Slower”, ma più lento di cosa o di chi?
Di niente in particolare. Lento come una colata lavica!
I tuoi brani nascono sempre da riff di basso oppure ti capita anche di comporre partendo dalla chitarra?
In realtà compongo quasi sempre con la chitarra! La chitarra mi da subito l’idea dell’impronta e del colore che può lasciare un riff.
I Neker, inevitabilmente, vengono ricondotti alla tua figura, ma si ci troviamo innanzi a una vera e propria band: mi presenteresti i tuoi due compagni?
Beh credo che vengano condotti alla mia figura perché “i Neker” semplicemente non esistono, Neker sono io. Ma sicuramente ho i miei musicisti di fiducia: come per Jhon Zorn c’è Marc Ribot per me alla chitarra c’è Alessandro Eusebi e come per Ozzy c’era Mike Bordin per me alla batteria c’è Daniele Alessi!
Dopo l’uscita di “Louder” nel 2017, avevate intrapreso un ottimo cammino live che vi aveva portato persino in Canada. Sul più bello sono arrivati i blocchi sanitari e avete dovuto interrompere il vostro percorso. In termini pratici, quanto credi che questa situazione abbia compromesso la crescita della tua band?
Non credo che abbia compromesso la mia crescita o quella della mia band credo solo, in termini pratici, che abbia “rotto i coglioni”.
Questa situazione frustrante ha in qualche modo inciso sui pezzi contenuti in “Slower”?
No, il disco era già stato registrato prima della pandemia.
Nelle note promozionali appare una tua dichiarazione “Non ho grandi messaggi da dare posso solo esprimere ciò che provo o raccontare storie. Credo che la gente sia satura di messaggi e abbia solo bisogno di buona musica in cui perdersi.” Credi di avercela fatta a creare con “Slower” buona musica in cui perdersi?
Lo spero, ma questo forse dovreste chiederlo a chi l’ha ascoltato! Personalmente, “Slower” è un lavoro che mi fa impazzire e in cui mi ci perdo volentieri come non mi era mai successo prima con qualcosa di mio!
In chiusura ti chiedo se hai già individuato l’aggettivo che darà il nome al prossimo disco…
Non sei il primo a farmi questa domanda! Al momento ti direi che sono ancora indeciso su vari nomi, non per forza aggettivi!
