“In.R.I.” (Argonauta Records) degli Infection Code è uscito verso la fine del 2019, un bel po’ di tempo, anche se il tempo ultimamente sembra essersi fermato nel mondo della musica. Per questo la chiacchierata con Gabriele Oltracqua è diventata l’occasione giusta per fare alcune considerazioni su quel disco e sulla storia recente della sua band.
Ciao Gabriele, proprio non ce la fate a fare due album uguali?
Ciao Giuseppe, grazie prima di tutto per averci dato la possibilità di essere presenti sulle pagine de “Il Raglio del Mulo”. Effettivamente non riusciamo. E probabilmente in questi vent’anni è diventata un po’ la nostra prerogativa. Se guardi la nostra discografia non abbiamo mai fatto un disco uguale all’altro e questo fa parte del nostro modo di intendere un certo tipo di metal. Fin dagli inizi ci è sempre piaciuto sperimentare con vari stili musicali cercando di formare una nostra personalità musicale pur evolvendo il suono fino a “ Dissenso” e poi facendo un passo indietro a livello stilistico su “In.R.I”.
Prima della pubblicazione del vostro disco più recente, “IN.R.I.”, avete passato dei momenti non facili che hanno portato allo stravolgimento della formazione. Dato che ormai è passato un po’ di tempo, credo che si possa guardare indietro con un certo distacco, per questo vorrei chiederti: col senno di poi, lo stravolgimento della line up vi ha fatto più bene che male?
Dopo “Dissenso” abbiamo avuto un periodo piuttosto intenso. Alcuni di noi avevano altri progetti musicali che portavano via molto impegno e tempo alla band. Enrico con Petrolio e Paolo con altre situazioni. Tra le altre cose loro sono stati i maggiori artefici dell’evoluzione noise intrapresa con “La Dittatura del Rumore” e “Dissenso”. Mentre io e Ricky avremmo voluto tornare a scrivere canzoni più orientate verso l’ industrial thrash metal, quel suono con cui siamo cresciuti sia come ascoltatori sia come musicisti. Insomma avremmo voluto tornare all’inizi della nostra carriera musicale. Già in “Dissenso” ci sono alcune canzoni che hanno influenze più thrash metal, addirittura sfiorando il grind core. Segno chiaro che avremmo voluto iniziare a scrivere canzoni dove la sperimentazione venisse meno. Tutto questo ha portato alla fuori uscita di Paolo ed Enrico subito dopo la pubblicazione di “Dissenso”. Abbiamo trovato subito la forza di organizzare le idee e trovare nuovi musicisti con Davide al basso e Rust alla chitarra. Con questa line- up nell’arco di quattro mesi dopo l’uscita di “Dissenso” abbiamo scritto, suonato e registrato “In.R.I” presso i The Cat’s Cage Studio di Francesco Salvadeo. Dopo le registrazioni abbiamo subito un ‘ulteriore perdita, in quanto Rust ha lasciato la band, ma senza piangerci addosso abbiamo trovato in Max un valido sostituto. Tanto che in un anno , tra interruzioni, lock down ed altro, siamo riusciti a fare alcuni live e, cosa più importante siamo quasi giunti alla fine nella composizione del nuovo disco. Come avrebbe potuto farci del male lo stravolgimento della line-up dopo tutto quello che abbiamo passato in un anno, senza tralasciare le nostre situazioni private? Questo scossone ci ha fatto solo che bene. E’ una nuova rinascita. Con una situazione stilistica più consona, senza troppe sperimentazioni fini a stesse che non hanno portato da nessuna parte.
Con “La Dittatura del Rumore” e “Dissenso” stavate però portando avanti un discorso stilistico, non fosse altro per l’uso della lingua italiana, che probabilmente con “IN.R.I.” avete interrotto in modo brusco: hai dei rimpianti al riguardo?
Assolutamente no. Nessun rimpianto. Questi due dischi fotografavano la band in una determinata situazione storico musicale che è terminata. Anche l’uso della lingua italiana è stata una necessità, un esperimento che ho provato a sviluppare senza troppi risultati che mi potessero soddisfare. E poi con un approccio più metal, l’inglese, per metrica, è più funzionale.
Magari un ripianto riesco a fartelo venire io, avevi raggiunto uno stile canoro ed interpretativo di altissimo livello, oggi forse è più appiattito su registri più rabbiosi, no?
