I Rejekts sono nuovamente tra noi con un disco che chiude alla grande questo nefasto 2021. “Adamo” (Slaughterhouse Records / Anubi Press) ha tutte le carte in tavola per diventare un piccolo classico, poiché la band è riuscita, con qualche ritocco e qualche sforbiciata, nell’impresa di rendere più efficace e meno dispersivo il proprio sound, senza perdere però quell’indole DIY che ne ha contraddistinto la produzione precedente.
Ciao Black, ben otto anni fa usciva “UNO-“, il vostro primo full-length. Oggi tornate con “Adamo”, un titolo che riporta alla mente il primo uomo. Dobbiamo vedere in questo nome una sorta i volontà di iniziare di nuovo? Una sorta di altro numero uno, quasi a cancellare la lunga pausa?
Ciao a te e grazie per lo spazio concessoci! “UNO-” e “Adamo” sono senza dubbio due dischi sicuramente molto diversi tra loro, dal punto di vista concettuale il primo parlava della coscienza che un individuo ha di sé (così da essere “l’uno”), “Adamo” invece parla del racconto, del ricordo e di come tale narrazione possa cambiare l’idea che l’uomo ha di sé e di ciò che lo circonda. Se concettualmente quindi potremmo vederli uno conseguente all’altro, dal punto di vista di come suona sicuramente in questo secondo lavoro abbiamo affinato la proposta e smorzato un po’ quella sensazione di “minestrone” di generi che secondo noi si percepiva in “UNO-“.
Durante questa pausa quanto sono cambiati i Rejekts?
Non la definirei una vera e propria pausa, nel 2016 abbiamo fatto uscire un EP di 3 tracce, “Triratna”, e abbiamo suonato parecchio dal vivo. Ad ogni modo durante questi 8 anni abbiamo cambiato batterista, il quale ha portato un po’ di velocità e un po’ di coesione tra di noi in più, quindi dal punto di vista della formazione si può dire che un bel cambiamento ci sia stato. Oltre a questo credo che questi 8 anni ci abbiano resi più arrabbiati e tristi.
Mentre dal punto di vista lirico avete cercato nuovi temi da trattare?
Sì e no, mi spiego peggio: i temi che trattiamo alla fine sono sempre quelli: alienazione, nichilismo, misantropia, incapacità di comunicare ed esistenzialismo; questa volta parliamo di tutto questo servendoci di miti e racconti di varie culture. In questi miti l’uomo cerca di spiegare la propria esistenza infelice secondo quelli che sono i propri valori (spesso aberranti). Si parla dunque di: rapporti di potere, sopraffazione, colpa, espiazione, sacrificio…. E molte altre tematiche allegre.
Devo essere sincero, la news del vostro primo singolo ha generato un traffico notevole, almeno per un sito piccolo come il mio. Però questo mi dà l’idea che la gente vi stesse aspettando: avete anche voi questa sensazione e questa cosa vi crea pressioni?
Considerando che viviamo tutti e cinque abbastanza nel nostro mondo, non avevamo percepito questa attesa da parte della gente ma ne siamo stati piacevolmente sorpresi! Appena ci renderemo davvero conto di questa cosa forse percepiremo anche qualche pressione (ahahaha).
Al di là di questo aspetto, comunque avete deciso ancora di optare per una produzione DIY, come mai continuate a preferire questo approccio?
In realtà, i motivi, anche qui, sono molteplici: la produzione DIY ti permette di avere un controllo pressoché totale su quello che stai facendo, a livello resa sonora, composizione, testi, grafiche… ecc. Oltre a questo il DIY rappresenta per noi un’etica alla quale siamo molto attaccati che potrebbe essere applicata a molti altri aspetti della vita; un modo per tagliare fuori gli intermediari e prenderti cura in prima persona di ciò che ti interessa.
In questa ottica, come mai avete scelto proprio Carlo Altobelli e i Toxic Basement Studios?
Già il nostro precedente EP era stato curato interamente da Carlo al Toxic Basement, ci eravamo trovati molto bene per il semplice fatto che Carlo ha una competenza e una professionalità davvero rare, ha capito perfettamente cosa volevamo e ci ha aiutati a esprimere il tutto al meglio delle nostre possibilità, alla luce di questo ci è venuto spontaneo rivolgerci a lui per registrare il nostro secondo album, a mio parere con questo lavoro Carlo si è davvero superato, siamo tutti molto contenti del risultato superiore alle nostre aspettative.
Avevo accennato al vostro primo singolo, come mai avete scelto di ripresentarvi sulle scene proprio con “L’Astro del Mattino”?
Principalmente perché è stato uno dei primi brani composti per questo disco, ne consegue che come stile ricorda molto il nostro materiale precedente se pur con qualcosa in più; abbiamo scelto questo pezzo perché ci sembrava adeguato per introdurre questo lavoro (infatti è la seconda traccia del disco) e forse anche perché parla di qualcuno che si oppone e pur sconfitto non smette di lottare, ci sembrava un bel “manifesto”.
Tirerete fuori un video o un altro singolo a breve?
A breve uscirà sicuramente un secondo singolo, abbastanza diverso da “L’Astro del Mattino” che darà un’idea leggermente più accurata dei vari generi da noi esplorati in questo disco, un pezzo sicuramente più veloce e frenetico. Per quanto riguarda i videoclip, non credo ne faremo a breve ma non escludiamo di usare ancora questo mezzo in futuro anche se con approcci meno diretti del classico videoclip promozionale con i membri della band che fanno finta di suonare facendo le facce truci, se lo rifaremo sarà perché ne vale la pena da un punto di vista delle idee messe in campo, se no penso che se ne possa fare tranquillamente a meno.
Chiudiamo con la più canonica delle domande, avete delle date in programma?
Per ora abbiamo in programma una data a metà dicembre per il lancio del disco a Milano, pubblicheremo news in merito nel prossimi giorni quindi vi invito a dare un occhiata ai nostri canali social per rimanere aggiornati sulle nostre attività, in ogni caso ci farebbe molto piacere portare in giro questo disco il più possibile quindi stiamo un po’ a vedere cosa salterà fuori.
