Del Norte – Lo/Fi for life

Da poco fuori con il primo full length autoprodotto, i Del Norte sono tra le proposte più interessanti nell’ambito della scena indipendente tricolore. Alternative noise rock di matrice 90’s che trae ispirazione dai riffoni di Nirvana e Dinosaur Jr e dalle melodie di Wavves, con un forte accento sulla componente fuzz e lo-fi. “I Was Badger Than This” è il titolo del loro esordio sulla lunga distanza presentato dalla Doppio Clic Promotions.

Benvenuti su Il Raglio Del Mulo ragazzi, ho molto apprezzato il vostro primo album “I Was Badger Than This” che ho trovato molto in controtendenza rispetto alla maggior parte della roba che si sente in giro, mi raccontate come nasce il sound dei Del Norte?
Ci fa molto piacere! In verità la band parte come power trio con un’attitudine noise / lo-fi abbastanza classica, quindi un sound derivativo che si ispirava comunque a band più recenti, come gli Wavves. Gabba, prima di ogni prova,  ha sempre proposto un sacco di idee di pezzi registrandoli direttamente in casa, con questi suoni lo-fi potenti e sporchi, ma con quel tocco di digitale che li rendeva più eterei. Andando avanti a provarli e suonarli ci siamo accorti che quel sound casalingo ci piaceva un sacco e funzionava veramente con le nostre orecchie, quindi abbiamo deciso di produrre un disco che potesse dare le stesse nostre sensazioni, e ci volevano proprio quei suoni.

Dalle note stampa leggo che avete scelto di registrare tutto da soli –  a parte la batteria – scegliendo volutamente un suono lo/fi ma soprattutto digitale, cosa è cambiato rispetto al vostro Ep del 2017?
Per il primo EP l’intenzione era proprio quella di tirare fuori un suono che ricordasse lo stile grezzo dei Dinosaur Jr e Sebadoh ed è stato un approccio quasi totalmente analogico, dai microfoni vecchi di 50-60 anni al passaggio finale su bobina; per quanto riuscito però mancava qualcosa di più originale, e ispirandoci appunto alle “registrazioni casalinghe” abbiamo fatto le prese di chitarra e basso direttamente da pedaliera a scheda audio, andando a miscelare effetti per renderli più vicini possibile alla nostra idea; le batterie avevano necessità di avere delle prese pulite e fatte bene, ritoccando i suoni eventualmente dopo, da qui la scelta di registrarla in studio, scelta opposta delle voci che sono state letteralmente registrate con il microfono integrato del mcbook (ci piaceva troppo). Per non fare un disastro nelle fasi più delicate ci siamo affidati alle mani e orecchie di Michele Conti al mix e mastering che, capendo da principio la nostra idea, è riuscito a  perfezionare il tutto con la sua esperienza, come la scelta del chitarrone mono al posto della classica doppia presa in stereo, che ha dato una grinta unica al posto del solito suono prodotto “a puntino”.

Le vostre influenze pescano soprattutto da un certo noise/rock figlio dei Dinosaur Jr e dei Nirvana più deviati, ma avete anche altre influenze che non si percepiscono dall’ascolto del disco?
Per non fare appunto i “soliti nomi” possiamo citare sicuramente i primi Flaming Lips (pre-Soft Bullettin), Motorpsycho, Pixies, Verdena, Weezer, Grandaddy, American Football, Camper Van Beethoven, Fugazi, Beastie Boys, John Frusciante, e il nostro preferito: Jimi Hendrix.

Ci sono delle band con cui sentite di avere uno spirito affine?
Per attitudine e stile sicuramente ci siamo molto vicini ai Pavement come gruppo storico, mentre per citare un gruppo più contemporaneo potremmo dire gli Wavves; come gruppo italiano invece i nostri concittadini Soria, che salutiamo!

Il vostro album è disponibile in digitale su Bandcamp e lo avete stampato in musicassetta, una formato che ultimamente sta riprendendo piede, mi volete parlare del perché di questa scelta?
Abbiamo notato che quasi tutti avevano ascoltato l’EP da supporti digitali, scaricato in mp3, da Spotify o da Youtube, anche chi lo possedeva già fisicamente, e, al posto di stampare le solite centinaia di copie masterglass in CD, abbiamo preferito dare un supporto più particolare e caratteristico per il nuovo album. Visti i costi e tempi assurdi per i vinili ci siamo buttati solamente sulle cassette, per rimanere anche più coerenti al periodo storico a cui ci ispiriamo; e poi a dirla tutta l’idea di mettere una produzione così digitale su nastro ci faceva ridere.

Come si vive a Pesaro? A parte il periodo difficile per la musica dal vivo, riuscite ad esibirvi dal vivo con frequenza? 
La cosa assurda della nostra zona è che, per una scena così prolifica, la proposta live nei locali è veramente limitata, specialmente in inverno; per fortuna in estate ci sono diverse iniziative che offrono anche tanta qualità. Purtroppo  sono scomparse diverse bellissime realtà, anche ben strutturate, ben prima del 2020, dovendo fare i conti con tutte quelle che sono le difficoltà del caso (sempre maggiori).  Noi “pesiamo” parecchio le date, anche troppo, ed’è sicuramente ora che torniamo a fare casino sui palchi più spesso.

Raccontatemi uno degli aneddoti più curiosi che vi è capitato suonando in giro come band.
Questa è sicuramente la più divertente, anche se non è qualcosa di cui andare troppo fieri: eravamo primi in scaletta nel palco secondario di un festival e abbiamo iniziato come da programma a suonare in pieno pomeriggio; intanto nel main stage c’erano ancora Blixa Bargeld e Teho Teardo che non avevano finito i suoni della loro sezione archi, erano molto arrabbiati, e volevano le nostre teste.

Per il futuro avete intenzione di mantenere la vostra etica del Do it Yourself o magari farvi affiancare da qualche etichetta?
Mettiamola così: siamo felicemente single ma se qualcuno si mostra interessato possiamo uscire e vedere come va!


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