Stefano Panunzi – Oltre l’illusione

“Beyond the Illusion” è il nuovo lavoro del tastierista Stefano Panunzi, musicista romano attivo in proprio ormai da più di un decennio. Nel suo terzo album solista (distribuito da Burning Shed / Metaversus PR) è accompagnato da artisti di fama internazionale tra cui spiccano i nomi di Tim Bowness (No-Man) e Gavin Harrison (Porcupine Tree, King Crimson e tanti altri). “Beyond the Illusion” è un collage lunatico di influenze progressive: un’opera che affonda le sue radici tra l’art rock (con una dedica al compianto Mick Karn dei Japan che suonò nei primi due album solisti di Panunzi), l’ambient jazz e l’alternative rock.

Salve Stefano, i miei complimenti per il tuo nuovo disco. In “Beyond the Illusion” sei circondato da numerosi – e direi prestigiosi – ospiti, è stato difficile riuscire a coinvolgerli e soprattutto a coordinare il tutto nella lavorazione dell’album?
Non ho avuto difficoltà a coinvolgere gli artisti presenti nell’album, anzi, devo dire che c’è stata una bella coesione e un grande entusiasmo da parte loro. Inizialmente pensavo che Tim Bowness potesse cantare in tutti i brani scritti in forma canzone, ma per una serie di sue ragioni personali, alla fine, ha cantato solo su “I Go Deeper” però mi ha proposto alcuni cantanti in alternativa, tra cui Grice, che contattato, ha aderito al mio progetto e alla scrittura di tre tracce. A parte Grice, conoscenza dell’ultimo momento, tutti gli artisti partecipanti sono conoscenze di lunga data, Tim Bowness e Gavin Harrison, tanto per citarne un paio, appaiono già sui miei album dal 2005!

Ho trovato molte affinità nel sound con i primi lavori dei Porcupine Tree (soprattutto nei brani strumentali) e No Man, quali sono le tue influenze?
Probabilmente ci sono atmosfere dei Porcupine Tree, nelle quali mi ci ritrovo, ma non ho mai pensato a loro quando le ho composte, ci sono delle strade che si intraprendono, e che in molti prendiamo perché è il genere che ci piace, è l’uso degli strumenti e delle ritmiche che ci esaltano, che ci intrigano, a volte si creano delle somiglianze, a volte no. Se somiglianze ci sono, sono casualità. Anche per quanto riguarda i No Man, ho letto un commento lasciatomi su YouTube in merito al video “The Portrait”, dove appunto si alludeva alla somiglianza con la band del duo Bowness/Wilson, ebbene, a me sembrano di più i Talk Talk!

Ci sarà modo – a emergenza pandemica conclusa – di vederti dal vivo magari accompagnato da qualche ospite del disco?
Non credo. Fino ad oggi, i miei progetti e i miei orientamenti sono stati rivolti solo alla realizzazione di album, e credo che questa sarà la strada anche per il futuro.

Nei tuoi lavori ci sono sia brani strumentali che cantati, è una decisione che prendi a priori quando componi un brano o è un qualcosa che viene sviluppato più avanti nella composizione?
La nascita di un brano strumentale o di una canzone non è sempre programmata, a volte è casuale. Parto con un’idea, una serie di accordi, una ritmica e pian piano che cresce realizzo se può tramutarsi in una canzone o rimanere strumentale, cerco di percepire il mood del fluido musicale, se l’atmosfera si adatta ad un cantante, se il giro d’accordi può essere funzionale ad un cantato, mi immagino un po’ il suo futuro…

Ho notato una particolare cura nelle grafiche (e nel packaging), ce ne vuoi parlare?
Trovo importante “incorniciare” le musiche e i testi in un packaging “giusto”, fatto di immagini, di colori e di trame grafiche adatte allo spirito e al sentimento dell’album. Per quanto riguarda “Beyond The Illusion”, ho avuto la collaborazione e il contributo artistico dell’inglese Stephen Dean Wells. Casualmente vidi delle elaborazioni grafico-digitali da lui fatte e mi impressionò perché rispecchiavano quel modo di vedere un po’ velato della realtà che sento mio, quella visione e percezione tra il sogno e la realtà. Mi piace quando l’arte è bellezza, non solo per la sua essenza, la sua intrinsecità, ma perché permette di aggiungere a chi la fruisce qualcosa di proprio, e apre porte su mondi infiniti di sensazioni e creatività.

La traccia “I Go Deeper” è cantata da Tim Bowness dei No Man, in che maniera sei venuto a contatto con lui e come mai la scelta di inserire il brano in versioni differenti dei vostri rispettivi album?
Conosco Tim da più di quindici anni, con lui ho avuto diverse collaborazioni, sia per i miei album come solista e sia per i progetti Fjieri, ma con lui anche anche altri grandi musicisti come Richard Barbieri, Gavin Harrison, Mick Karn (r.i.p.), Theo Travis, Robby Aceto, ecc. ecc. Lo contattai proprio per proporgli questo brano perché lo scrissi su invito della produzione del cortometraggio “Deep”, poi vincitore del 73esimo Film Festival Internazionale di Salerno. Tim fu entusiasta di partecipare e colse l’occasione di utilizzarlo, sotto altro arrangiamento, perché sentiva che mancava qualcosa di “fresco” all’album che stava realizzando in quel momento, cioè “Flowers At Scene”, così lo riarrangiò, lo fece missare da Steven Wilson e concluse felicemente quel suo progetto discografico. 

I tuoi lavori sono frutto di una ricerca musicale che raramente troviamo nella musica attuale, in che maniera pensi di collocarti nella scena odierna e c’è un futuro per il pop (per dare una definizione il più ampia possibile) di qualità?
Amo utilizzare quelle sonorità che già ascoltandole aprono praterie di sensazioni (ricordi il discorso sopra che feci sull’arte e della sua importanza a coinvolgerti con l’immaginazione?). Devo dire che crescendo con pane e Japan, british band del (mio) passato, qualche semino è stato depositato nella mia sfera creativa ed emozionale, e ringrazio di buon cuore Richard Barbieri (con lui ho una conoscenza personale quasi trentennale) per la ricerca di sonorità che sempre lo ha contraddistinto. Credo oramai che in un ambito musicale di nicchia un mio posticino, dopo 15 anni, lo abbia conquistato, non mi sento di appartenere ad un genere vero e proprio, spazio in quelle latitudini dove il senso estetico, la ricerca del suono, la melodia e lo schivare la banalità provano ad affacciarsi e a coesistere. Mi chiedi del futuro del pop? Io mi autoproduco, con sforzi porto vanti il mio mo(n)do di pensare e di creare, non devo rendere conto a nessuno. Più che altro, in una visione generale e di prospettiva, ci sarà il futuro per la musica indipendente? Non schiava di contest televisivi che alla fine creano cloni e schiavi di target mercificati e di edonismo?

A quali progetti stai lavorando in questo momento?
Ho messo in cantiere già diversi brani per il mio prossimo (quarto) album, sto contattando gli artisti ai quali affidare alcune sezioni strumentali e sto valutando quali cantanti coinvolgere nel progetto. Vorrei inserire nel futuro album anche dei piccoli racconti che accompagneranno l’ascoltatore nel nuovo percorso musicale. Insomma c’è da lavorare, ma sono molto fiducioso nella buona realizzazione di qualcosa di piacevole.

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