A me sembra il contrario. Con l’italiano ci ho provato ma non ho raggiunto ciò che mi ero prefissato. E’ stato un mio limite. E poi parliamoci chiaro, non sono un cantante né un interprete. Ciò che riesco a fare è quello che mi soddisfa. Urlare. Usare il growl e lo scream. Anche musicalmente la “Dittattura del Rumore” e “Dissernso” li sento molto distanti. Non riesco più ad ascoltarli. Troppa sperimentazione, a tratti forzata. Non rimpiango nulla. Sono passi necessari per capire i propri limiti. Come band non eravamo in grado di scrivere determinata musica. Non era nelle nostre corde. Siamo nati e cresciuti con determinati generi musicali e la curiosità ce ne ha fatto conoscere altri con cui abbiamo voluto provare a fare qualcosa di diverso. Ma arrivati ad un certo punto abbiamo detto basta. Non faceva più per noi. Nel mio caso, preferisco urlare in growl o scream, metriche non troppo articolate, andare dritto come un treno senza stare troppo pensare a cose astruse, pensando di fare ricerca ed invece sortire l’effetto contrario. Con “La Dittatura del Rumore” e “Dissenso” ma soprattutto con il primo citato, ascoltandolo ci sono alcune situazioni dove davvero non sappiamo cosa stiamo facendo.
Il ritorno all’inglese da cosa è dipeso?
E’ dipeso principalmente dal fatto che con l’inglese riesco a scrivere metriche più dirette che si adattano molto bene con la musica. Non saranno frasi intelettualoidi, ma sono efficaci quanto basta per renderle funzionali alla musica. Sono sempre stato un po’ scettico sull’uso della lingua italiana con il metal, a parte i grandi Distruzione.
Ciò che è rimasto immutato è lo spirito critico nei confronti della società. Quanto sono importanti per te i testi?
Sono molto importanti. Scrivo un sacco di stronzate. Che siano, frasi, piccole riflessioni, racconti brevi, testi. Anche quando non componiamo un disco. Scrivo in italiano e per quel che riesco anche in inglese. Poi quello che mi ispira di più lo cerco di trasformare in testo. Anche in funzione della canzone che gli altri della band mi passano. Sono per lo più riflessioni sullo stato attuale della società ma anche pensieri più personali.
Siete riusciti a portare dal vivo i brani di “In.R.I.” prima del blocco dei concerti?
“In.R.I” è uscito a novembre del 2019 per Argonauta Records ed in quel periodo siamo riusciti ad organizzare una manciata di date fino a metà Gennaio del 2020. Abbiamo fatto una decina di concerti poi purtroppo non siamo riusciti a fare più nulla. Solo qualche prova sporadica lavorando molto a casa dove scambiandoci tonnellate di file ed avendo la fortuna di registrare e suonare nei nostro home studio, abbiamo composto quasi tutte le canzoni del nuovo disco. Per non rimanere totalmente fermi, poche settimane fa, è uscito l’edizione in cassetta ultralimitata di “In.R.I” grazie ai ragazzi della Reborn Through Tapes records. Abbiamo stipulato anche un accordo per la stampa del nuovo album sempre in cassetta.
Con un repertorio così stilisticamente vario, quanto è complicato metter su una scaletta prima di un concerto e quanto lo è armonizzare i brani?
Non ci abbiamo mai pensato molto. Le scalette dal vivo riguardano sempre l’ultimo disco. Cerchiamo di presentare e promuovere sempre l’ultimo disco in uscita. Anche perché il più delle volte il tempo a disposizione è sempre limitato all’ora massima. Il problema non si è mai posto, ma se dovesse succedere è certo che escluderemo, per ovvie ragioni stilistiche, il materiale proveniente da “La Dittatura del Rumore” e “ Dissenso”.
In chiusura, mi puoi già anticipare qualcosa sul prossimo disco?
Il prossimo disco è praticamente finito. Nel senso abbiamo terminato la scrittura di undici canzoni. Nonostante il lockdown abbiamo avuto anche la fortuna di provarle. Dobbiamo solo arrangiare e sistemare qualche particolare e poi i programmi sono quelli di entrare ai The Cat’s Cage Studios a fine primavera per iniziare le registrazioni. Uscirà sempre per Argonauta Records nei supporti classici quali Cd e digitali e cassetta per Reborn Through Tapes Records. Dal punto di vista live, quando tutto riprenderà dovremmo stipulare un accordo con un’ importante agenzia di booking per l’organizzazione dei nostri concerti futuri. Siamo molto entusiasti per quello che sta uscendo. Sarà un album ancor di più orientato sul thrash metal ed il death metal con una buona dose di elettronica disturbante.
